La Regione dimentica il parco a rischio il paradiso del Salento
 











Una dimenticanza della Regione Puglia lunga 26 anni mette a rischio l’esistenza di una parte del Parco di Porto Selvaggio, angolo tra i più suggestivi del Salento, sottratto miracolosamente alla speculazione edilizia, anche grazie al sacrificio di Renata Fonte. A ventinove anni dall’omicidio dell’assessore di Nardò, che si batteva contro la cementificazione della costa ionica, il Tar di Lecce ha scritto una pagina nera per la vita dell’area protetta, accogliendo il ricorso dei proprietari di alcuni terreni espropriati, che ne chiedono da tempo la restituzione.
L’oggetto del contendere sono due ettari rientranti nel comparto B ovvero nella parte "nuova" del Parco, aggiunta al comparto A, istituita nel 1980, proprio dopo l’assassinio di Renata Fonte. Era il 1986: la Regione all’epoca deliberò il cambio di destinazione delle terre, e l’anno successivo emanò un decreto d’urgenza per acquisirle. I fratelli Antonio, Antonia Maria e Anna Rosa Conte,all’improvviso, si videro sottrarre le proprietà che avrebbero da lì a poco acquisito, rilevandole dall’Ersap, l’ente di sviluppo per l’agricoltura. Tutto in nome del Parco.
Perla di macchia mediterranea che si specchia su un mare incontaminato. Delizia dei turisti e dei salentini, oasi per molte specie di animali e museo a cielo aperto per piante e arbusti altrove spazzati via dall’edificazione selvaggia. Quella che sul finire degli anni Ottanta sembrava un’importante conquista, tuttavia, si è rivelata in seguito una chimera, dal momento che la Regione non
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ha concluso correttamente l’iter espropriativo ed è stata ripetutamente diffidata dai proprietari di quei due ettari mai divenuti ex.
Il decreto di esproprio, che avrebbe potuto essere emanato entro il 1992, in realtà, non è mai stato firmato dagli uffici preposti durante nessuno dei governi che si sono succeduti in via Capruzzi. L’ente ha trascurato il destino di quella parte di Porto Selvaggiomente i fratelli Conte portavano avanti la loro battaglia, trasformando le diffide in ricorso al Tar e ottenendo da quest’ultimo ragione. I giudici amministrativi, nei giorni scorsi, hanno dato un ultimatum alla Regione: due mesi per decidere quale sarà il futuro di una porzione importante di Parco. L’area dovrà essere restituita ai proprietari oppure acquisita. In entrambi i casi, l’amministrazione dovrà risarcire i danni relativi all’occupazione abusiva durata oltre venticinque anni. In attesa che da Bari giungano notizie sulla decisione, dal Salento sono partiti numerosi appelli (a partire da quello del sindaco di Nardò Marcello Risi, passando per Legambiente e Italia Nostra) affinché la Regione tuteli l’area protetta nella sua integrità acquisendola al suo patrimonio, ed evitando che la restituzione ai privati trasformi il suo futuro in una grande incognita.  Chiara Spagnolo,repubblica









   
 



 
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