Lew a colloquio con i sordi di Bruxelles
 











Jacob L. Lew, il nuovo Segretario al Tesoro americano, ha deciso di fare, come primo suo atto internazionale nella nuova posizione di responsabile dell’economia americana, un viaggio in Europa in visita ai principali responsabili dell’economia europea, non solo per fare direttamente la loro conoscenza, ma anche e soprattutto per raccomandare loro di rettificare la disastrosa politica di austerity avviata quattro anni fa in risposta alla crisi globale.
È particolarmente significativo questo viaggio, e ancor più lo è la motivazione che sembra averlo spinto a farlo.
Lew, a differenza dei suoi due predecessori (Geithner con Obama e Paulson con Bush) non è un grande esperto di operazioni finanziarie e non ha grandi “amicizie” nel mondo della finanza pura.
Lui era il capo del Personale con Obama alla Casa Bianca, e prima ancora è stato direttore dell’Ufficio Amministrazione e Budget della casa Bianca. Quindi appare essere più un uomo diorganizzazione e di grande competenza amministrativa che un uomo dedito agli affari e alla grande finanza. Ora occorre capire perché Obama ha scelto quest’uomo dopo che nel suo primo mandato aveva scelto invece Geithner, un uomo che, da presidente della Federal Reserve di New York (la posizione che ha lasciato quando ha assunto la responsabilità del Tesoro), doveva avere per forza legami molto forti col mondo della grande finanza americana.
La mia opinione è che Obama, pur non essendo il “socialista” che dipingono i suoi avversari politici, nel suo primo mandato presidenziale era partito con l’idea di voler essere il presidente di tutti e di fare una politica il più possibile “bipartisan”. Non solo non ci è riuscito, ma ha anche preso una batosta memorabile nelle elezioni di medio termine del 2010, nelle quali ha perso il controllo della Camera dei Rappresentanti e mantenuto a fatica quello del Senato.
Nella sua iniziale ispirazione “buonista” voleva perciò dare al mondo dellafinanza americana (che aveva innescato il disastro finanziario e la crisi) un segnale di non belligeranza. La nomina di Geithner era perciò il miglior biglietto da visita possibile. Poi si è visto come è andata. D’altronde, anche per Geithner, tenere il piede in due scarpe non poteva essere una cosa semplice, Infatti a cavallo tra il terzo e il quarto anno del primo mandato di Obama aveva offerto le sue dimissioni, ma Obama le ha respinte.
La scelta di Lew indica pertanto abbastanza chiaramente anche una svolta nella politica di Obama, che nel suo secondo mandato presidenziale farà meno tentativi di conciliazione con gli avversari del partito repubblicano (che peraltro gli hanno sempre sbattuto la porta in faccia) e cercherà di portare a compimento le sue riforme, tra le quali c’è la famosa “Dodd-Frank”, che dovrebbe regolamentare le operazioni finanziarie ma, pur essendo stata approvata nella prima metà del 2010 (quando Obama aveva ancor la maggioranza in entrambe le Camere) difatto è sempre rimasta nelle sue parti più importanti sostanzialmente inoperante.
Adesso è presto per dire se, con la scelta di Lew come Segretario al Tesoro, Obama abbia rinunciato a realizzare in pieno questa importante riforma, ma è abbastanza per capire che se lo farà, non andrà più a ricercare la linea bipartisan a tutti i costi. Del resto, in questo momento, per l’amministrazione Obama è la scelta sui tagli da apportare al budget federale il problema più scottante e Lew, sotto questo profilo, appare essere l’uomo giusto al posto giusto, avendone grande competenza ed esperienza.
Ma Obama ha anche un altro grande ostacolo da superare: quello dell’uscita dalla crisi. Lui, e l’America, sono già sulla buona strada per riuscirci, ma c’è ancora un ostacolo molto grosso da superare: quello dell’Europa in crisi.
Ecco quindi che si spiega sotto questo segno il viaggio inaugurale del Segretario al Tesoro Lew in Europa. Che però incontra subito un muro di gomma fatto di sorrisi estrette di mano, ma nessun cedimento nella determinazione a mantenere la disastrosa politica di austerity.
Nelle parole di Van Rompuy, che è stato primo ministro del Belgio prima di assumere, nel 2009, la carica di presidente del Consiglio Europeo (poi rinnovata nel 2012), si nota agevolmente la matrice “democristiana” del soggetto, capace di pronunciare frasi forbite che non dicono nulla: “Noi continuiamo a ribilanciare e ricostruire il nostro potenziale economico per assicurare forte, sostenibile e inclusiva crescita con uno sguardo avanti per il lavoro. È un processo lungo e difficile, ma noi e voi lo manterremo saldo da entrambe le sponde dell’Atlantico”.
È chiaro, nonostante l’ambigua frase finale, che non vi è alcuna propensione a spostarsi dalla deleteria politica di austerity fin qui professata dall’Europa negli ultimi anni.
Jacob Lew gli ha risposto altrettanto diplomaticamente, ma al caro Mr. Euro (così lo chiamano, ma io lo chiamerei Mr. Rompiscatole) gli hasnocciolato sul naso qualche dato di fatto in più: “Il nostro ricovero economico sta prendendo forza. L’economia americana si è espansa per 14 consecutivi trimestri, e benché la velocità di crescita dell’occupazione non sia ancora quella che desideriamo, il settore privato ha aggiunto posti di lavoro per 37 mesi consecutivi ”.
Si sono salutati con una stretta di mano, ma è come se a Mr. Euro gli avesse tirato un sonoro schiaffo in viso.
Altro che vuote chiacchiere di sguardi in avanti, Lew ha fatto delle semplici cifre che sono bastate, a chi ne capisce di economia, a svergognarlo clamorosamente.
Tutta questa storia ci consente però di avere finalmente una risposta abbastanza chiara al perché della crisi europea.
Da tempo sostengo che l’economia europea non puo’ essere guidata da gente che non ne capisce niente di economia, tuttavia la tragica scelta dell’austerity, contraria non solo ai solidi principi Keynesiani di evitare politche di austerità in periodi di crisi, macontraria anche al semplice buon senso della persona comune, che non fa fatica a capirlo, fa restare di stucco per la sua insensatezza.
Poi pero’, dato che ho potuto seguire molto da vicino tutta la politica dei repubblicani americani, mi è possibile concludere che sostanzialmente c’è identica linea di vedute.
Entrambi predicano l’austerità come modo di garantire un futuro “sereno” ai nostri figli (infatti! Se andiamo avanti così i barconi dei disperati invece che arrivare in Italia, tra poco partiranno!). Entrambi, europei liberal-democratici e americani repubblicani, predicano il rigore soprattutto quando sono al governo gli altri, e pretendono comunque, sempre, completa libertà dalle tasse e dalle regole per le imprese, per le banche e per gli istituti finanziari.
Insomma, vogliono essere liberi di fare ciò che vogliono, se no come fanno a fare i soldi?
In America, con la vittoria di Obama nel secondo mandato, hanno perso una importante battaglia, ma non hanno ancoraperso la guerra. Il capitalismo è in crescita a livello globale, nonostante i disastri che produce nelle economie avanzate.
E chi c’è dietro ai repubblicani americani del terzo millennio? Il cuore del capitalismo più gretto, americano e globale.
Non c’è un singolo soggetto o una coalizione a guidare questa strategia. È una componente ideologica molto semplice che trova però nella forza dei soldi, e nel potere che ne emana, il collante perfetto per “parlare la stessa lingua” e capirsi al volo.
Quando si hanno tanti soldi, anche se non è automatico, è abbastanza facile conquistare il potere, e con il potere e le persone fidate al posto giusto (come quel Rompuy), si possono conquistare le democrazie molto più facilmente che con le armi. Roberto Marchesi (Dallas - Texas)









   
 



 
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