L’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur) si è riunita ieri a Lima, in Perù, per discutere della situazione in Venezuela, dove rimane alta la tensione in seguito alle contestazioni violente di alcuni gruppi della destra che non riconoscono la vittoria elettorale di Nicolas Maduro. La riunione straordinaria è stata convocata su richiesta del governo peruviano, che esercita la presidenza annuale, per “esaminare i recenti sviluppi”. Lo ha affermato il ministro degli Esteri peruviano Rafael Roncagliolo, secondo cui non è in discussione il risultato del voto ( la maggioranza del popolo venezuelano ha votato per il delfino di Chávez, Maduro), bensì “la situazione, così come abbiamo fatto in altre occasioni”. Alla riunione hanno partecipato i presidenti di Argentina, Cristina Fernández, del Brasile, Dilma Rousseff, dell’Uruguay, José Mujica, del Cile, Sebastián Piñera, della Colombia, Juan Manuel Santos, della Bolivia, Evo Morales, e il padrone di casa,Ollanta Humala. Il grande assente: il capo dell’Ecuador, Rafael Correa, che si trova, insieme al suo ministro degli Esteri, Ricardo Patiño, in viaggio di lavoro in Europa. Mercoledì, Correa, attraverso il cancelliere incaricato, Marco Albuja, è stato molto chiaro in merito alla situazione venezuelana, sostenendo che l’Unasur “non tollererà un colpo di Stato in Venezuela” e riconoscendo “la vittoria di Nicolas Maduro”. Il ministro peruviano ha sottolineato che gran parte dei Paesi latino-americani (oltre 30 nazioni), compresi tutti quelli che compongono l’Unasur, a eccezione del sospeso Paraguay, hanno riconosciuto i risultati delle elezioni presidenziali. Allo stesso tempo, Roncagliolo ha precisato che i Paesi membri dell’organismo intendono prendere delle precauzioni affinché la situazione già critica non degeneri in un golpe. L’escalation di violenza ha già causato otto morti e un’ottantina di feriti. Gruppi antichavisti, incoraggiati dalla leadership della destra venezuelana, hannoattaccato nei giorni scorsi le sedi del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv), ospedali e altri centri, scontrandosi con i sostenitori di Maduro che stavano celebrando pacificamente la Rivoluzione Bolivariana. Roncagliolo ha inoltre rico0rdato che, in settimana, la commissione elettorale dell’Unasur, presente durante lo svolgimento del voto come osservatore internazionale, ha confermato i risultati del Consiglio Nazionale Elettorale (Cne), che ha proclamato la vittoria di Maduro con il 50,78 per cento dei voti rispetto al 48,95 raggiunto dall’oppositore Henrique Capriles. Dopo i tentativi di fomentare i disordini, Capriles ieri ha presentato formalmente un ricorso presso il Consiglio Nazionale Elettorale per ottenere un nuovo conteggio dei voti delle presidenziali per presunte irregolarità che a suo dire interesserebbero oltre un milione di suffragi. “Abbiamo spiegato la necessità di una soluzione politica alla crisi e speriamo che nel più breve tempo possibile, conl’annuncio del Cne avremo una soluzione” ha detto il capo dello staff del candidato conservatore Carlos Ocariz. La richiesta dell’oppositore sconfitto è stata già bocciata dal Tribunale supremo di giustizia (Tsj). Il giudice Luisa Estela Morales ha affermato che la destra “sta chiedendo l’impossibile”: “Il sistema elettorale è assolutamente informatizzato, così che il conteggio manuale non esiste”. Durante la conferenza stampa, Morales ha condannato le violenze e ha puntato il dito contro l’opposizione: “Perché non si è agito responsabilmente e non si è fatto ricorso di fronte agli organi giudiziari competenti invece di organizzare assedi alla casa di governanti, di responsabili del Cne, devastazioni, alterazioni dell’ordine pubblico?”. Al fianco di Capriles si sono schierati gli Stati Uniti che continuano a chiedere il riconteggio dei voti, come ha detto mercoledì il segretario di Stato Usa, John Kerry. Non si è fatta attendere la risposta del presidente Maduro che si insedieràvenerdì. “Non ci importa del loro riconoscimento. Noi abbiamo deciso di essere liberi e saremo liberi e indipendenti. Con loro o senza di loro” ha ribattuto il delfino di Chavez, invitando tutti i venezuelani a riunirsi a Caracas “la culla di Bolivar”, per partecipare alla cerimonia del suo giuramento. Francesca Dessì
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