Campania. L’ennesimo disastro ambientale?
 











A A A Cercasi Istituzioni e politici nell’area dell’Agro Nolano in Campania e per l’esattezza nella zona di Polvica di Nola, dopo il vastissimo incendio che il 26 aprile mandò in fumo un deposito di una fabbrica di fuochi e razzi di segnalazione per nautica. A bruciare sarebbero ingenti quantità di zolfo, poliuretano e magnesio.
Il rogo si è protratto per diverse ore e addirittura, durante le operazioni di spegnimento, ha provocato il ferimento di alcuni vigili del fuoco.
L’incendio ha generato un’enorme nube che portata dal vento si è propagata prima a est verso l’abitato di Polvica di Nola e successivamente verso ovest ricadendo sulle città di Cicciano, Comiziano e Tufino. Si tratta di una vera e propria nube tossica che il vento ha depositato sui terreni circostanti e trasportando nelle case vicine, smorzata solo da un improvviso acquazzone che ha, sì schiarito l’aria, ma ha anche depositato nei campi della zona tutte le polveri sottilidella combustione. Il silenzio delle istituzioni è ancora più imbarazzante se pensiamo che la popolazione della zona è stata totalmente tenuta all’oscuro sulle possibili conseguenze per la salute e per i prodotti della terra. I volontari dell’associazione “Rifiutarsi”, attivissimi nella zona del nolano e su internet con il loro sito internet www.rifiutarsi.it e la pagina di Facebook, parlano di inammissibile disinformazione e latitanza delle istituzioni. Non una parola sul grave danno ambientale è arrivata, anche a distanza di una settimana dall’incendio, dai sindaci dei comuni interessati, tra cui i più colpiti sarebbero quelli di Cicciano, Camposano, Comiziano, Roccarainola, Tufino e Nola, mentre occorrerebbero provvedimenti urgenti soprattutto per bloccare la raccolta dei prodotti agricoli nell’area rurale più interessata dalla nube tossica.
Qualcuno, ironicamente, arriva a sospettare che la suddetta latitanza sia dovuta ad una specie diponte lungo tra le festività del 25 aprile e del primo maggio.
Una cosa è certa però: dopo il rogo del 26 da queste parti non è soltanto il lavoro ad essere andato in fumo. Antonio Casolaro









   
 



 
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