Karzai ai talibani: “Attaccate il Pakistan”
 











Ieri mattina si sono registrati nuovi scontri tra le guardie di frontiera afgane e pachistane dopo i combattimenti dei giorni scorsi nella zona del distretto di Goshta, nella provincia afgana di Nangarhar. Secondo quanto riferito da fonti della sicurezza di Kabul all’agenzia di stampa Pajhwok, i militari afgani hanno respinto con le armi un tentativo delle truppe pachistane di ricostruire il check point al centro dei combattimenti della scorsa settimana nella zona contesa. Si tratta dell’area delimitata dalla Linea Durand, il lungo e frastagliato confine tracciato alla fine dell’800 dai britannici e non riconosciuto ufficialmente da Kabul. Nel finesettimana lo stesso presidente afgano Hamid Karzai ha ribadito che il suo governo “non riconoscerà mai la Linea Durand” e ha avvertito Islamabad che il Pakistan “non potrà mai forzare l’Afghanistan ad accettare il confine tracciato sotto mandato britannico con schermaglie come quella avvenuta nel distrettodi Goshta”.
Allo stesso tempo Karzai ha invitato i talibani afgani a non combattere contro il governo e “il loro stesso popolo”, ma “rivolgere le armi contro chi complotta contro l’Afghanistan”. “Devono stare dalla parte del giovane Mohammad Qasim, martire per difendere la sua terra”, ha dichiarato Karzai riferendosi al soldato ucciso negli scontri della scorsa settimana contro le guardie pachistane.
Repubblica Centrafricana, un Paese alla deriva
La Repubblica Centrafricana è in balia dei ribelli della Coalizione Séléka, che il 24 marzo scorso hanno messo a segno un colpo di Stato. La popolazione vive nel terrore. Il “nuovo presidente”, Michel Djotodia, non riesce a tenere a freno i suoi uomini che continuano a saccheggiare le abitazioni civili, i negozi, le chiese. Ci sono ancora posti di blocco a Bangui, dove i ribelli estorcono soldi, cellulari e qualsiasi oggetto di “valore”. Continuano anche le incursioni notturne, casa per casa, per arrestare o uccidere personeconsiderate ostili al nuovo governo.
In questo clima di terrore, la procura di Bangui ha deciso di aprile un’inchiesta sulle violazioni di diritti umani commesse dal deposto presidente François Bozizé e i suoi collaboratori durante il suo governo. Nessun provvedimento contro i ribelli. Lo ha annunciato il ministro della Giustizia, Arsène Sendé, alla radio nazionale: “Ho incaricato il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bangui perché sono stati commessi reati e altre gravi violazioni dei diritti umani, e continuano ad esserlo, da parte dell’ex presidente Bozizé e da alcuni suoi collaboratori”.
Il ministro centrafricano ha parlato di “uccisioni, arresti, rapimenti, detenzioni arbitrarie e torture, distruzione e incendi di case, rapimenti, esecuzioni sommarie ed extragiudiziali, incitamento all’odio e al genocidio, crimini anche di natura economica e atti che potevano mettere a repentaglio la pace civile”. Gli stessi crimini che oggi vengono commessi dai ribelli.Bangui è una città fantasma. Le scuole e le pubbliche amministrazioni sono chiuse a causa dei saccheggi, le casse dello Stato sono vuote, la gente ha paura di uscire fuori di casa.
Due giorni fa il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso la sua “forte preoccupazione di fronte al deteriorarsi della situazione umanitaria e della sicurezza in Centrafrica” ma anche per “l’indebolimento delle istituzioni”. Il vice segretario generale per gli Affari politici Jeffrey Feltman ha chiesto alla comunità internazionale di “pensare ad altre opzioni per stabilizzare” l’ex colonia francese. Il governo francese ha invitato i concittadini “la cui presenza non è indispensabile in Centrafrica a lasciare il Paese”. f.d.









   
 



 
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