Consiglio Artico: la Cina diventa osservatore
 











Il Consiglio Artico, nella sua riunione biennale tenutasi quest’anno in Svezia, a cui è affidata ancora per poco la presidenza, ha garantito l’accesso a sei nuovi Stati in qualità di osservatori, ma ha rinviato l’ingresso dell’Ue a data da definirsi. La Cina, insieme a India, Italia, Giappone, Corea del Sud e Singapore fanno parte ora di un ristretto club di Paesi, un vero e proprio forum internazionale, che sovrintendono allo sfruttamento e alla conservazione di un paesaggio che velocemente sta cambiando a 360 gradi fin sulla calotta polare. Tutti e sei i Paesi hanno ricevuto lo status di osservatori durante le riunioni dell’organismo internazionale fondato da Norvegia, Russia, Canada, Stati Uniti, Danimarca, Finlandia, Islanda e Svezia all’inizio degli anni Novanta che si è finora occupato della tutela del Polo Nord, ma che negli ultimi anni sta acquisendo un importante peso per il possibile sfruttamento delle risorse artiche. “Si rafforza laposizione del Consiglio artico sulla scena globale”, ha osservato il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt. I sei nuovi osservatori si uniscono ad altri sei Paesi non artici, che avevano ricevuto anche loro lo status di osservatori: Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito. I membri a pieno titolo con diritto di voto nel Consiglio sono invece Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti. Nel frattempo Ottawa scalda i muscoli in attesa di assumere a breve la presidenza del Consiglio direttamente dalla Svezia che le passerà il testimone.
L’intera regione costituisce un’area di notevole interesse per tutte le superpotenze e naturalmente anche per gli Stati emergenti, mentre tonnellate di ghiaccio si stanno sciogliendo si aprono nuove rotte per la navigazione e il commercio, alle risorse ittiche, così come l’accesso agli enormi giacimenti di idrocarburi conservati nei fondali marini.
Il Consiglio da parte sua in unadichiarazione firmata, ha detto che il suo scopo precipuo è quello di proteggere l’ambiente e le popolazioni indigene, ma non ha mancato di sottolineare “il ruolo centrale delle imprese per lo sviluppo della regione artica”. A dimostrazione che l’interesse è rivolto alle immense risorse minerali, petrolifere e gassose dell’Oceano Artico. Sembra probabile, infatti, che l’importanza del Consiglio aumenterà nel corso del tempo, diventando la sede naturale per discutere anche lo sfruttamento dell’intera regione.
Il ministro della Salute canadese, il conservatore Leona Aglukkaq, che ora siede sul più alto scranno del Consiglio Artico per l’occasione ha dichiarato che si concentrerà il più possibile alla  “creazione di uno sviluppo economico”, durante la sua attività che avrà luogo nel corso dei prossimi due anni come prevede lo Statuto del Consiglio Artico. Per quanto riguarda i nuovi
Stati osservatori, Aglukkaq ha detto che ha accolto i loro interessi in fase di sviluppo, legatiprincipalmente al trasporto e al commercio. L’Artico detiene le maggiori riserve mondiali di gas residue non sfruttate e alcune tra le più grandi riserve di petrolio non ancora esplorate. Il WWF l’organizzazione ambientalista si oppone con forza all’immediato sfruttamento dell’Artico, sostenendo che la fretta di voler affondare le mani nelle risorse presenti nell’area rischia di mettere in pericolo il già fragile equilibrio ambientale e tutto l’ecosistema.
Nel frattempo, la decisione dell’Ue trova origine in un contenzioso tra il Canada e l’Unione europea nel commercio delle pellicce di foca, come ha riferito anche la Bbc. L’etnia canadese degli Inuit e l’industria del commercio di pellicce ha sfidato il divieto di tre anni, perdendo la causa nell’aprile scorso davanti alla Corte di giustizia europea con sede in Lussemburgo. Il rappresentante della Politica estera Ue, Catherine Ashton, in un comunicato congiunto con il commissario europeo per gli Affari marittimi, Maria Damanaki, haosservato che “l’Ue ora lavora speditamente con il Canada per affrontare la questione in sospeso a causa della loro preoccupazione”. È indicativo, in tal senso, che la candidatura avanzata dall’Unione europea sia stata rinviata a data da definirsi proprio per il contenzioso in corso con il governo di Ottawa. Il Canada si è infatti opposto all’ingresso dell’Ue, perché Bruxelles ha messo al bando la vendita delle pelli di foca – a cui Aglukkaq si dichiara invece favorevole – e vuole ridurre le importazioni di petrolio da Ottawa per ragioni puramente ecologiche. A questo la candidatura dell’Unione europea è stata rimandata e verrà rivista in un prossimo futuro proprio per darle il tempo di negoziare un compromesso con il Canada. È l’inizio di una serie di contrasti anche diplomatici che potrebbero coinvolgere anche altri Stati? Non è facile dirlo, ma nemmeno escluderlo. Del resto l’Artico si sta surriscaldando non soltanto per il processo in corso a livello globale con l’aumento dellatemperatura e il conseguente scioglimento dei ghiacci, ma soprattutto per gli interessi in gioco a cui nessuno degli Stati coinvolti intende rinunciare. Andrea Perrone









   
 



 
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