Aria (fritta) di riforme
 











Sostiene Letta che «dal successo delle riforme dipende la vita del governo». Se ne deduce, allora, che la salute del governo è messa maluccio, come certifica il vertice di maggioranza di oggi. Si sono riuniti in pompa magna, premier, ministri e capigruppo di Camera e Senato, per decidere, in sostanza, niente.
Per quanto riguarda la legge elettorale, si farà entro il 31 luglio una «riforma minimalista» (parole del capogruppo Pdl Brunetta) altrimenti detta «norma di salvaguardia» tanto per essere sicuri che in caso di necessità non si torni a votare con il Porcellum. Cosa conterrà questa clausola di salvaguardia, però «si vedrà», ammette candido il ministro per i rapporti col parlamento Dario Franceschini (Pd). Insomma, l’ennesima presa in giro e nemmeno li sfiora il senso del ridicolo quando parlano (per esempio, Schifani) di «mettere in sicurezza questa legge elettorale». Infatti, il Porcellum resta tale e quale (niente Mattarellum, nientepreferenze, niente ridefinizione dei collegi e solo quando ci sarà - se mai ci sarà - una riforma costituzionale, allora si farà pure una nuova legge elettorale). La «riforma minimalista» riguarda solo il premio di maggioranza (per altro incostituzionale), ma nemmeno su questo sono riusciti a mettersi d’accordo. Ci devono pensare ancora, almeno fino al 31 luglio, anche se in pentola bolle una soglia minima per accedervi del 40% sia alla Camera che al Senato (cioè su base nazionale).
A conferma che, in realtà, non c’è nessun accordo basta vedere le reazioni alle (non)decisioni uscite dal vertice di maggioranza. Scelta civica, per esempio, insiste che si deve intervenire anche nel «rapporto tra elettore ed eletto», cioè sulle preferenze. Il Pdl continua a voler mettere davanti al bue-legge elettorale il carro-riforme costituzionali, pensando al presidenzialismo o almeno al semipresidenzialismo: la legge elettorale «dovrà essere coerente con il sistema istituzionale che sceglieremo» èil leit motiv e dunque, per ora, si può fare al massimo un ritocchino. Eh no, ribatte il Pd, qua ci vuole una rivoluzione (si fa per dire): il Porcellum va cancellato; come si permette Brunetta di dire che «abbiamo l’accordo per modifiche minime»? Se lo tolga dalla testa; qua «abbiamo deciso che del merito e dell’ampiezza di queste norme di salvaguardia discuteremo in un secondo tempo. Le posizioni di partenza sono lontane, da chi pensa a modifiche minime a chi vorrebbe invece un cambio profondo», certifica Franceschini anche per tenere buoni i democratici. Tra i quali in materia ci sono posizioni contrastanti: quelli che vogliono il ritorno al Mattarellum (Finocchiaro); quelli che vogliono il semipresidenzialismo con annessa legge maggioritaria (Renzi); quelli che «non dobbiamo rischiare ulteriore instabilità» (Veltroni) e dunque mai vorrebbero, per esempio, un sistema proporzionale.
Che è il “rischio” che si corre indebolendo “troppo” il premio di maggioranza, per esempio alzando(come si pensa di fare) la percentuale che un singolo partito o coalizione deve raggiungere perché il premio scatti. In caso nessuno raggiunga la soglia, il riparto dei seggi avverrebbe con metodo proporzionale. Non sia mai! Epifani è già inorridito: «Se si andasse al voto con il Porcellum modificato si avrebbe un Parlamento proporzionale, quindi ingovernabile». Di tale problema «credo sia giusto investire la Direzione nazionale del partito». E ne avranno da discutere.
Anche sul fronte delle riforme costituzionali, dal vertice non è uscito granché, se si eccettua una mera road map per altro alquanto contorta. Nel merito infatti, anche qui non c’è alcun accordo: il Pdl marcia sul presidenzialismo; il Pd non sa ancora a che santo votarsi; Scelta civica predilige la riduzione del numero dei parlamentari e il superamento dell’attuale bicameralismo.
In attesa di chiarirsi le idee, e abbandonata l’idea della Convenzione mista tra parlamentari ed esperti, dunque, si è deciso chesempre entro il 31 luglio dovranno essere espletate le prime due letture del ddl costituzionale che traccerà il percorso (badate bene, il percorso) da seguire. Quindi verrà insediato un ’Comitato dei 40’, formato da venti deputati e venti senatori appartenenti alle commissioni Affari Costituzionali di Montecitorio e palazzo Madama. Con la possibilità di riequilibrare la composizione proporzionale tra i gruppi, depurandola dal premio di maggioranza per «coinvolgere tutti i gruppi, anche di opposizione». Un gruppo di esperti sarà invece nominato dal governo a fine maggio, ma avrà esclusivamente compiti consultivi per l’esecutivo. Primo appuntamento, il dibattito in Parlamento del 29 maggio, un «giorno spartiacque» azzarda Letta: lo introdurrà il premier stesso, verrà trasmesso in diretta televisiva, e si concluderà con l’approvazione di una mozione di maggioranza che sancirà l’accordo raggiunto oggi. Perdinci.Romina Velchi









   
 



 
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