Cambiano i governi ma la volontà politica di far approdare in Salento il gasdotto che parte dall’Adzerbajan resta immutata. Il Consiglio dei ministri ha sostanzialmente dato il via libera al progetto della Tap, che prevede l’arrivo dell’opera a San Foca, nel territorio di Melendugno, una delle perle turistiche della costa adriatica di Lecce, ratificando con disegno di legge che presto sarà sottoposto all’approvazione del Parlamento, l’accordo preannunciato il 27 settembre a New York da Italia, Grecia e Albania e poi firmato il 13 febbraio ad Atene. Il gasdotto, dunque, prima ancora di avere le autorizzazioni tecniche che ne consentiranno la realizzazione ha il placet della politica, di ogni schieramento, come dimostra il fatto che del progetto si interessò per primo il governo Berlusconi, l’accordo intergovernativo fu ratificato durante l’era Monti e oggi l’ok arriva con l’esecutivo di Letta, su proposta dei ministri dello Sviluppo e degliEsteri, Flavio Zanonato e Emma Bonino. La notizia viene salutata con favore dalla Trans Adriatic Pipeline, che da mesi percorre il Salento in lungo e in largo "per convincere i cittadini e le amministrazioni interessate della bontà e non pericolosità dell’opera", come ha più volte spiegato il country manager Giampaolo Russo, e arriva come un fulmine a ciel sereno sui comitati ambientalisti, impegnati in una strenua battaglia contro il gasdotto. La guerra del gas sulla costa salentina si è nutrita, nell’ultimo anno, di manifestazioni e denunce, di incontri e mobilitazioni che si alimentano sul web, ma a quanto pare non ha raggiunto i palazzi in cui si prendono le decisioni che serviranno per spianare la strada all’infrastruttura o bloccarla. La ratifica dell’accordo da parte del Governo è un segnale fin troppo chiaro in tal senso. La volontà di costruire l’opera "che costituisce per l’Italia un utile strumento per diversificare fonti energetiche e fornitori di energia conpositive ricadute dal punto di vista della sicurezza", come è scritto nella nota ufficiale del CdM, è messa nero su bianco. La palla passa ora al Consorzio Shaz Denize, chiamato a scegliere tra l’opzione pugliese della Trans Adriatic Pipeline e quella nordica del Nabucco. Poi al ministero dell’Ambiente, al quale entro il mese di settembre la Tap presenterà la nuova documentazione, a seguito di una richiesta di integrazione del progetto già presentato lo scorso anno. A seguire toccherà agli enti locali fare presenti le proprie osservazioni, in primis la Regione che aveva bocciato duramente il precedente progetto, ritenendo che il Salento non avesse bisogno di altre centrali per la produzione di energia. E passando poi per l’amministrazione comunale di Melendugno, già pronunciatasi contro il gasdotto con una delibera del Consiglio comunale e oggi alle prese con la valutazione dell’offerta allettante di 5 milioni di euro che la multinazionale ha messo sul piatto "per effettuareinterventi di mitigazione del dissesto idrogeologico sulla fascia costiera". Rispetto a tale sollecitazione il Comune non ha, allo stato, reso nota alcuna considerazione mentre sul web continua il tam tam dei cittadini e degli operatori turistici di San Foca, convinti di non voler cedere a quello che definiscono un vero e proprio ricatto. La Procura di Lecce, intanto, valuta i documenti acquisiti dal Noe negli uffici comunali di Melendugno e anche le denunce relative ai presunti illeciti commessi da Tap nel corso dei sondaggi in mare effettuati durante l’inverno. L’ipotesi di reato, contestata al momento a carico di ignoti, è di danneggiamento e l’obiettivo è verificare se le prospezioni abbiano causato danni ai fondali o alle reti dei pescatori, così come è stato denunciato. L’Arpa Puglia, dal canto suo, ha dichiarato non accettabili alcuni campioni di sedimenti prelevati dalle navi ingaggiate dalla Trans Adriatic, ritenendo che sarebbe stata necessaria la presenza dei tecnicidell’agenzia proprio durante le operazioni di prelievo. Il Tar, invece, pochi giorni fa ha accolto il ricorso della multinazionale contro il diniego del Comune alla richiesta di effettuare prospezioni geofisiche nelle porzioni di terreno su cui dovrebbe passare il tubo che arriva alla cabina di depressurizzazione. La guerra del gas, insomma, in Salento è in corso e si combatte su più fronti. A Roma, invece, di quella guerra pare non essere arrivata neppure l’eco. Chiara Spagnolo,repubblica
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