Mosca rende permanente la sua flotta nel Mediterraneo
 











Vladimir Putin

Dopo Al Qusayr, liberata mercoledì, le truppe dell’esercito siriano hanno conquistato giovedì il villaggio di al Daaba, a nord della città ormai ex roccaforte dei “ribelli.
Nel villaggio si erano rifugiati proprio i miliziani salafiti in fuga e ora è anch’esso libero. Pare quindi che le sorti del conflitto siriano stiano volgendo nettamente a favore delle truppe regolari. Un dato che mette il governo di Bashar al Assad in una posizione di vantaggio, rispetto alla frammentata e litigiosa Coalizione “ribelle”, in previsione della conferenza di pace Ginevra 2 in via di preparazione. Il summit dovrebbe tenersi a luglio, un mese dopo la data inizialmente preventivata proprio perché è evidente che la comunità internazionale intende dare ancora tempo allo schieramento anti-Assad perché riesca trovare una linea comune che ad ora non esiste, sia sul terreno di scontro in Siria che nelle lussuose sale d’albergo che in genere ospitano l’opposizioneestera.
La Russia nei giorni scorsi ha messo in guardia gli Usa dal non travisare il senso della conferenza dopo le improvvide dichiarazioni nelle quali un funzionario statunitense aveva parlato di un passaggio di poteri da Assad a un governo di transizione. Il vertice non tratterà nulla di tutto questo, il destino del presidente siriano, ha duramente commentato il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, potrà essere deciso solo dal popolo siriano. La Russia, con ogni probabilità memore dell’errore libico, stavolta non intende cedere terreno alla comunità internazionale capeggiata da Washington, tanto che ieri il presidente Vladimir Putin ha rilasciato alcune dichiarazioni che dimostrano come Mosca intenda avere un ruolo determinante nella soluzione del conflitto siriano: “In vista della complicata situazione che si sta sviluppando sulle alture del Golan, potremmo rimpiazzare il contingente di peacekeeper austriaci, che si sta ritirando da questa regione, sulla linea diseparazione tra le truppe israeliane ed esercito siriano”, ha affermato il leader del Cremlino in una riunione con ufficiali russi.
La parte siriana del Golan è infatti da qualche giorno teatro di duri scontri fra ribelli e esercito regolare che stanno mettendo a rischio l’incolumità del contingente Onu presente nell’area, un territorio tutto giuridicamente siriano ma in gran parte occupato militarmente e amministrato da Israele. Scontri che stanno notevolmente preoccupando Tel Aviv, che ha messo in stato di massima vigilanza i suoi militari dislocati sulle alture per evitare che possano essere rapiti da miliziani islamici. Ora bisognerà vedere se l’Onu prenderà in considerazione la proposta russa, in ogni caso è un’offerta che rende sempre più manifesta la volontà di agire in modo ancora più incisivo sulla situazione siriana.
A questo si aggiunge l’ annuncio, fatto sempre da Vladimir Putin a colloquio con gli alti ufficiali delle forze armate, del ritorno permanente della forzanavale russa nel Mediterraneo a 31 anni dallo smantellamento della V flotta sovietica. Un segnale inequivocabile per la Coalizione di Doha e i suoi amici internazionali. Alessia Lai
Quirico: dopo il contatto ancora silenzio
“Non conosciamo la situazione in cui si trova, se è libero o prigioniero” ha affermato il direttore della Stampa, Mario Calabresi, ieri pomeriggio parlando di  Domenico Quirico, il giornalista scomparso da due mesi in Siria e che giovedì ha dato notizia di sé dopo 58 giorni di silenzio. “La situazione sul terreno è di una tale complessità e confusione che il fatto di ipotizzare il rapimento non aiuta a capire chi sono gli ipotetici interlocutori” si è invece espresso il ministro della Difesa, Mario Mauro, ospite a Omnibus su La7. Insomma, la tiritera è sempre la stessa, nel dubbio che Quirico sia stato catturato e tenuto prigioniero dagli amici “ribelli” della Farnesina è meglio andarci con i piedi di piombo: in questo caso sarà stato “trattenuto”, come isuoi quattro predecessori, anche loro entrati clandestinamente in Siria al seguito delle milizie fondamentaliste. Anche Parigi può vantare dei giornalisti probabilmente “fermati” dai ribelli: Didier Francois e Edouard Elias non danno loro notizie da giovedì.









   
 



 
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