Egitto, un altro buco nella strategia mediorientale Usa
 











Mentre sull’onda di un grande sommovimento popolare l’esercito destituisce Mohammed Morsi, primo presidente egiziano espressione della Fratellanza musulmana, le cronache ci parlano di un Barack Obama cauto e alquanto preoccupato. C’e da crederlo. Infatti cominciano a essere un po’ troppi gli intralci che vengono a ingombrare la strategia mediorientale statunitense: una strategia che, abbandonando lo "scontro di civilta" ispiratore di G. W. Bush, ha scommesso su un’apertura di credito nei confronti dell’Islam "moderato". Ovviamente, questa modifica non ha messo minimamente in questione il disegno piu generale di un "Grande Medio Oriente", fondato sulla sicurezza e la supremazia (innanzitutto militare) di Israele e le salde relazioni con i Paesi del Golfo (e i loro giacimenti petroliferi). Entro tale quadro, un corollario assai utile, ancorche inconfessabile, ha continuato ad essere l’azione delle frange estreme del mondo islamico, i gruppi addestrati(anche in giro per l’Europa) e armati della Jihad, che hanno svolto il lavoro sporco in Libia e continuano a svolgerlo oggi in Siria.
Ma, come detto, non sempre le ciambelle riescono col buco. In generale, che i nemici giurati della "guerra al terrorismo" siano oggi diventati di fatto compagni d’arme piu o meno clandestini e un rospo difficile da far digerire: non a caso, i primi a soffiare sul fuoco del dibattito interno e a denunciare tale contraddizione sono proprio i "neo-cons" teorici della "guerra infinita". Inoltre, a tutto sembra condurre tale strategia tranne che all’agognata stabilita politica (e, soprattutto, economica). La Libia (come l’Iraq, come l’Afghanistan) e un territorio devastato, privo di legittimazione statuale e in costante ebollizione: abbiamo visto come i perversi effetti dell’intervento militare in quel Paese si siano poi estesi nell’area maghrebina fino al Mali. Persino l’alleato turco, perno essenziale degli interessi statunitensi nell’area mediorientale,e oggi in grande difficolta interna.
Ora frana la presidenza egiziana dei Fratelli Musulmani, con cui Obama e Hillary Clinton avevano intrattenuto rapporti piu che cordiali. <Dietro Morsi ci sono i Paesi del Golfo>, annotava ieri Samir Amin: e, in effetti, il presidente egiziano non aveva perso tempo a schierarsi con gli "Amici della Siria" (Usa, Arabia Saudita ecc) al fianco dei "ribelli" anti-Assad. Siffatte prove di fedelta atlantica avevano fatto chiudere un occhio perfino davanti a episodi sgradevoli come l’accentramento dei poteri nelle mani del presidente e la torsione islamica impressa alla carta costituzionale. Il punto e, pero, che il Corano non si mangia; e che, oltre alle rose, c’e urgenza di pane. Su questo l’indice di gradimento di Mohammed Morsi e precipitato: davanti all’approfondirsi della crisi economica, i Fratelli Musulmani non hanno saputo offrire risposte chiaramente alternative a quelle suggerite dal pensiero unico neoliberista (a cominciare dallasvendita del patrimonio pubblico). E’ una tale drammatica condizione materiale, non altro, ad aver spinto 13 milioni di egiziani a invadere le piazze del Paese e ad aver determinato quello che l’opposizione definisce <un golpe popolare contro il tiranno>.
Beninteso, esattamente come un anno fa, il punto dirimente resta lo stesso: chi guida la rivolta? Qual e l’esito organizzato del moto di popolo? Mohammed El Baradei, gia direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) nonche premio Nobel per la Pace, sembra essere il riferimento piu autorevole dell’opposizione. E’ un democratico, di solido impianto liberale. In un’intervista concessa ieri a ’La Repubblica’, egli si mostra preoccupato per l’incipiente crisi dell’autorita statale e per il conseguente formarsi di un clima sfavorevole agli investimenti (in particolare, esteri): <Le riserve estere dell’Egitto sono state esaurite. Il deficit di bilancio quest’anno tocchera il 12% (.). Nei prossimimesi l’Egitto potrebbe rischiare il default del proprio debito estero>. Il problema e dunque quello di trovare una "stabilita" che garantisca investimenti e aperture di linee di credito: in una parola, la cosiddetta "modernizzazione" (capitalistica) del Paese. Chi e che assicura dunque una tale stabilita? Per ora, la palla e all’esercito: quello stesso esercito sino ad oggi difensore degli interessi della classe dominante e guardiano dei suoi propri privilegi. Gli Stati Uniti vigilano: per loro non conta il colore del gatto, purche mangi i topi (in questo caso, assicuri la sicurezza atlantica).
Nel frattempo, il risentimento popolare prova pervicacemente a rinverdire la sua "primavera". E’ forse - questa - la metafora di una generale condizione di insufficienza che parla anche al nostro Paese? Un Paese, il nostro, dove la meta della popolazione non vota piu e una disarmante alternativa alle "larghe intese" e offerta sulla scena della politica da un comico di nome Beppe Grillo? E’forse per questo che, in Egitto come in Italia, c’e bisogno di comunisti e di sinistra. Bruno Steri
Morsi ai domiciliari, festeggiamenti in piazza Taharir e scontri violenti nella notte nelle citta egiziane
Mohammed Morsi non e piu presidente dell’Egitto.  L’esercito ha nominato, ad interim, Adly Mansour gia presidente della Corte costituzionale Egiziana.
Intanto, mentre si festeggiava in piazza Tahrir, violenti scontri hanno avuto luogo nella notte in alcune delle principali citta del Paese: secondo l’ultimo bilancio ufficiale, almeno 14 persone avrebbero perso la vita. 10 persone sarebbero morte in scontri tra manifestanti pro e contro Morsi, ad Alessandria d’Egitto, secondo quanto riferito da media di Stato e da funzionari dei servizi di sicurezza. Una sparatoria, con lancio di sassi e mattoni, e scoppiata, secondo testimoni, durante gli scontri ad Alessandria.?? Mohamed Morsi, deposto dall’esercito, e intanto stato trasferito, da solo, al ministero della Difesa. ?Loha annunciato un alto responsabile dei Fratelli musulmani, Gehad al-Haddad, lo stesso che, poco fa, aveva fatto sapere che Morsi e tutto il suo staff, compreso suo padre, braccio destro del presidente, erano trattenuti in custodia vigilata presso il club della Guardia repubblicana della presidenza. Dopo l’arresto di Morsi, si parla di altri provvedimenti per circa trecento esponenti del movimento dei Fratelli Musulmani.
Dopo una giornata convulsa, che ha tenuto il Paese con il fiato sospeso, la sorte di Morsi - agli arresti domiciliari da meta pomeriggio di ieri, dopo la scadenza dell’ultimatum dei militari - e stata definitivamente segnata con l’annuncio, da parte del ministro della Difesa Abdel Fattah el Siss, di una road map che sospende la costituzione, consegna i poteri presidenziali al presidente della Corte costituzionale e crea un governo tecnico, in attesa di nuove elezioni presidenziali. Dopo l’annuncio della road map, presentata anche dal gran imam di Al Azhar Ahmed elTayyeb e dal capo della chiesa copta Tawadros, Piazza Tahrir, stracolma di manifestanti e illuminata dai fuochi d’artificio, e esplosa di gioia.
Un percorso che realizza "una vera conciliazione" e rimette in marcia il processo della rivoluzione del 2011, nelle parole di Mohamed el Baradei, portavoce di tutte le opposizioni egiziane. Ma Morsi, nonostante tutto, sembra non mollare. E con un tweet, in serata, "sollecita civili e militari a rispettare la legge e la costituzione e a non accettare il golpe che riporta indietro l’Egitto". "Sono il presidente eletto", dice poi in un video registrato, dove invita il popolo a difendere la"legittimita". La lunga giornata che ha visto la deposizione del primo presidente dei Fratelli Musulmani e stata un crescendo di indizi sempre piu insistenti e visibili di un intervento dei militari. Alle voci di un golpe militare in atto, di arresti domiciliari per Morsi, di un divieto di espatrio per lui e per la cerchia ristretta di dirigenti dellaFratellanza, si sono aggiunte le notizie su imponenti movimenti di mezzi blindati edi truppe, soprattutto nella zona del palazzo presidenziale di Ittahadeya.
Che tutto fosse pronto per l’annuncio lo aveva fatto intuire la mobilitazione alla televisione di Stato, dove militari eforze della sicurezza hanno presidiato le redazioni esoprattutto gli accessi agli studios televisivi, dai quali si  trasmettono le dirette. Nell’attesa quasi parossistica, le piazze si sono riempitefino all’inverosimile gia dal primo pomeriggio, in coincidenza con il count down per la fine dell’ultimatum. Anche le piazze pro Morsi si sono riempite e in tarda serata, ad Alessandria, ci sono stati scontri tra sostenitori e oppositori del capo dello Stato. In mattinata si era sparsa la notizia che le forze armate avrebbero diffuso un comunicato alle 16.30 ora locale, la stessa in Italia, esattamente allo scadere dell’ultimatum lanciato 48ore fa a Morsi per ingiungergli di trovare una soluzione condivisa conle forze di opposizione.
Un’intimazione a tenere in considerazione le rivendicazioni di milioni di persone, in quella che la Bbc ha definito "la piu grande manifestazione politica nella storia dell’umanita". Ma Morsi ha fatto scorrere le ore ribadendo in maniera quasi ossessiva di avere la legittimita dalla sua parte, in quanto presidente eletto. A meta giornata, un nuovo drammatico messaggio del portavoce della presidenza: "E’ meglio per il presidente, che altrimenti riconsegnerebbe il Paese ai giorni della dittatura, morire in piedi come un albero". Solo qualche minuto prima dello scadere dell’ultimatum, la presidenza ha diffuso una nota che conteneva una ipotesi di road-map del presidente. Governo di coalizione e commissione per redigere una nuova costituzione da sottoporre al nuovo parlamento. Un tentativo fuori tempo massimo. Il ministro della Difesa el Sissi aveva incontrato inmattinata i vertici delle forze armate, e nel corso della giornata i leader delle opposizioni, delleistituzioni religiosee di alcuni partiti islamici (ma non la Fratellanza e lecorrenti salafite che le sono piu vicine, che non hanno accoltol’invito). In un drammatico crescendo di notizie sui social network, acolmare il silenzio delle voci ufficiali, il portavoce della Fratellanza ha scritto in serata: "E’ in corso un vero e proprio golpe militare in Egitto. I carri armati si stannomuovendo nelle strade".
Al termine di una giornata drammatica, con le telecamere di tutto il mondopuntate sulle piazze divise del Cairo, Barack Obama rompe il silenzio. E in una lunga nota, senza mai citare la parola ’golpe’, lancia un forte appello alle Forze Armate, il caposaldo storico nei rapporti tra gli States e l’Egitto, perche "ristabiliscano quanto prima una situazione di agibilita democratica, senza ricorrere alla violenza, evitando di arrestare in modo ’’arbitrario’’ Morsi e i suoi sostenitori.
Gli Stati Uniti, sottolinea Obama, sono "profondamente preoccupati per la decisione delle ForzeArmate egiziane di rimuovere il presidente Morsi e sospendere la Costituzione egiziana’’. ’’Faccio ora appello alle forze armate egiziane - afferma  - affinche agiscano rapidamente e responsabilmente per restituire piena autorita ad un governo civile democraticamente eletto, il piu presto possibile, attraverso un processo inclusivo e trasparente". Obama sa bene che in queste ore in piazza, tra chi ha chiesto la fine delregime dei Fratelli Musulmani c’e chi lo attacca per il suo appoggio a Morsi. Proprio agli studenti del Cairo, quattro anni fa, Obama lancio il suo storico appello al dialogo a tutto l’Islam. E oggi ricorda a tutti gli attori in campo che gli "Stati Uniti non sostengono alcun leader o alcun partito’’. ’’Il nostroimpegno - assicura il presidente - e a favore di un processo democratico e al rispetto della legge. Sin dall’inizio degli scontri - osserva Obama - abbiamo chiesto a tutte le parti dilavorare assieme, evitando ogni ricorso alla forza o alla violenza. Noicrediamo - prosegue il presidente Usa - che il futuro dell’Egitto dipenda dalla volonta del suo popolo’’. Detto questo, e necessario che la transizione sia rapida e che in nessun modo il rivolgimento popolare di queste ore sitrasformi in un vero e proprio colpo di Stato. In gioco non c’e solo una questione morale, ma anche il futuro dell’allenza economico-militare tra Stati Uniti e l’Egitto, considerato tradizionalmente dalla Casa Bianca il secondo alleato storico, dopo Israele, di tutta la turbolenta area mediorientale. Al riguardo la legge federale parla chiaro: nessun aiuto economicopotra essere destinato a Paesi il cui governo democraticamente eletto venisse deposto da un golpe militare. A rischio ci sono 1200 milioni di dollari in aiuti militari e 250 milioni di aiuti economici. Non a caso, Obama affronta direttamente il punto con parole molto chiare rivolte ai militari: "Tenuto conto degli sviluppi di oggi ho dato direttive alle agenzie e ai dipartimenti competenti di valutare leimplicazioni di legge rispetto agli aiuti americani al governo egiziano". Su questo punto, i nuovi padroni del Cairo devono dare assicurazioni molto in fretta. Il presidente della Commissione del Senato che controlla la gestione degli aiuti Usa all’estero, il democratico Patrick Leahy, ha gia fatto sapere che e pronto a rivedere tutti gli aiuti all’Egitto, se i militari dovessero venir meno alla parola data e non cedere il potere. Il presidente degli Stati Uniti ha ordinato di evacuare l’ambasciata americana al Cairo.
Da parte sua, l’Unione europea ha lanciato un appello per l’organizzazione di nuove elezioni presidenziali nel piu breve tempo possibile.
"L’interferenza militare nelle questioni di qualsiasi Stato e fonte di preoccupazione. Quindi sara cruciale rafforzare velocemente il controllo civile in accordo con i principi della democrazia", ha dichiarato un portavoce del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.
Nella notte, intanto, un gruppo di sostenitori delpresidente destituito ha attaccato un edificio delle forze di sicurezza nel nord del Paese. Sette di loro sono rimasti uccisi negli scontri con le forze dell’ordine a Marsa Matrouh e Alessandria, sulla costa mediterranea. Tre oppositori di Morsi, invece, hanno perso la vita in scontri con sostenitori dell’ex capo dello stato ad Al Minya.









   
 



 
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