Pale selvagge. Le tirano su da un capo all’altro della Puglia per macinare vento e produrre energia elettrica, ma come stanno le cose la Regione non conosce quante sono e dove sono soprattutto perché fino a un megawatt di potenza non è necessaria la cosiddetta autorizzazione unica concessa dall’amministrazione Vendola. Si rischia il pasticcio perché, in particolare, non è possibile "valutare gli effetti cumulativi degli insediamenti" fa notare Salvatore Giannone, dirigente dell’Ufficio energia, che insieme con il dirigente del Servizio energia, Giuseppe Rubino, scrive a una cinquantina di amministrazioni comunali per metterle in riga. Non accadeva da mai. Quella delle rinnovabili corre il pericolo di essere la classica terra di nessuno, teatro perciò di eventuali scorribande economiche, peraltro sempre dietro l’angolo visti i lauti finanziamenti statali che riescono a intascare gli investitori. Giannone, nel ruolo della testa d’ariete, dàl’impressione di non guardare in faccia a nessuno: racconta della "esistenza di numerosi impianti eolici già realizzati e in fase di esercizio", ma "non presenti nel catasto" tenuto da lungomare Nazario Sauro. I casi più eclatanti riguardano la provincia di Foggia, quella maggiormente presa d’assalto dagli industriali a caccia di vento. Si contano 689 "ventilatori", ospitati in ventisette delle sessanta città della Capitanata. Quelle che appaiono imbattibili sono Troia (98 pale, una ogni 75 abitanti) e Sant’Agata (111 pale, una ogni 19 abitanti), come testimoniano le fotografie aeree. Annotano Rubino e Giannone: "Gli impianti realizzati e non censiti, possono interferire con quelli per i quali è in corso il procedimento amministrativo finalizzato al rilascio della autorizzazione unica". Un papocchio che non è facile esorcizzare e che potrebbe nascondere chissà quali inciuci fra amministratori locali, proprietari dei terreni e imprenditori fin troppo intraprendenti. Pure soloperché in ballo ci sono cifre da capogiro. Per dirne una: riuscire a ottenere il "sì" destinato a materializzare un megawatt, ha un valore di mercato che ammonta a 400mila euro. Tant’è che i manager regionali inviano "per conoscenza" queste stesse missive ai magistrati delle procure della Repubblica. Perché bisogna tenere gli occhi aperti. Pare anche che le "situazioni più delicate" riguardino il fotovoltaico: altre lettere dello stesso tenore, sarebbero in partenza dall’assessorato allo Sviluppo economico. Le maglie dei controlli, insomma, si stringono. Né potrebbe essere diversamente. I progetti "verdi" che vorrebbero vedere la luce da queste parti, corrispondono a una cifra astronomica: 74 miliardi di euro. Lello Parise-repubblica
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