Abbiamo scherzato. Devono aver pensato così tanti consiglieri e amministratori regionali che, dall’Emilia Romagna alla Sicilia, dal Piemonte alla Sardegna, appena superato lo scoglio delle elezioni politiche, sono tornati sui loro passi e stanno lavorando per riprendersi i privilegi tagliati soltanto pochi mesi fa. O per continuare gli sprechi. FRIULI, IL TAGLIO DI STIPENDI E’ UNA MANNA. Partendo dall’ultimo caso, bisogna andare a Trieste, nella sede del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia dove Debora Serracchiani appena eletta aveva ottenuto il via libera da tutti i capigruppo per un consistente taglio della busta paga, da 10.291 a 6.300 euro lordi. Un risparmio che rischia di trasformarsi in un boomerang per l’immagine della neo governatrice e che farebbe addirittura festeggiare i consiglieri regionali. Sembrerebbe impossibile a fronte di un taglio così consistente ma c’è il trucco. Secondo quanto trapela dalla quinta commissioneregionale (affari istituzionali e statutari) che sta preparando il testo, alla somma che già è stata sbandierata come un successo si aggiungerà un rimborso di 3500 - 3700 euro per coprire le spese di trasporto, abitazione e quant’altro di ogni consigliere. Una somma che, non solo farebbe raggiungere la cifra dell’attuale busta paga, ma la farebbe addirittura superare visto che sarebbe netta. Non solo. Questo rimborso sarebbe forfettario e quindi eviterebbe la rendicontazione delle spese, cosa che spunterebbe le armi anche alla magistratura che sui rimborsi dei gruppi regionali ha aperto inchieste in tutta la Penisola facendo emergere situazioni incresciose come i rimborsi degli slip, delle tinture per capelli o delle feste di comunione. A opporsi a questo finora sono stati soltanto i rappresentanti del M5S che oltre ai 2.500 euro che trattengono per loro sul percepito, si sono dati una soglia massima di 1.000 euro per i rimborsi ma solo dietro giustificativi. EMILIA, ILVITALIZIO RIMANE. Restando nell’alveo dei consigli regionali, a Bologna, dove ha sede l’assemblea dell’Emilia Romagna, sembra di assistere a una partita di rugby, almeno a giudicare dal risultati di 30 a 21. Invece è la partita dei vitalizi tra i consiglieri che indossano la casacca della casta che hanno sconfitto di nove lunghezze quelli dell’anticasta. Lo scontro è scoppiato grazie a Matteo Richetti, pupillo di Matto Renzi, che con la legge regionale 17/2012 non solo aveva cancellato il vitalizio a partire dalla prossima legislatura, ma lo aveva anticipato alla legislatura in corso, seppur su base volontaria causa diritti acquisiti. A gennaio però, soltanto 17 dei 50 consiglieri avevano volontariamente rinunciato al vitalizio. Il resto aveva preso tempo per capire meglio, dando appuntamento alla finestra prevista dalla legge per metà luglio. Nel frattempo Richetti (che coerentemente ha rinunciato al suo vitalizio) è stato uno dei pilastri della campagna di Renzi per le primarie edè approdato sotto in Parlamento. Intanto però, gli altri consiglieri che avevano promesso di rinunciare o almeno valutare l’ipotesi, soltanto 4 si sono aggiunti ai primi 17, tre del Pd e uno del Pdl. In 30 hanno deciso di tenersi stretto il vitalizio che così scatterà al raggiungimento del sessantesimo anno di età. Tra i gruppi il Pd è quello con più consiglieri rinunciatari, 12 più l’ex Richetti sugli attuali 24. Bassissima la percentuale del Pdl con appena due su 11, mentre alla LegaNord hanno detto addio al vitalizio tre dei quattro consiglieri regionali. IN SICILIA IL BLUFF E’ CONTRO LE DONNE. Passando dalla penisola all’isola più grande, l’ultima partita che si sta giocando nell’assemblea regionale siciliana è quella in difesa della poltrona di consigliere, che qui si chiama deputato regionale e si difende dalla possibilità che arrivino più donne a palazzo del Normanni. Con l’elezione di Rosario Crocetta, un po’ come poi è avvenuto in Parlamento, sono venuti fuori i limitidella legge elettorale regionale che non garantisce la governabilità quando ci sono più di due coalizioni in campo. La priorità è stata quella di modificare la legge in maniera che, se dovesse cadere la giunta, si possa andare alle elezioni con un nuovo testo. E lo stesso governatore, insieme a tanti "deputati", aveva sbandierato i punti anti-casta che doveva avere la nuova legge, a partire dall’abolizione del listino del presidente che ha permesso di fare entrare per conto dei partiti consiglieri non votati, come nel caso di Nicole Minetti in Lombardia. L’altro punto doveva essere la doppia preferenza per favorire l’accesso delle donne. In tempi rapidissimi per la politica siciliana, la I commissione regionale ha preparato e mandato in aula il testo per la discussione. Soltanto che i 15 componenti della commissione, tra i quali c’è una sola donna (Alice Anselmo) fatti due conti con al penuria di poltrone che ci sarà alle prossime regionali (quando l’assemblea verrà ridotta dagliattuali 90 posti a 70) hanno "dimenticato" il voto di genere. Per i 75 deputati regionali maschi (appena 15 sono state le donne elette lo scorso ottobre) è troppo rischioso dover perdere oltre i 20 posti previsti dallo statuto anche le poltrone che con la doppia preferenza avvantaggerebbero le donne. GOVERNATORI NO-LIMIT. Passando dalle assemblee ai governatori, spunta il comportamento doppio di Roberto Cota nei confronti dell’archistar Massimiliano Fuksas. Appena eletto, il governatore aveva intrapreso una battaglia contro la parcella da 22 milioni di euro dell’architetto per la progettazione del grattacielo della regione, che diventerà l’edificio più alto d’Italia. E aveva fatto anche un esposto alla magistratura sulla questione. Adesso che sono finiti i lavori alle fondamenta e il grattacielo inizia a crescere in superficie però, il governatore ha mandato l’assessore Gilberto Pichetto a ricucire con Fuksas e a chiedergli una nuova consulenza per il grattacielo: la supervisioneartistica. Insomma, da una parte gli contesta il pagamento della parcella, puntando almeno a una revisione, e dall’altra gliene propone una nuova. Ugo Cappellacci Ugo Cappellacci E che dire del governatore sardo Ugo Cappellacci che il 7 luglio è partito per un viaggio top secret in Argentina e Brasile. Viaggio istituzionale accompagnato da una delegazione della regione composta dall’assessore al Lavoro, Mariano Contu, dal consigliere Franco Meloni, dal direttore generale della presidenza della giunta Gabriella Massidda e dal consulente di giunta Franco Manca, senza che nessuno in Regione sapesse nulla. Dopo le proteste da parte di consiglieri e della stampa locale, soltanto il 12 luglio, una parte delle motivazioni sono state svelate con un comunicato della presidenza che recita: "il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, ha consegnato il simulacro della Madonna di Bonaria richiesto in dono dalla comunità di Buenos Aires, che l’ha scelta come patrona della polizia municipaledella città". Insomma, se con Mario Monti a Palazzo Chigi e l’antipolitica di Beppe Grillo nelle piazze, si iniziava a vedere qualche segnale contro la casta, passato lo scoglio elettorale i giochi sono ripresi come e più di prima. Antonio Calitri-l’espresso
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