L’illusione del Pd di una destra "decaimanizzata"
 











Nella parte più inquieta del Partito democratico, quella che vive con sofferenza, se non proprio con raccapriccio, la coabitazione governativa con la destra, si fa strada, dopo la fragorosa capitolazione giudiziaria di Berlusconi, il rischio di un’autofrode. Si tratta della speranza che il Pdl non soltanto debba, ma possa affrancarsi dal suo demiurgo, padre e padrone, per trasformarsi in una destra normale, “decaimanizzata”. L’illusione circa una simile metamorfosi è propalata con fervore anche da persone di indubbia caratura intellettuale come Michele Prospero il quale, su l’Unità di sabato si è impegnato in un appassionato appello che difficilmente, tuttavia, incontrerà orecchie ricettive.
L’incipit di Prospero è perentorio: “La continuità del governo – scrive – dipende in fondo dalla fisiologica adozione di una non rinviabile decisione da parte del Pdl, quella di accantonare Berlusconi (…) Se da solo egli non compie gli atti dovuti per un uomopolitico sia pure molto sui generis, tocca al partito, ai gruppi parlamentari deporlo da ruoli formali e sostanziali di comando”.
Ora, l’irrealismo di questo auspicio è manifesto. E non occorreva la riprova della grottesca manifestazione di ieri a dimostrarlo. Il Pdl non è un partito, ma una rigida monarchia di impronta feudale, un groviglio di interessi che hanno nel Capo il proprio indivisibile centro di annodamento. La caduta rovinosa del potere monocratico di Berlusconi trascina inesorabilmente con sé tutto il convoglio. Né il Pdl, né Forza Italia, né qualunque altra diavoleria o escogitazione politica potranno sopravvivere se esce di scena l’uomo che l’ha forgiata a sua immagine e somiglianza, selezionando al suo interno un obbediente, decerebrato e spesso impresentabile stuolo di servitori.
Se oggi un rovello turba i pensieri di Berlusconi, questo riguarda il se, il quando, forse il come preparare una successione dinastica, una trasmissione ereditaria, e al tempo stessopatrimoniale del suo potere personale ad altro membro della famiglia.
Eppure Prospero insiste: “Il riconoscimento politico della destra che con il governo Letta è stato compiuto, dovrebbe ora spingere le nuove leve del Pdl ad adottare le risoluzioni indispensabili, le stesse che verrebbero prese in ogni altra democrazia che non tollera dei partiti intesi come succursali padronali”. Ma come fa un’aggregazione che funziona come “un comitato di guerra alle dipendenze di un’azienda e del suo proprietario” a rigenerarsi, taumaturgicamente, come soggetto politico dotato di autonomia politica e culturale? Prospero non ce lo fa capire. Egli formula un auspicio, manifesta un desiderio che cozza però contro lo stato delle cose: “L’obiettivo di una destra che si istituzionalizza e oltrepassa l’irregolare configurazione carismatico-proprietaria non può più essere rinviato”. Ma da quali retrovie dovrebbe mai venire questo impulso trasformativo, questa catarsi capace di tramutare la creatura delcaimano in un partito “impersonale” della destra? E chi sarebbero i potenziali protagonisti che dovrebbero incarnare quella che Prospero indica come un’assoluta necessità? Cicchitto? Gasparri? Verdini? Brunetta? Santanché? Bondi? La Russa? Alfano? Carfagna? Gelmini? O chi altro, se gli uomini della periferia – reclutati nel sottobosco degli intrecci opachi fra politica e affari, spesso intrecciati o contigui alla malavita organizzata – sono persino peggio dei loro capataz?
Un lampo attraversa infine la riflessione di Prospero che così conclude: “Se questo cambiamento non iterviene, nessuno può ragionevolmente scommettere sulla stabilità politica. Che potrebbe essere persino dannosa in compagnia di una destra che simula l’eversione”. Ma, forse, per il tramite di un ragionamento “per assurdo”, è proprio questo che Prospero tentava di dirci. O no?
Gli uomini di Berlusconi sono in piena attività. Hanno perfettamente capito quale sia il punto debole del Pd e del Quirinale: mantenerein vita ad ogni costo il governo Letta. Lo sanno e mettono giù dure le condizioni, senza le quali il sostegno della destra al governo si fa problematico se non impossibile. Condizioni che, alla fine, si riducono ad una sola: aggirare la sentenza che mette Berlusconi fuori dall’attività politica. Il modo con cui pervenire al risultato è del tutto indifferente, purché lo si trovi presto e purché sia lo stesso Napolitano mallevadore dell’operazione. Scartata l’ipotesi della grazia, secondo Brunetta e soci si potrebbe pensare ad un differente atto di clemenza, o di una riforma della giustizia o anche di una possibile commutazione della pena o, ancora, di un ritocco alla legge Severino-Monti sull’incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni. Insomma, detto in prosa, per il Pdl non ha alcuna importanza di quale colore e forgia sia il gatto, purché prenda i topi.
Sibillino, Brunetta blandisce il Presidente della Repubblica che comprende essere, una volta dipiù, la possibile chiave di volta del problema. Così chiosa il capogruppo pidiellino dopo l’incontro al Colle: "Cosa fare dunque? Serve un’iniziativa della politica. Un’assunzione di responsabilità. E questa iniziativa, ancora una volta, ce l’ha indicata il Capo dello Stato. Allorché ha evocato il lavoro dei saggi da lui incaricati nell’aprile scorso per studiare i termini di una riforma dello stato e della giustizia. Il presidente Napolitano ha ragione, le proposte dei saggi sono un ottimo punto di partenza. I leader del Pd dovrebbero prendere sul serio le dichiarazioni del presidente della Repubblica".
Silenzio, intanto, dalle file democrat, perché "ubi maior....". Solo Pippo Civati si fa sentire: "Leggo sul web che il Pdl starebbe cercando la via della trattativa per liberare Berlusconi. C’è chi parla di grazia e chi fa riferimento al modello Sallusti. Voglio sperare che sia una illusione (nemmeno tanto pia, per altro) e che non si darà alcuna soddisfazione a questo tipo dirichieste".
Paolo Ferrero (Prc): "Il ricatto della destra per tenere in piedi il governo è eversivo, perché pretende di stravolgere l’ordinamento democratico del paese per mantenere in libertà Berlusconi e di adottare misure che limiterebbero l’autonomia della magistratura. Si tratta di ricatti inaccettabili, che evidenziano però una cosa: il governo Letta Alfano a questo punto non è solo un disastro politico ma un fattore di corrompimento della vita pubblica del paese. Se ne devono andare tutti a casa e prima lo fanno e meglio è!".
Intanto in serata, secondo il sito del quotidiano La Stampa, arriva il presidente della Russia Vladimir Putin a far visita all’intimo amico Berlusconi.









   
 



 
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