Le "balle ferragostane" di Enrico Letta
 











Per Enrico Letta la crisi che sta divorando presente e futuro di questo paese pare nascere non dall’incancrenimento di rapporti sociali la cui barra è saldamente nelle mani del capitalismo finanziario, bensì da fattori meta-psicologici. State a sentire che edificante sermoncino ci somministra il presidente del Consiglio in un’intervista rilasciata a Il Sussidiario.Net: "Dobbiamo avere maggiore fiducia in noi stessi e uscire da quella cappa di sottovalutazione, autolesionismo, benaltrismo che troppo spesso ci toglie ossigeno. (Dobbiamo) dimostrare all’Europa e al mondo che non c’è più bisogno che ci si dica di fare i compiti a casa’". E ancora, di rincalzo: "I sacrifici li abbiamo fatti e li stiamo facendo non perché ci sia qualcuno a imporceli, ma perché siamo un Paese adulto che vuole ricominciare a costruire il futuro dei propri figli. Un Paese che vuole parlare quel linguaggio della verità e della responsabilità’’ al quale Napolitano ’’ci harichiamato. L’Italia può farcela: questo è il messaggio". Quella che Enrico Letta auspica ’’Non è l’Europa del rigore e basta, ma l’Europa dei popoli, quella che costruisce risposte concrete ai bisogni e ai problemi veri delle persone’’. E le conclusioni del Consiglio europeo di giugno contro la disoccupazione, ’’segnano un cambio di passo. È in tale direzione che vogliamo e possiamo continuare a insistere".
Dunque, proviamo a mettere ordine: i nostri problemi per Letta si chiamano: "sottovalutazione", "autolesionismo", "benaltrismo", (boh?, ndr). Insomma, l’ossigeno ce lo siamo tolti da soli. Sembra di essere tornati all’ottimismo beota del Berlusconi d’annata. L’avere consegnato tutto il potere alle lobbies politico-finanziarie, l’avere impiccato il Paese al dogma del pareggio di bilancio, l’avere sottoscritto (e, malgrado tutte le chiacchiere, mai messo in discussione) il fiscal compact, l’avere abolito il concetto stesso di politica industriale, l’avere depauperato in modo forseirreversibile la manifattura nazionale, abbandonandola a se stessa e allo schopping delle imprese straniere, l’avere coltivato - ma non credo sia a questo proposito che Letta parla di autolesionismo - il culto del privato e della primazia del mercato contro il ruolo della mano pubblica, l’avere fatto del lavoro e dei diritti su cui si fonda la Costituzione carne da macello, tutto questo non c’entra con le nostre difficoltà. Ora, anziché mettere il dito nella piaga - ma come potrebbe farlo! - il presidente del Consiglio si balocca con le conclusioni del Consiglio europeo che avrebbe rovesciato la "politica del rigore" per sposare la prioritaria lotta alla disoccupazione. In realtà nel piatto non c’è nulla di serio, tranne le solite dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano. Ci vuole "ben altro" - ci perdoni Enrico Letta - per parlare di "cambio di passo".









   
 



 
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