I 15 che terrorizzano B.
 











Quasi quasi ci sperano, nella crisi di governo, i senatori pronti a sostenere un eventuale Letta bis, mollando Berlusconi e il centrodestra, quando e se dovessero rompere definitivamente le larghe intese. Più aumentano le turbolenze, più aumentano le loro quotazioni.
E’ un gioco delle parti, pieno di allusioni e messaggi in codice, quello che dovrebbe portare una pattuglia di transfughi Pdl nelle schiere di Enrico Letta, nel nome - ovviamente - «della responsabilità».
Berlusconi sa che il rischio è concreto. Si dice glielo abbia detto Angelino Alfano durante l’ultimo vertice di Arcore («Letta è sicuro di avere 20 carte coperte», avrebbe detto il segretario del Pdl), e poi Gaetano Quagliariello lo avrebbe detto al capogruppo democratico Zanda («Sono almeno 15 i senatori azzuri contrari alla crisi», riporta ’Repubblica’). Quagliariello poi ha smentito, «con assoluta nettezza e senza timore di poter essere a mia volta smentito», ma il timoreriportato sarebbe in realtà più che fondato.
«Non mi sono mai sognato di ’dare i numeri’ sui colleghi senatori del PdL, per il semplice fatto che nulla ne so essendo, il tema, estraneo alle mie occupazioni e preoccupazioni», dice infatti Quagliariello. E’ distratto, ammette, tanto da non aver registrato i segnali che invece arrivano dai suoi colleghi pronti al salto.
Alcune sembrano vere e proprie candidature. Su tutte quella di Domenico Scilipoti. L’ex Idv, poi folgorato da Berlusconi nel 2010, è ora pronto a tornare. «Ricordo a tutti i colleghi l’art. 67 della Costituzione», ha detto proprio all’Espresso. «I parlamentari», insomma, «non hanno vincolo di mandato». Mani libere. Responsabilmente. E non solo le sue.
«Se Silvio Berlusconi provocasse la crisi di governo, io penso che al Senato verrà fuori una maggioranza silenziosa. E che il Cavaliere, in questo caso, si troverebbe ad avere a che fare con molte sorprese e moltissime delusioni». L’ha detto il senatore PaoloNaccaro, cosentino dalla carriera politica movimentata: dall’Udr di Cossiga, alla Lega, passando per un sottosegretariato nel governo Prodi, e poi arrivando al gruppo Grandi autonomie e libertà. Per ora sono due, dunque. Ovviamente non bastano, ma non ne servono molti di più.
Quanti è facile capirlo. Almeno a spanne. 108 sono i senatori del Pd. Letta però può cominciare la sua conta da 118, il Pd, cioè, più i senatori autonomisti che stanno insieme al Psi di Nencini. 20 sono quelli di Scelta Civica. Siamo dunque a 138. Ce ne seno altri 7 a disposizione nel gruppo di Sel. I vendoliani non hanno ancora deciso («Non abbiamo ancora avuto modo di discuterne come si deve», ci dice Loredana De Petris, la capogruppo), ma margini ce ne potrebbero essere. Dovendo escludere i 5 stelle, sia quelli ancora nel Movimento («Non abbiamo alcuna intenzione di appoggiare un Letta bis o tris», ha affermato l’onorevole Carla Ruocco ad Agorà Estate, su Rai Tre), che quelli usciti dal gruppo («Letta non siimpunti. Meglio un altro nome per convincere i miei ex colleghi a fare un governo con il Pd», ha detto sempre all’Espresso il senatore Mastrangeli). Si dovrebbe tentare l’en plain con i 7 del Gal, Grandi Autonomie e Libertà, come Naccarato. Saremmo a 152, ad un passo dalla maggioranza, che è a quota 158.
Se qualcuno del Pdl segue Scilipoti, insomma, per Letta è fatta.
I nomi circolano da giorni, senza raccogliere troppe smentite. Sono tutti del Sud, siciliani soprattutto. Clemente Mastella, eurodeputato del Pdl, intervistato dall’Hp, li ha riconosciuti e avvisati: «Il problema di questi signori è solo uno: essere rieletti. Dunque non ci sono consigli che tengano. Ma di solito chi si muove in questo modo, in maniera isolata, fa una bruttafine».
Simile preoccupazione potrebbe aver mosso il sottosegretario Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud. Lui ha lanciato l’allarme per primo («E’ in corso una campagna acquisti del Pd nel Pdl per un Letta Bis», ha detto al ’Corriere’), masi è «categoricamente» rifiutato di fare i nomi, «che conosco però benissimo». E poi ha chiarito il prezzo: «Non si tratta di una compravendita basata sui quattrini ma su promesse come ad esempio un posto da sottosegretario». Magari il suo, dicono i maligni.
Per sostituirlo, oltre a Naccarato e Scilipoti, si parla dei senatori Antonio Razzi, Salvo Torris, Francesco Scoma («Ritengo che un governo si farà lo stesso», ha detto Scoma in tono di sfida, «anche senza il Pdl, e voglio vedere come se la caveranno i falchi del mio partito») e Giuseppe Castiglione. Quest’ultimo ha dato il seguente indizio: «Nessuno vuole aprire una crisi con una prospettiva assolutamente incerta», ha detto ad Alfano, «se i falchi tirano troppo la corda, questa si spezza».
Poi ci sono Giuseppe Ruvolo e Vincenzo Gibiino, entrambi siciliani e azzurri. Riccardo Villari, l’ex Pd poi passato al Pdl, e promosso sottosegretario. Campano come lui, c’è Luigi Compagna. Giuseppe Pagano e Salvatore Torrisi, invece, perora hanno smentito: «Non ci possono essere interpretazioni malevole rispetto a quanto abbiamo sempre pensato e sostenuto. Siamo e resteremo assolutamente leali e coerenti con il nostro leader Silvio Berlusconi».
«Almeno la metà dei senatori, soprattutto del Sud, sono contrari alla crisi», aveva detto Torrisi, ma - evidentemente - non si sa mai. E’ sempre bene essere sicuri che serva, tutta questa «responsabilità». E, se la Giunta del Senato rimanda la decadenza, scoprirsi troppo potrebbe non servire.
Iil rischio c’è. Perché, dopo Violante, nel Pd ad aprire è oggi Fioroni: «Se il Pdl dispone di elementi di chiarimento, allora non cambierebbe molto decidere il 9 settembre o più in la». Il democratico però avverte i commentatori politici: «Nessuno usi il termine salvataggio. E’ fuorviante». Rinvio, in effetti, è molto meglio.  Luca Sappino -l’espresso

 

 









   
 



 
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