"Aviaria, la malattia è dell’uomo non dell’animale"
 


Intervista a Gianni Fabbris di Altragricoltura









Dell’aviaria non si parla più. E questo, per certi aspetti, è più preoccupante del virus. Cosa sta accadendo?
Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui siamo costretti a misurare la forte sfasatura tra nutrizione sostenibile e allevamento intensivo. O meglio, salute dell’uomo e profitto. Ormai il sistema produttivo è impazzito. Allevare i polli in quelle condizioni è come tenere sei persone nella cabina di un ascensore a vita. E questa storia non la scopriamo oggi. Le malattie ci sono state e continueranno ad esserci e sono legate allo stress degli animali e alle sostanze che gli vengono somministrate. La trasmissibilità all’uomo è un pericolo costante. Abbiamo fatto degli allevamenti degli immensi laboratori di antibiotici che via via includono con sempre maggiore frequenza l’uomo, che condivide con gli animali gli stessi farmaci attraverso la catena alimentare e quindi corre più o meno gli stessi rischi.
Una lunga storiaquindi…
Anni fa sostenemmo una veternza dgli allevatori di polli della zona Veneto-Emilia Romagna. Lamentavano un crollo dei prezzi dei polli che uscivano dai loro allevamenti che aveva provocato una crisi profonda delle aziende soccidarie. E’ un sistema, il soccidario, in base al quale agli allevatori viene dato in gestione l’allevamento fino ad un certo punto della crescita dell’animale. In pratica, si scaricano i rischi aziendali dalle grandi corporation della macellazione e della trasformazione alimentare come Arena e Amadori ai piccoli produttori, che perdono qualsiasi potere contrattuale. Questi allevatori si resero conto che il punto non era congiunturale ma era legato ad una profonda trasformazione del sistema dell’allevamento basato sulla massificazione spinta. Il pollo veniva collocato sul mercato addirittura per parti, dalle penne alle ossa. Ogni pezzo in una zona diversa del mondo per una filiera specifica. Un sistema che puntava ad ottimizzare al massimo lagestione di queste parti sbilanciando completamente il potere di determinare il prezzo. I grandi allevamenti si spostarono così dall’Europa al Sud del mondo, soprattutto in Brasile e Thailandia, dove poi è scoppiato il focolaio più importante.
E le norme?
Ecco appunto. Gli allevamenti bypassavano i vincoli europei che dovevano garantire il consumatore. Gli antibiotici vietati qui rispuntavano lì. Non parliamo dell’inquinamento dell’ambiente. La lobby degli allevatori industriali soprattutto francesi aveva addrititura fatto una azione verso l’Ue in base alla quale la carne di pollo veniva importata con un dazio del 2% rispetto al 18%  precedente facendola passare per carna dissalata. Crollo dei prezzi e fine degli allevatori.
Dicevi della vertenza.
Si è trattato di una vertenza importante in cui Altragricoltura andò al tavolo della trattativa. Comprammo addirittura una pagina della Repubblica in cui gli allevatori chiedevano la garanziadel prezzo e la qualità della prouzione.
Dal punto di vista dei metodi di produzione siamo rimasti lì.
No, nel mondo le cose intanto sono peggiorate. E il modello degli allevamenti è sempre di più spinto verso modalità industriali. E’ vero che in Europa si vanno affermandosi altre modalità ma sono pur sempre nicchie rispetto al trend maggioritario. Si amplifica quel trend che produce inevitabilmente le pestilenze tra gli animali e un altissimo rischio sulla sicurezza alimentare.
Che rischi ci sono per l’uomo?
Il fatto che gli allevamenti industriali utilizzano gli antibiotici espone comunque la salute umana a dei rischi molto grandi. Uno degli effetti immediati è che assumiamo gli antibiotici che una volta nel nostro organismo lo sensibilizzano. E quando abbiamo realmente bisogno di assumere antibiotici ecco che il nostro organismo è esposto all’effetto immediato dell’inefficacia. Ci sono dei manuali di pediatria in Brasile che consiglianoalle mamme di dare ai bambini la carne di pollo perché hanno un tale carico di antibiotici che suppliscono alle medicine, che non possono comunque essere acquistate.
Perché non si parla più del problema?
Non so, forse ci sono troppi interessi in ballo. Il punto è che non si deve far finta che il problema non esiste ma bisogna spingere la produzione verso cicli compatibili.
E’ stata fatta una mattanza vera e propria, quasi un milione tra polli e galline soppressi in pochi giorni.
Non ci sono alternative. E’ una strada senza uscita. Un cul de sac che non lascia scappatoie. Da una parte, attenzione perché se c’è un focolaio l’unica è isolarlo. Spesso però visto il rischio di malattie, che si è sempre più incrementato, bisogna intervenire. Certo, a volte, se c’è un problema che si presenta per la prima volta, come con la lingua blu sono stati fatti interventi che hanno provocato vere e proprie stragi senza ottenere nulla. Addirittura hannoimposto un vaccino che in realtà provocava la malattia.
Cosa si può fare?
Serve cominciare a gestire gli effetti di un modello industriale che pare sfuggirci di mano. Il principio di precauzione deve essere sovrano, altro che liberalismo al ribasso. Si tratta di produzione in cui c’è il dovere di attrezzarsi perché gli effetti non ricadano sull’intera collettività. Fabio Sebastiani

 

 









   
 



 
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