Ormai il capo dello Stato ha rotto ogni argine e come il fiume Nilo straripa con impressionante frequenza, pensando di fertilizzare le terre aride della politica italiana con il suo limo nutriente. Parla e straparla di tutto il Presidente della Repubblica, ritenendosi investito di un ruolo quale nessuno prima di lui aveva né preteso, né tanto meno esercitato in passato. Diciamo, da capo di una repubblica non più parlamentare ma presidenziale, prefigurando l’esito finale delle ’riforme istituzionali’ a cui stanno lavorando i cosiddetti saggi, anch’essi voluti, nominati, benedetti da Giorgio Napolitano, vero artefice nonché nume tutelare del governo delle ’larghe intese’. Lui non guarda in faccia a nessuno e tira dritto per la sua strada: pratica l’obiettivo, insomma, per usare un’espressione che sta a indicare il continuo forzare i limiti delle condizioni e dei vincoli dati per prefigurare lo sbocco desiderato. Persino Sandro Bondi, ilcoordinatore del Pdl, per una volta nella vita perspicace, sia pure pro domo sua, avverte che qualcosa non gira nel verso giusto e sbotta: "Francamente comincio ad avere seri dubbi sull’utilità di questo ruolo esercitato da Napolitano nella convinzione di guidare dall’alto l’Italia verso l’uscita dalla crisi. Le conseguenze di questo metodo non sono affatto incoraggianti". Questa mattina, al Quirinale, Napolitano ha di nuovo "esternato". A trecentosessanta gradi. Innanzitutto ha lodato il voto di fiducia al governo, da lui accolto con "autentico sollievo", poi ha promosso Letta a pieni voti, elogiando la saggezza con cui si è evitato "che si aprisse in Italia un vuoto politico, un nuovo periodo di grande incertezza e paralisi decisionale". L’Italia "stenta più di altri" a muoversi verso la crescita: per questo - ha detto Napolitano - "conta in modo decisivo l’operare del governo e del parlamento, del mondo del lavoro e delle imprese, in una direzione univoca, col massimo diconcretezza e unità". Peccato che il giudizio sull’operato del governo non rientra affatto nei compiti, nelle prerogative, nei poteri di un presidente della Repubblica, che dovrebbe mantenersi rigorosamente super partes. Ma lui, King George, non è affatto "sopra le parti". Lui sta in partita e nel ruolo di regista. Sentite: sulla legge di stabilità chiede ci sia "un confronto aperto ad ogni valutazione anche critica, che ci aspettiamo sia comunque responsabile, cioè sostenibilmente propositiva, consapevole di condizioni oggettive complesse e di vincoli ineludibili". Dove i vincoli ineludibili sono, con ogni evidenza, i paletti fissati dai patti europei, e in modo speciale quel pareggio di bilancio conficcato a forza nella Costituzione e che ne rappresenta il primo, clamoroso stravolgimento. Il soliloquio prosegue per assestare un altro colpo, decisivo: "Occorre andare avanti" a fare le riforme economiche e quelle "politiche e istituzionali da tempo riconosciute necessarie". A partiredalla legge elettorale e dalla revisione della seconda parte della Costituzione. I cittadini, le associazioni, i movimenti, gli esponenti del mondo intellettuale che sabato hanno dato vita all’imponente manifestazione de "La via maestra", che ha al centro la pressante richiesta di non stravolgere la Carta ma, al contrario di applicarla, sono serviti. Del resto - ha spiegato Napolitano con un piglio non so dire se più arrogante o minaccioso - "al procedere delle riforme istituzionali io ho legato il mio impegno all’atto di una non ricercata rielezione a presidente e lo porterò avanti finché sarò in grado di reggerlo e a quel fine". Eloquente. L’ultima sua battuta è per l’emergenza carceraria, dramma vero, per chi se ne occupa da sempre e non soltanto da quando Berlusconi va in cerca di un salvacondotto che lo affranchi dalla condanna pronunciata in via definitiva da un tribunale della Repubblica: "La dolorosa, umiliante, ineludibile emergenza carceraria" è una delle "sfide edemergenze proprie dell’Italia che anche l’Europa con la Corte dei diritti umani ci chiede di affrontare". L’interpretazione autentica di questa riscoperta tensione morale l’ha fornita Gaetano Quagliariello quando ha spiegato che, "sia ben chiaro", se amnistia deve essere non può escluderne solo uno... Dino Greco
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