Doccia gelata è dire poco. Mentre a Roma il governo e la maggioranza non hanno ancora finito di litigare per trovare l’accordo sulle modifiche alla legge di stabilità, a Bruxelles tirano le somme e la bocciatura è pressocché totale. Debito troppo elevato, è la diagnosi e dunque l’Italia non avrà i tre miliardi di maggiore spesa previsti dalla cosiddetta «clausola di investimento», quella attraverso la quale l’Europa "premia" i paesi virtuosi concedendo loro un allentamento nella gestione dei propri conti. Dunque spariscono in un sol colpo tre miliardi di euro, che il governo dava per scontati e che fatalmente manderanno all’aria la manovra economica, sia quella già fatta sia quella su cui i partiti stanno trattando. La motivazione è semplice: «Siamo arrivati alla conclusione che non si possa profittare di questo vantaggio - avverte Bruxelles - perché, sulla base delle previsioni economiche dell’autunno 2013, non sarà ottenuto l’aggiustamentominimo strutturale richiesto per portare il rapporto fra debito e pil su un cammino di sufficiente riduzione». Una smentita clamorosa delle rosee previsioni di "Mister palle d’acciao", secondo il quale «la ripresa è a portata di mano», per dire che i sacrifici sono finiti. Come si vede, i sacrifici non sono affatto finiti, perché senza quei tre miliardi serviranno altri tagli e altre tasse per restare dentro i parametri europei; la recessione continuerà; il pil continuerà a calare; la disoccupazione continuerà a salire (si vedano i dati sui fallimenti). Secondo le stime Ue, il debito vale il 133% del pil quest’anno e salirà al 134 l’anno prossimo. Dunque nessun miglioramento, tanto più che «c’è il rischio che la legge di Stabilità (italiana) per il 2014 non sia in regola con il Patto di Stabilità; in particolare l’obiettivo di riduzione del debito per il 2014 non è rispettato», sottolinea senza tanti giri di parole una nota appena diffusa. La legge di Stabilità, anzi, «dimostralimitati progressi per quanto concerne la parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio emesse dal Consiglio nell’ambito del semestre europeo». Per questo, «la Commissione invita le autorità a prendere le necessarie misure all’interno del processo di gestione di bilancio per assicurarsi che i conti del 2014 siano pienamente in linea col Patto di Stabilità europeo e, in particolare, che si sia in grado di affrontare i rischi identificati in questo rapporto». Sia nei documenti dello staff europeo che in quelli finali della Commissione, emerge che la preoccupazione maggiore è legata alla scarsa crescita, con il Pil in progressione solamente dello 0,7% l’anno prossimo, contro l’1,1% previsto dalla Stabilità. Peccato che questo sia esattamente il risultato delle politiche di austerità imposte proprio dall’Europa. Un bel (si fa per dire) paradosso. Ovviamente all’Europa a trazione tedesca non frega nulla se per restare dentro i parametri-capestro sarà necessario stritolare ancora dipiù la vita di persone in carne e ossa. Al governo invece dovrebbe; e forse sarebbe ora di ribellarsi a questo ricatto non più sostenibile. Ma di sicuro Letta, che è membro del Gruppo Bilderberg (il "club" di potenti dove vengono messe a punto queste "strategie"), non ci pensa neppure. Si adeguerà alle raccomandazioni Ue per la politica economica e di bilancio, costi quel che costi. Un bel guaio per il governo Alfetta, che ora avrà ancora più difficoltà di prima a trovare le coperture necessarie a mantenere le promesse (in primisi quella sull’abolizione della tassa sulla casa, pretesa dal Pdl). La reazione del ministro arriva presto ma difficilmente convincerà Bruxelles, anche perché ripete cose già dette. Minimizza, Saccomanni, sostenendo che «non c’è bocciatura», perché la valutazione dell’Europa «discende da una stima di crescita del prodotto che, come è noto, non coincide con quella del Governo italiano e comporta implicazioni per le proiezioni di finanza pubblica. Va poisottolineato che la crescita del debito in rapporto al Pil è la risultante della recessione che si è protratta fino al 2013 e del pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni (quasi 50 miliardi di euro in 12 mesi tra il 2013 e il 2014), operazione concordata con la Commissione europea. Anche il sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’Euro in difficoltà ha contribuito alla dinamica del debito». Inoltre, la Commissione «non tiene conto di importanti provvedimenti annunciati dal Governo, anche se non formalmente inseriti nella Legge di stabilità, e già in fase di attuazione. Provvedimenti che da un lato rappresentano uno stimolo all’economia, dall’altro saranno in grado di produrre gettito e risparmi di spesa aggiuntivi che il governo intende utilizzare per ridurre ulteriormente il disavanzo e il debito del 2014, oltre che per alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese. Al riguardo possono essere ricordati interventi come la spending review,la riforma del sistema fiscale attraverso la delega che il Parlamento sta ormai per varare, il programma di privatizzazioni, il rientro dei capitali illecitamente detenuti all’estero, la rivalutazione delle quote del capitale della Banca d’Italia. Queste misure rafforzano il carattere innovativo della Legge di stabilità 2014 che, per la prima volta dopo diversi anni, avvia un percorso di riduzione della tassazione». Si arrampica sugli specchi Saccomanni, perché difficilmente i guardiani dei conti di Bruxelles si lasciano abbindolare dalle promesse del governo (sulla spending review, poi, dove hanno fallito tutti finora...). Per di più si tratta delle stesse cose che il ministro ha sostenuto quando ha contestato le stime dell’Istat qualche giorno fa: a quanto pare sbagliano tutti. Ro. Ve. Il governo all`ultima spiaggia Se 4.000 emendamenti vi sembrano pochi... La Legge di Stabilità, appena varata, già vede la propria strada in salita. Gli emendamenti, oltre che dall’opposizione,sono arrivati anche da esponenti dei partiti di governo. A dimostrazione che tutti vogliono portare acqua al proprio mulino e trarne i massimi benefici economici. La vicenda si veste poi anche di significati legati alla sopravvivenza dell’attuale esecutivo in seguito alla più che prevedibile decadenza di Berlusconi da senatore. Il Cavaliere ha assicurato da tempo che se venisse dichiarata la sua decadenza attraverso il voto dell’Aula di Palazzo Madama, il PdL voterebbe la sfiducia al governo. Una minaccia che, vista l’aria che tira, con le divisioni interne al centrodestra tra ascari del Cavaliere e seguaci di Alfano, dovrebbe essere vanificata dalla nascita di una formazione centrista, clericale e bancaria, che assicurerebbe il sostegno a Letta “in nome dell’interesse nazionale”. Una crisi di governo al buio in questa fase riporterebbe l’Italia sotto il tiro della speculazione e a quel punto, con il debito pubblico ormai sopra il 133% sul Pil, sarebbero grossi guai. Lo spread tra Btpe Bund decennali ritornerebbe a salire, le società Usa di rating declasserebbero i nostri Btp a livello di titoli “spazzatura”. Ci vuole buon senso, hanno dichiarato Letta e Saccomanni che a Bruxelles ha dovuto subire le rampogne della Commissione europea e dei colleghi ministri delle Finanze dei Paesi dell’Unione preoccupati per la stabilità dell’euro. Se questi emendamenti riuscissero a ribaltare il contenuto della Legge di Stabilità, hanno avvertito i due esponenti del governo, i mercati ci farebbero a pezzi. L’Unione Europea è preoccupata, ha assicurato Saccomanni., dopo aver incontrato il commissario Ue all’Economia, il finlandese Olli Rehn. Ma noi, ha ribadito, intendiamo mantenere i saldi invariati. Dichiarazione che prelude ad una blindatura del testo e al ricorso al voto di fiducia. Anche se, ha affermato accomodante il ministro italiano, qualche modifica potrà e dovrà pure esserci. In particolare sulla individuazione delle fasce di esenzione fiscale e sulle detrazioni fiscaliche dovrebbero essere concesse. Una misura necessaria per dare soprattutto respiro al ceto medio dipendente e ai pensionati, aumentarne la capacità di spesa e sostenere la domanda interna. Il relatore alla legge, l’esponente del PD, Giorgio Santini, ha spiegato che si punta ad aumentare le detrazioni Irpef per i redditi sotto i 15-20 mila euro, riservando il taglio del cuneo fiscale alla sola area dei redditi sotto i 30 mila euro. Mezzo passo indietro del governo anche sulla vendita delle spiagge dal demanio pubblico ai privati. Dopo le diffuse proteste che si sono levate da molte parti, la linea che sta passando è quella di cedere ai privati, già proprietari degli stabilimenti balneari, l’area di spiaggia in prossimità delle strutture edilizie. Il bagnasciuga resterà invece pubblico e liberamente percorribile. Si annuncia in tal modo la nascita di recinzioni che separeranno “ufficialmente” e non più virtualmente i due pezzi di spiaggia, più di quanto non succeda già oggi. GiulianoAugusto
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