DOSSIER "SVENDOLA"
Sanità: un programma contro i poteri criminali...
MANFRINI, la memoria perduta...DIMISSIONI
 











Ci sono tanti modi per finire una carriera politica. Quello che la sorte ha riservato a Nichi Vendola è uno dei peggiori, proprio perché Nichi Vendola non era tra i politici peggiori. Aveva iniziato bene, con un impegno sincero contro le mafie e l’illegalità. Aveva pagato dei prezzi, ancor più cari di quelli che si pagano di solito mettendosi contro certi poteri, perché faceva politica da gay dichiarato in un paese sostanzialmente omofobo e da uomo di estrema sinistra in una regione sostanzialmente di destra. Ancora nel 2005, quando vinse per la prima volta le primarie del centrosinistra e poi le elezioni regionali in Puglia, attirava vastissimi consensi e altrettanti entusiasmi e speranze. E forse li meritava davvero.
Poi però è accaduto qualcosa: forse il potere gli ha dato alla testa, forse la coda di paglia dell’ex giovane comunista ha avuto il sopravvento, o forse quel delirio di onnipotenza che talvolta obnubila le menti degli onestil’haportato a pensare che ogni compromesso al ribasso gli fosse lecito, perché lui era Nichi Vendola. S’è messo al fianco, come assessore alla Sanità (il più importante di ogni giunta regionale) un personaggio in palese e quasi dichiarato conflitto d’interessi, come Alberto Tedesco. S’è lasciato imporre come vicepresidente un dalemiano come Alberto Frisullo, poi finito nella Bicamerale del sesso di Gianpi Tarantini, a mezzadria con Berlusconi. Ha appaltato al gruppo Marcegaglia l’intero ciclo dei rifiuti, gratificato da imbarazzanti elogi del Sole 24 Ore quando la signora Emma ne era l’editore. (…)
Ha stretto un patto col diavolo del San Raffaele, il famigerato e non compianto don Luigi Verzé, consegnandogli le chiavi di un nuovo ospedale a Taranto da centinaia di milioni. E si è genuflesso dinanzi al potere sconfinato della famiglia Riva, chiudendo un occhio o forse tutti e due sulle stragi dell’Ilva. Il fatto che, come ripete con troppa enfasi, non abbia mai preso un soldo daiRiva(…), non è un’attenuante, anzi un’aggravante. Non c’è una sola ragione plausibile che giustifichi il rapporto di complicità “pappa e ciccia” che emerge dalla telefonata pubblicata sul sito del Fatto fra lui e lo spicciafaccende-tuttofare dei Riva: quell’Archinà che tutti sapevano essere un grande corruttore di politici, giornalisti, funzionari, persino prelati. Un signore che non si faceva scrupoli di mettere le mani addosso ai pochi giornalisti non asserviti.
In quella telefonata gratuitamente volgare, fatta dal governatore per complimentarsi ridacchiando con il faccendiere della bravata contro il cronista importuno, non c’è nulla di istituzionale: nemmeno nel senso più deteriore del termine, nel più vieto luogo comune del politico scafato che deve tener conto dei poteri forti e delle esigenze occupazionali. C’è solo un rapporto ancillare e servile fra l’ex rivoluzionario che si è finalmente seduto a tavola e il potente che a tavola ha sempre seduto e spadroneggia nel vuotodellapolitica e dei controlli indipendenti, addomesticati a suon di mazzette.
(…) La telefonata con Archinà è peggio di qualunque avviso di garanzia, persino di un’eventuale condanna. Perché offende centinaia di migliaia di elettori che ci avevano creduto, migliaia di vittime dell’Ilva e i pochi politici che hanno pagato prezzi altissimi per combattere quel potere malavitoso. Perché cancella quello che di buono (capirai, in otto anni) è stato fatto in Puglia. Perché diffonde il qualunquismo del “sono tutti uguali”. Perché smaschera la doppia faccia di Nichi. Perché chi ha due facce non ce l’ha più, una faccia. Marco Travaglio, il fatto Quotidiano, 16 novembre 2013
E’ occasionale che alcune tra le più importanti strutture sanitarie private/accreditate siano al centro di vicende, anche giudiziarie, che rischiano (anche ingiustamente) di minarne la credibilità e l’efficienza? Può la sicurezza sui luoghi di lavoro sanitari influire sulla qualità delle prestazioni assistenziali? Ilsistema sanitario nazionale sta attraversando una fase in cui l’attacco al pubblico è affiancato da una operazione che getta schizzi di fango su un certo tipo di privato, a tutto vantaggio di un modello che guarda all’assicurazione privata di stampo statunitense.
L’attacco al mondo del lavoro nel sistema sanitario privato è risaputo. Oltre tutto, rispetto a quello che accade nel pubblico, ci sono lavoratrici assunte con la Bossi/Fini che hanno il permesso di soggiorno legato al contratto di lavoro e non "rischiano" il licenziamento per non rischiare di diventare clandestine, lavoratrici che hanno contratti all inclusive - appartamento - orario di lavoro - iper mansionamento, costrette a turni massacranti e orari inauditi. Ci sono operatrici delle ditte di pulizia iperflessibili, part-time, con orari spezzati fra mattino e pomeriggio (e 450 euro di stipendio). E questo nel pubblico succede di rado.
Ma c’è una dimensione particolare che andrebbe approfondita: la sicurezza suiluoghi di lavoro, che spesso non vuol dire solo sicurezza per gli/le operatori/ici ma troppo spesso anche per i malati. La vicenda è ancora poco chiara e merita di essere osservata più attentamente.
Quanto accaduto ad alcuni neonati al Policlinico Gemelli di Roma rischia di essere direttamente connesso alla non osservanza o non piena osservanza o non particolare osservanza delle norme a tutela dei lavoratori sui luoghi di lavoro?
A indagini aperte e prime iscrizioni sul registro degli indagati il condizionale non può mancare. Che interesse può avere un datore di lavoro a non tenere in giusta considerazione la tutela, in termini di salute, dei propri lavoratori? E comunque, se l’applicazione della tanto decantata L.626/94, oggi D.Lgs.81/08, che riassume in un unico Testo Unico tutte le facce del poliedrico concetto di sicurezza, se l’applicazione di queste avveniristiche e tanto invidiate leggi, come dicevamo, ha un prezzo, è possibile che si risparmi sulla sicurezza per contrarrela spesa? La risposta naturalmente è affermativa ma le motivazioni sono varie.
I protocolli di osservazione del personale sanitario (visite, esami del sangue, ecc.) sono cadenzati nel tempo e dipendono da alcuni fattori, non ultimo lo stato di salute del dipendente e la specifica valutazione del rischio al quale il dipendente è esposto per motivi di lavoro. E’ tacito che un lavoratore che opera in un reparto con pazienti affetti da malattie respiratorie (semplifichiamo) sarà "osservato/valutato" per il rischio diretto di contrarre malattie specifiche (come ad esempio la tbc) ed indiretto di trasmissione delle malattie a terzi (familiari, colleghi, pazienti). Quando lo stesso personale cambia servizio o reparto, cambiano i protocolli di osservazione/valutazione anche se di norma andrebbe considerato che alcune patologie eventualmente contratte nel precedente servizio o reparto dovranno essere controllate nel tempo, vista anche la specifica peculiarità di alcune malattie di, diciamo,positivizzarsi dopo periodi anche lunghi. In termini di spesa (l’unico metro che sembra interessare il sistema), per l’accertamento dello stato di salute di un infermiere che opera in un servizio neonatale ed ha operato precedentemente in una bronco-pneumologia (per non semplificare) questo corrisponde naturalmente ad un impegno economico maggiore (esami specifici per la neonatologia e per alcune malattie trasmissibili potenzialmente contratte in bronco-pneumologia). Tutto questo, naturalmente andrebbe protocollato, reso cioè fruibile da qualsiasi struttura (medico competente) tenuta ad osservare le procedure a garanzia della tutela dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Ma chi controlla i controllori?
Secondo aspetto: un infermiere non più idoneo a svolgere alcuni aspetti professionali (quando non addirittura tutti) deve essere disposto in altro servizio che non confligga con quello che ha determinato la non idoneità (parziale o totale, temporanea o perenne). Ad esempio, di norma, uninfermiere con un’ernia del disco deve essere disposto in un servizio dove non si debbano movimentare pazienti che pesano più di 20 Kg; ne consegue, spesso, che l’infermiere è disposto in un reparto di prima infanzia, cioè in una pediatria dove l’esiguo peso dei ricoverati non lo metta a rischio ulteriore di malattia. Purtroppo però spesso succede che quell’infermiere si ritrova in un turno con organico inferiore al dovuto (la carenza di personale, si ricordi, è conseguenza dei tagli) e invece di sollevare un solo bambino di 20 Kg, è costretto a mobilizzarne 4 o 5 in un’intera giornata di lavoro: la legge è garantita, la salute no!
E ancora, di fronte alla grave carenza di personale di assistenza, e non solo, ed in considerazione anche di modelli assistenziali che ne prevedono sempre un minor uso (il modello per intensità di cure) è facile che aumenti esponenzialmente il personale con "ridotte" capacità lavorative. Non dimentichiamoci che ad esempio l’età media degli infermieri,complice anche il blocco del turn over, cresce esponenzialmente di anno in anno. Se ne deduce che è estremamente facile, in una popolazione di infermieri con 45-50 anni di età e 20-25 anni di lavoro in corsia, individuare patologie "fisiologiche" che inesorabilmente rischiano di avviare quel personale verso compiti e mansioni "meno gravose" (ed economicamente meno vantaggiose visto che buona parte del salario è legato alla turnistica e a servizi particolarmente "pesanti"). Se ne deduce che osservare strenuamente i tempi previsti dalla norma per sottoporre a visita di controllo il personale rischia di aumentare i non idonei al servizio.
In ultimo, una considerazione: il soggetto che dispone, dopo un attento studio, le condizioni di idoneità ai compiti lavorativi di un infermiere è il medico competente, che spesso proprio in base alle valutazioni che esprime, rischia di disporre lavoratori/ici verso altri ambiti lavorativi depauperando il personale, non diversamente sostituibile, diservizi e reparti. Da chi dipende questo professionista? Dal datore di lavoro che nello specifico è il direttore generale. E nella brunettiana logica della meritocrazia quando verrà premiato questo dirigente, quando garantirà più infermieri in servizio nei reparti a turnare (magari non indagando più di tanto o per nulla) o quando ne disporrà a decine in servizi ambulatoriali con carichi di lavoro minori?(...)
Riesplode il caso dei 2 miliardi per la copertura dei ticket
“Senatrice Dirindin?” “Sì, chi parla?” “Sono Cesare Fassari di Quotidiano Sanità, volevo chiederle se lei sa qualcosa di preciso su dove siano stati inseriti i 2 miliardi di euro necessari per la copertura dei mancati incassi dei ticket bocciati dalla Corte Costituzionale e che sarebbero dovuti scattare nel 2014. Dalle nostre verifiche, nel testo e nelle tabelle della legge di stabilità, non ne abbiamo trovato traccia. Eppure i ministri Saccomanni e Lorenzin hanno assicurato che ci sono”.
Primadi svelare cosa ci ha risposto la senatrice del Pd, economista di lungo corso all’Università di Torino, con una lunga esperienza in sanità (è stata a capo della programmazione sanitaria del ministero della Salute negli anni ’90 e Assessore alla Sanità della Sardegna nella giunta Soru) è bene chiarire il perché di questa telefonata.
Come è noto dopo che la Corte Costituzionale, con sentenza del luglio 2012, ha dichiarato l’illegittimità dello strumento(un regolamento) con il quale il Governo, in base alla manovra di Tremonti del 2011, avrebbe dovuto introdurre nuovi ticket per un valore di 2 miliardi di euro a partire dal 1 gennaio 2014, è iniziato un tira e molla tra Governo e Regioni sul ri-finanziamento del Fondo sanitario 2014 che, in previsione di quei ticket, era stato diminuito di 2 miliardi.
“Ridateceli” hanno sempre chiesto le Regioni, ponendo l’incremento del fondo come condizione sine qua non per procedere alla firma del nuovo Patto per la Salute. Da allora è passatopiù di un anno ma di quei 2 miliardi non c’è ancora una traccia tangibile (ovvero chiara e scritta su qualche norma). Nemmeno nell’attuale legge di stabilità all’esame del Parlamento. Eppure sia il ministro Lorenzin che il ministro Saccomanni hanno dichiarato ufficialmente in audizioni parlamentari che la copertura c’è. Anzi il ministero della Salute si è spinto più in là annunciando in un comunicato stampa che il Fondo sanitario 2014 salirà a 109, 901miliardi, dai 107,9 attualmente previsti.
A sollevare il dubbio sull’esistenza “tangibile” dei 2 miliardi è stata anche la Cgil che, in una nota del 24 ottobre, sottolineava come, pur non dubitando “dell’impegno assunto dal Governo per evitare i nuovi ticket dal 2014 con il finanziamento dei 2 miliardi annui, serve certezza perché non risulta ancora tradotto in legge (nemmeno nelle tabelle allegate al Disegno di Legge, come pure era stato preannunciato dal ministero della Salute)".
Dopo quella nota del sindacato abbiamo anche noispulciato ben bene il ddl stabilità e le tabelle allegate. Aiutandoci anche con i dossier del Servizio Studi del Senato. Dei 2 miliardi e tanto meno dell’aumento del fondo sanitario 2014 non abbiamo trovato alcun riscontro.
Da qui la decisione di sentire Nerina Dirindin che, già in occasione dell’audizione del ministro Lorenzin in Senato lo scorso 22 ottobre, aveva posto il problema.
Allora senatrice Dirindin, lei li ha trovati quei 2miliardi?.
No. E insieme ai miei collaboratori li abbiamo cercati ovunque. Nell’attuale testo del ddl stabilità e nelle tabelle allegate non c’è un riferimento chiaro ai 2 miliardi di copertura per il mancato incasso dei ticket bocciati dalla Corte Costituzionale. E la cosa mi preoccupa molto.
Eppure il Governo ha assicurato che ci sono e anche le Regioni sembrano crederci…
Lo so bene. Ma con 2 miliardi di euro non si scherza. Valgono quanto la seconda rata dell’Imu. O ci sono o non ci sono. Per questo sto preparando un ordine del giorno conil quale chiederemo al Governo di ripristinare, in modo esplicito, il livello di finanziamento cui concorre lo Stato in modo da garantire la copertura del mancato introito derivante dall’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale. In sostanza il fondo sanitario 2014 deve salire a 109,9 miliardi, altrimenti resterà in vigore lo stanziamento di 107,9 miliardi della vecchia legge di stabilità e i conti, le Regioni, dovranno farlicon quella cifra non con i 109,9 miliardi promessi.
Ma come si spiega quanto sta accadendo? Da più parti si dice che alla fine il tutto sarà sistemato con alcuni aggiustamenti di bilancio tra varie poste di spesa.
Una cosa è far rientrare in bilancio qualche decina di milioni di euro, manovre del genere sono prassi in tutte le leggi di bilancio dello Stato, un’altra è aggiustare una posta che vale 2 miliardi di euro. Non penso sinceramente sia possibile. Quei soldi o ci sono o non ci sono.
Come mai le regioni non sembrano fare lo stessoragionamento?
Perché evidentemente, e di questo va dato atto del loro senso dello Stato, si fidano dell’impegno preso dal Governo, sostenendo che se non sarà rispettato salterà tutto. A partire dal prossimo Patto per la Salute. Va bene. Ma tuttavia non capisco perché tale impegno non debba tradursi in una tabella o in una riga nella legge di stabilità che lo sancisca senza equivoci.
Teme qualche sorpresa?
Sì. E la temo perché nonsarebbe la prima volta che, di fronte a una reale emergenza dei conti pubblici, alla fine anche i più sentiti impegni vengono elusi in nome della stabilità e del rispetto dei bilanci. Non vorrei, ad esempio, che, magari in sede di spending review o addirittura di Patto per la salute (che non ha competenze in materia di determinazione del fabbisogno sanitario da finanziare a carico dello Stato), venisse fuori che quei 2 miliardi in realtà non servono più perché assorbibili da nuove misure di risparmio del comparto sanitario. Intendiamoci. Se tali misurefossero realizzabili senza intaccare i livelli di assistenza, ben vengano. Ma mi chiedo, se è così perché non dichiararle alla luce del sole?  C.F. q.s. (...)
Scandalo Asl di Brindisi:per appalti truccati
Appalti col trucco, scattano le manette alla Asl di Brindisi a carico di cinque funzionari dell’azienda sanitaria e 17 imprenditori. Secondo la Procura sarebbero almeno 19 le gare truccate, rispetto a circa 60 bandi passati sotto la lente di ingrandimento della magistratura inquirente negli anni dal 2006 al 2012. Irregolarità a fronte delle quali sono scattate le ordinanze di custodia cautelare disposte dal tribunale dopo la richiesta dei pm. Ventitré, in tutto, i destinatari della misura: uno di loro però è morto nel corso delle indagini. Undici le persone in  carcere tra questi anche il consigliere comunale Antonio Ferrari nella sue veste di dipendente. In carcere: Vincenzo Corso, Giovanni Borromeo, Roberto Braga, Emilio Piliego, Antonio Ferrari,Vittorio Marra, Adolfo Rizzo, Cesarino Perrone, Antonio Camassa, Giuseppe Rossetti, Tommaso Vigneri. Mentre ai domiciliari sono finiti: Armando Mautarelli, Gianluca Pisani, Giovanni De Nuzzo, MauroDe Feudis, Claudio Annese, Cosimo Bagnato, Grazia Cito, Daniele Di Campi, Francesco Perrino, Salvatore Perrino, Ivo Grifoni. Un’altra persona è deceduta.
Sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, turbativa d’asta, falso in atti pubblici, corruzione, frode in pubbliche forniture, violazione del segreto d’ufficio.
A coordinare l’inchiesta il procuratore aggiunto Nicolangelo Ghizzardi e il pm Giuseppe De Nozza.
Fra i personaggi colpiti dal blitz eseguito dagli uomini della guardia di finanza ci sono anche i sette tecnici e imprenditori ai quali nei giorni scorsi è stato recapitato un avviso di garanzia per “concussione per induzione”, leggi pressioni sulla ditte appaltatrici per ottenere incarichi a favore di professionisti amici, e “richieste di denaro nongiustificate” dall’appalto per la fornitura di quattro Tac in altrettanti ospedali della provincia di Brindisi. Accuse a fronte delle quali furono disposte perquisizioni e sequestri di documenti, pc etelefonini all’indirizzo degli uffici amministrativi della Asl stessa, nonché nelle abitazioni dei professionisti destinatari dell’avviso di garanzia, a partire dal dirigente dell’area tecnica, l’ingegnere Vincenzo Corso.
La storia è quella sintetizzata nel decreto di sequestro del materiale probatorio, nel quale compare una parte offesa, destinataria delle presunte pressioni, e sette figure che in un modo o nell’altro quelle pressione le avrebbero esercitate. La prima è la società Toshiba medical systems srl, fornitrice di quattro Tac destinate ad altrettanti ospedali brindisini, che in un articolato esposto alla magistratura inquirente denuncia i fatti e scatena le indagini. La Toshiba ha in sostanza denunciato di avere ricevuto pressioni perché fossero nominati un architetto confunzione di direttore dei lavori e un ingegnere nel ruolo di coordinatore per la sicurezza, “i professionisti avanzavano richieste di denaro fuori appalto, non giustificate né dovute in base aldisciplinare di gara che, invece, prevedeva una somma omnicomprensiva da corrispondersi all’impresa aggiudicataria all’esito dell’appalto ricomprese anche le spese relative ai compensi dei professionisti” si legge nell’avviso di garanzia.
Di più. “Dalle indagini espletate è emerso altresì che i citati professionisti si rifiutano di perfezionare il collaudo tecnico-amministrativo relativo all’appalto, nonostante le Tac siano già in uso e funzionanti fino a che il Raggruppamento temporaneo di imprese non avrà soddisfatto le loro pretese.  Di tale atteggiamento
i funzionari pubblici Vincenzo Corso (dirigente dell’area tecnica della Asl) e Pisani (uno stretto collaboratore) risultano informati, anzi i citati professionisti sono considerati particolarmente vicini alla amministrazioneappaltante”. L’ultimo passaggio dell’avviso di garanzia, mazzette o non mazzette, è quello più inquietante: “Si noti in proposito che le opere e i macchinari appaltati sono da tempo funzionanti”, aquanto pare senza collaudo.(...)                                                                                                  Asl Brindisi, nella maxi inchiesta coinvolti anche Tedesco e Cosentino
La Asl di Brindisi era il ventre grasso dal quale attingevano tutti, politici, funzionari,uomini delle istituzioni, assessori e consiglieri regionali e comunali, medici e naturalmente imprenditori. Nomi e cognomi eccellenti, per un totale di 133 indagati - molti dei quali destinati all’archiviazione - svelati nelle oltre 7mila pagine di informative scritte a quattro mani dai carabinieri del Nas di Taranto e dai finanzieri di Brindisi nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti col trucco che il 29 ottobre ha fatto finire in manette 22 indagati fra funzionari della stessa Asl e imprenditori entrati nel cerchio magico del direttore dell’area tecnica Vincenzo Corso. Nomi tra i quali spiccano quello dell’ex assessore regionale alla Sanità Alberto Tedesco, che secondo le accuse aveva esteso il metodo collaudato in seno alla Asl barese anche a Brindisi, corrompendo funzionari e medici compiacenti con mazzette e viaggi relax pur di dare una sbirciatina ai bandi di gara, guadagnandosi il via libera per apportare di suo pugno le modifiche necessarie affinché ad accaparrarsi l’appaltodi turno fossero le aziende di famiglia. Magheggi che secondo l’accusa sarebbero stati messi a segno con la presunta complicità della figlia Cristina Tedesco ma anche di "Lady Asl", Lea Cosentino, disposta a distogliere lo sguardo sugli illeciti consumati a due mani pur di ottenere la nomina "di direttore generale della Asl di Bari ratificata da Alberto Tedesco".
Se Tedesco, secondo l’accusa, faceva affari d’oro, i politici non se la passavano peggio, facendo pressing a loro volta per l’assunzione di persone da loro indicate nelle ditte favorite dal direttore dell’area tecnica dell’azienda sanitaria brindisina Vincenzo Corso. Nel cerchio magico di Corso, sempre stando alle accuse ancora tutte da dimostrare, c’erano anche i consiglieri regionali Pino Romano e Vincenzo Cappellini del Pd; il consigliere regionale (ex Udc) Euprepio Curto; l’ex assessore comunale di Brindisi Cosimo Elmo; Ermanno Pierri, ex presidente del consiglio comunale di Brindisi oltre che assessore ai Lavoripubblici ai tempi della giunta Antonino; il dirigente delle Ferrovie appulo-lucane Carmine Dipietrangelo; il medico e assessore comunale brindisino Salvatore Brigante, già candidato sindaco. Ma anche dirigenti con funzioni apicali all’interno della Asl di Brindisi come gli ex direttori generali Guido Scoditti, Rodolfo Rollo, Ada Putignano (area gestione patrimonio della Asl), o il medico oculista Domenico Cassano.
TEDESCO E LADY ASL. I reati a carico dei colletti bianchi, a vario titolo, sono quelli di turbativa d’asta, abuso d’ufficio, falsi in atto pubblico, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio. Fra le accuse che pesano ci sono quelle a carico dell’ex assessore alla Sanità. In sostanza Tedesco "avvalendosi dell’attività di suoi stretti collaboratori e dei pubblici funzionari infedeli", scrivono gli investigatori, "si assicurava illecitamente le forniture di lentine intraoculari commercializzate dalla Aesse hospital (di cui era stato amministratore, Ndr) e prodotte dallaBausch & Lomb, si procurava in anticipo notizie sui pubblicandi bandi di gara, servendosi in tal modo di notizie riservate in merito ai tempi e ai modi di aggiudicazione, e al fine di scongiurare la concorrenza, apportava le necessarie modifiche ai documenti di gara, che consegnava ai suddetti pubblici funzionari, per il conseguimento e l’aggiudicazione della gara stessa, promettendo e riconoscendo loro in cambio della consapevole compartecipazione, anche vantaggi di natura patrimoniale (denaro, incarichi pubblici, assunzione di personale e simili)". In cambio di viaggi relax e altri benefit, Tedesco poteva contare sul medico oculista Domenico Cassano, primario al Perrino e promosso responsabile del Day surgery di Fasano.
CONSIGLIERI E POLITICI. I politici sarebbero entrati nell’affaire favorendo a loro volta le imprese amiche, affinché riuscissero ad accaparrarsi appalti milionari come quello dei gas medicali, pretendendo in cambio l’assunzione di persone da loro segnalate.Quello descritto come "metodo Tedesco", cioè servirsi dei funzionari infedeli per le anticipazioni sugli appalti, era il sistema applicato dall’imprenditore Vittorio Marra, che per mezzo di Carmine Dipietrangelo (descritto come "dipendente occulto" di Marra) che avrebbe agito in concorso con l’ex direttore amministrativo Alfredo Rampino e Vincenzo Corso, predisponeva "i documenti di gara prodromici alla aggiudicazione dei relativi appalti pubblici della Asl, sfruttando a tal fine anche gli incarichi politici ricoperti in seno al Partito democratico". Identica accusa a carico dell’ex consigliere regionale della Margherita Vincenzo Cappellini.
IL CASO CURTO. Ai consiglieri regionali con le mani più o meno in pasta gli investigatori dedicano un intero capitolo. Del francavillese Euprepio Curto, all’epoca nell’Udc, si dice per esempio che fosse "in contatto assiduo con Corso". "Tali colloqui (non solo quelli aventi Curto per protagonista, ndr) hanno quale tema comune la richiesta diassunzioni clientelari che risulteranno strumentali ad un allargamento del suo consenso politico all’interno del consesso comunale di cui fa parte come capogruppo", si legge nelle pagine della monumentale informativa. Curto si prodiga affinché venga assunta la cognata di un consigliere comunale della sua città nella Manutencoop, una delle ditte baciate da Corso. Un posticino a tempo determinato, altro Curto non può promettere, fino a quando l’acerrimo avversario di sempre, l’ex onorevole Luigi Vitali (estraneo all’inchiesta), non tenta di soffiargli la "cliente", offrendo alla signora un posto a tempo indeterminato di modo che il consigliere-parente
passi dall’Udc al Pdl.
LA SANITÀ È COSA LORO. Così facevano tutti: "... sto parlando dei consiglieri regionali che pensano tutti quanti che la sanità sia cosa loro", a parlare è l’ex assessore regionale ai Lavori pubblici della Regione Puglia Fabiano Amati (del tutto estraneo all’inchiesta), in un colloquio telefonico con Rollo,"tienili fuori, tienili fuori tutti dalla cucina...". Sonia Gioia,repubblica (...)                                                  
’I cittadini e i lavoratori non possono pagare le disfunzioni della ASL FG’
“Quella della Sepi di Canosa è una vicenda tutta italiana, la società canosina, che gestiva il servizio di informatizzazione della ASL foggiana, circa due anni fa perse l’appalto, perché l’ASL attraverso un bando pubblico affidò il servizio alla G.P.I. di Trento. Da allora la Sepi ha impugnato l’esito della gara davanti ai giudici e sta chiedendo risarcimenti per diversi milioni di euro alla ASL, ormai le vicende giudiziarie sono arrivate al Consiglio di Stato che sta per emettere la sentenza definitiva.
Però, solo in questi giorni la Sepi ha licenziato i lavoratori addetti ai servizi dell’ ASL foggiana, i quali per il vincolo sociale previsto nel bando di gara sono stati assunti dalla G.I.P. di Trento, questo passaggio ha causato una serie di disservizi ai danni dei cittadini che per oltre una settimana si sono recati agli sportelli dei vari Cup senza poter prenotare le visite o le diagnosi di cui avevano bisogno, attualmente il servizio Cupcontinua a funzionare poco e male.
Inoltre, la Sepi per creare ulteriori difficoltà all’azienda sanitaria, non ha licenziato i 14 dipendenti dei centri di elaborazione dati, la risposta dell’ASL a questo ulteriore atteggiamento ostativo è stato quello di chiudere l’accesso ai locali ai suddetti lavoratori. Risultato, i dati necessari per far andare avanti l’azienda sono bloccati. Tutto ciò pone due questioni . La prima, questa vicenda dimostra che i direttori delle ASL che avevano esternalizzato uno degli ‘asset’ strategici della direzionegenerale, mettendoli nelle mani di privati avevano sbagliato e che si continua a sbagliare anche con questo ultimo appalto. La seconda è che il blocco dei dati mette in discussione gli stipendi dei circa 4000 dipendenti della ASL, situazione che non deve essere sottovalutata o risolta in modo burocratico, come si sente dire in questi giorni, infatti, pare che sarebbero pagati solo gli stipendi base senza i dovuti accessori. Se la notizia checircola nelle corsie degli ospedali risultasse vera, si consumerebbe un inaudito sopruso nei confronti dei dipendenti, molti dei quali, monoreddito, non sarebbero in grado di affrontare le spese familiari. Per questo chiedo al direttore Manfrini di assumersi le proprie responsabilità e di pagare tutti gli stipendi per intero così come è avvenuto nel mese di ottobre e di operare su questi i dovuti conguagli”.Dino Marino (...)
Sanità e inchieste: ’Malaffare frutto di pessimagovernance’                           "Le notizie relative alle inchieste giudiziarie sulla sanità pugliese - ultima quella sulla Asl di Brindisi - che coinvolgono a vario titolo esponenti politici, amministrativi ed imprenditoriali, fanno emergere purtroppo con chiarezza l’inadeguatezza delle politiche di governance del settore che patisce l’assenza di elementi decisivi perché gli interventi pubblici si rivelino efficaci. Stabilità, continuità e regolarità sono le caratteristiche dirimenti per una buona politica di governance che i governi Vendola non hanno saputo o voluto imprimere al sistema che è stato lasciato andare colpevolmente alla deriva, soprattutto etica.
Il controllo, che pure non c’è stato e quando vi è stato, si è rivelato molto debole, ancorché necessario non è, però, sufficiente ad evitare distorsioni del sistema. La questione èun’altra, più profonda: il grande ammalato della sanità pugliese è proprio l’etica. Vendola – che ne ha fatto spesso il suo cavallo dibattaglia nella teoria – non è riuscito a trasformarla in fatti nella pratica di governo, producendo un’azione amministrativa inefficiente e inefficace.
D’altronde, la storia stessa di vorticosi avvicendamenti proprio alla guida di un settore nevralgico per il diritto dei cittadini alla cura, all’assistenza e alla prevenzione, un settore che dovrebbe, per la sua peculiarità, più d’ogni altro forse essere messo al riparo da speculazioni e malaffare, fotografa una realtà dolorosa e amara.
Ci auguriamo che questa stagione fatta di spot e propaganda che ha ormai compromesso le fondamenta del sistema sanitario sia archiviata al più presto”.
Lo dichiara in una nota il consigliere regionale e componente della Commissione consiliare della Sanità, Giammarco Surico (...)
Lotta alla corruzione: Assessore Gentile convoca direttori generaliaziende sanitarie
L’assessore alle Politiche della Salute, Elena Gentile, ha convocato per lunedì 18 novembre, alle ore 15.00, presso la nuova sede regionale di via Gentile 52 (Bari Japigia - ingresso da via Zuccararo) un incontro con i direttori generali di Asl, aziende ospedaliere e Irccs pubblici per approfondire “alla luce degli ultimi accadimenti e delle numerose segnalazioni in merito” l’attuazione del decreto legislativo in materia di “trasparenza” e della delibera di giunta su “linee guida in materia di pubblicità e trasparenza degli atti e delle aziende ed enti del servizio sanitario reigionale”. Inoltre si discuterà della legge “anti corruzione” e dell’attuazione del decreto legislativo in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi presso le Pubbliche amministrazioni. (...)
Trasparenza e rotazione personale: Gentile incontro con dirigenti asl
L’assessore regionale alle Politiche della Salute, Elena Gentile, ha partecipatooggi a una riunione per fare il punto sulle modalità di pubblicazione sui siti web delle aziende sanitarie della documentazione, così come previsto dalla legge sulla trasparenza.
E’ stato fatto anche il punto sulla nomina dei responsabili anticorruzione e sulle questioni relative alle incompatibilità negli incarichi delle Asl.
“Abbiamo chiesto – ha spiegato l’assessore Gentile – ai responsabili delle Asl, delle aziende ospedaliere e degli Irccs pubblici di mettere l’acceleratore sulla pubblicazione dei siti web di tutte le delibere, atti, gare, bandi, appalti. Insomma, vogliamo che tutto sia accessibile e lo sia al più presto. Non vogliamo che il materiale sia disponibile per pochi giorni: come dice la legge, deve essere pubblicato per almeno 5 anni. E deve essere disponibile tutto: non solo frontespizi o sommari, con facilità e fruibilità”.
“Faremo verifichepuntuali e a campione per verificare quanto richiesto ai responsabili delle Asl”.
In conclusione della riunione laGentile ha chiesto alla dirigenza Asl anche di dar via alla rotazione del personale in servizio presso tutti gli uffici amministrativi delle Asl. “E’ bene che il personale ruoti in tutti gli uffici, in modo da evitare che qualcuno possa restare per troppo tempo in un settore”.
Lonigro: “Sono molto soddisfatto  per la presa di posizione dell’assessore alla salute, Elena Gentile, sulle modalità di pubblicazione sui siti web degli atti di ASL e aziende ospedaliere.
È una risposta indiretta allamia interrogazione presentata a maggio, nella quale chiedevo al presidente della Giunta regionale e alla stessa Elena Gentile di conoscere i motivi che inducono i vertici dell’azienda ospedaliera OO.RR. di Foggia a non rendere accessibili molte delibere e determine dirigenziali. Seppure pubblicate sul sito web, risultano però bloccate da un lucchetto virtuale.
Nell’interrogazione chiesi, altresì, un loro intervento per far cessare tale comportamento inadeguato, chenon consente ai consiglieri regionali di svolgere il proprio ruolo istituzionale di controllo sull’attività amministrativa degli enti.
Nella riunione tenutasi appena qualche giorno fa, l’assessore ha chiesto infatti ai responsabili di ASL, aziende ospedaliere e Irccs pubblici – continua il presidente Lonigro –di pubblicare per almeno 5 anni tutti i documenti (delibere, determine, atti, gare d’appalto ecc), chiedendo peraltro la pubblicazione integrale dei contenuti.
Sarò vigile, affinché la trasparenzaamministrativa, da sempre voluta dall’Amministrazione Vendola prosegua e venga rafforzata, perché sono convinto assertore che essa rappresenta un principio fondamentale della nostra democrazia. Per questi motivi, la trasparenza amministrativa va tutelata, consolidata e, quando è necessario, perfino imposta”, conclude Lonigro. (...)
Sanitaservice: intervenga la Corte dei Conti
Il segretario generale dell’Usppi, Nicola Brescia, invita il direttore generaledell’Asl, Domenico Colasanto, nella sua qualità di socio unico, a far applicare la legge nei confronti della società in house Sanitaservice.
Infatti, alla luce del decreto sugli obiettivi di razionalizzazione nella pubblica amministrazione, approvato in via definitiva e in vigore dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, a far data dal 30 ottobre scorso, al dr. Francesco De Nicolo, dirigente Asl in pensione, e attuale amministratore unico della Sanitaservice, deve essere applicata la sospensione del trattamento pensionistico. O, in alternativa, deve dimettersi dalla funzione di manager della società in house di cui è incompatibile.
La norma non lascia spazio ad alcun dubbio. L’art. 3, co. 7 ter della Legge 125/2013 entrata in vigore il 30 ottobre scorso, prevede che i "dirigenti delle societa’ controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni oenti pubblici, ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari di cui al comma 7-bis, che alla data di entratain vigore della legge di conversione del presente decreto risultino titolari di trattamento pensionistico di vecchiaia ovvero di anzianita’, la cui erogazione sia stata gia’ disposta, cessano il proprio rapporto di lavoro improrogabilmente al 31 dicembre 2013, qualora le stesse societa’ abbiano chiuso l’ultimo esercizio in perdita. ...In caso di societa’ con esercizio in avanzo, ai dirigenti titolari di trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianita’, il trattamento medesimo e’ sospeso per tutta la durata dell’incarico dirigenziale».
"Invitiamo il manager Colasanto e gli organi regionali a rimuovere tale situazione di illegittimità. Da oltre un anno - precisa Brescia - ci stiamo battendo affinchè i dipendenti della società in house vedano riconosciuti i propri diritti. Invece il neo amministratore, De Nicolo, che già percepisce una pensione d’oro cui aggiungegli 80mila euro annui della indennità riconosciuta dalla Asl di Bari, persevera nel suo comportamento arrogante eirrispettoso dei lavoratori cui non riconosce un orario maggiore. In attesa che si faccia luce su alcuni comportamenti ritenuti da questo sindacato illegittimi, chiediamo che l’Asl faccia rispettare la legge. L’Usppi - conclude Brescia - invierà anche un esposto alla competente direzione regionale dell’Inps per esercitare i dovuti controlli e presenterà un esposto alla Procura regionale della Corte dei Conti". (...)
Nas chiudono strutture disabili in tutta Italia
I carabinieri del Nas hanno chiuso 18 strutture per disabili e anziani, al termine di un maxicontrollo in tutta Italia per verificare le autorizzazioni ed il rispetto dei requisiti igienico-sanitari. In alcuni casi i militari hanno rinvenuto farmaci e cibi scaduti.
La task force istituita dal ministro Lorenzin ha segnalato 102 persone all’autorità giudiziaria e 174 a quella sanitaria, oltre ad aver accertato 174 violazioni penali e 251 amministrative.
Tre anziani ospitati in una Comunità dialloggio per anziani a Roma erano stati alloggiati in un seminterrato fatiscente, privo di abitabilità ed in pessime condizioni di manutenzione. la struttura è stata chiusa dai carabinieri del Nas durante la maxioperazione condotta in 1.000 strutture per disabili ed anziani in tutta Italia.
I tre anziani, in esubero rispetto alla capacità ricettiva della struttura, erano stipati in un seminterrato con pareti invase dall’umidità e con l’intonaco cadente.I carabinieri hanno trovato anche una donna allettata in evidente stato di disidratazione.
Per questo è stato avvertito il 118 che ha disposto il ricovero ospedaliero dell’anziana. Nell’ambito dell’ispezione, in un frigocongelatore a pozzetto, sono stati rinvenuti e sequestrati alimenti congelati (petti di pollo e spezzatino di vitella) privi di ogni documentazione nonché in cattivo stato di conservazione ed insudiciati perché privi di involucro protettivo. Il titolare della struttura è stato denunciato.










   
 



 
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