Italia sulla combustione di CSS nei cementifici
 











ISDE  Italia  ribadisce  la  propria  netta  contrarietà  a  provvedimenti  legislativi  che  semplifichino  le procedure per la combustione di rifiuti (in particolare CSS, combustibile solido secondario), nei cementifici del nostro Paese. 
L’intenzione, da parte del Governo, di voler  riproporre questa cattiva pratica  (bocciata nella precedente
legislatura,  in  seguito  ad  approfondimenti,  dalla  Commissione Ambiente  della  Camera)  è  contraria  alle  più recenti  direttive  del  Parlamento  e  della  Commissione  Europea,  che  chiedono  invece  agli  Stati  membri  il completo  abbandono  del  ricorso  all’incenerimento  nel  prossimo  decennio,  favorendo  il  recupero spinto  di materia. L’Italia, che è il Paese Europeo con  il maggior numero di cementifici, diventerebbe lo Stato Europeo con la maggiore capacità di incenerimento, potendo contare su circa 120 impianti (tra inceneritori e cementifici) da  utilizzare  per  la  combustione  di  rifiuti,  con  tutte  le  conseguenze  sanitarie  e  ambientali  che  questo comporterebbe.
Bruciare rifiuti nei cementifici (pratica economicamente vantaggiosa solo per i gestori di questi impianti e per  i produttori di CSS) non  ridurrebbe  in maniera utile  le  loro elevatissime emissioni  inquinanti:  la modesta riduzione che si otterrebbemediante sostituzione dei combustibili  fossili con  rifiuti, sarebbe abbondantemente compensata da incrementi anche minimi della capacità produttiva, con incrementi importanti delle emissioni di microinquinanti persistenti nell’ambiente,bioaccumulabili e  tossici per la salute umana,quali metalli pesanti e diossine.
Il  cemento  prodotto,  inoltre,  ingloberebbe  le  ceneri  tossiche  prodotte  dalla  combustione  dei  rifiuti, incrementando il rischio professionale e sanitario legato al suo utilizzo.
Sarebbe  molto  più  utile,  in  termini  di  sostenibilità,  se  il  Governo  prendesse  in  considerazione  per  i cementifici  il divieto di utilizzo di alcuni combustibili altamente  inquinanti (ad es.  ilpet-coke) e  l’imposizione di miglioramenti  tecnologici  e  di  limiti  produttivi  ed  emissivi  in  grado  di  garantire  la  tutela  dell’ambiente  e della  salute  pubblica  ai  residenti  nelle  vicinanze  di  questi  impianti,molto  spesso  inseriti  in  pieno  contesto urbano con gravi conseguenze sanitarie.









   
 



 
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