Falda avvelenata, condannato Semeraro - L’ex patron dell’Us Lecce, Giovanni Semeraro, è stato condannato per l’avvelenamento da idrocarburi di una falda acquifera nella zona nord della città di Lecce. La pena inflitta dal giudice Silvia Minerva all’imprenditore è di 2 anni e 6 mesi, sospesa a condizione che i 20.000 ettari di terreno vengano subito bonificati. Ma la vicenda Apisem (dal nome del distributore di carburanti che avrebbe causato l’inquinamento) potrebbe presto mietere altre vittime. Nel dispositivo, infatti, il giudice dispone l’invio degli atti del procedimento alla Procura affinché sia valutata la posizione del sindaco di Lecce (in carica nell’ultimo quindicennio) e del dirigente dell’Ufficio ambiente del Comune, nonché del dirigente dell’ufficio Gestione rifiuti della Regione e del funzionario regionale responsabile del procedimento che avrebbe dovuto portare alla bonifica dell’intera area compresa tra via Vecchia Surbo e via Taranto,a ridosso del cimitero. Con la presunta omissione di atti d’ufficio di cui potrebbero essersi macchiati, gli amministratori - secondo il magistrato - avrebbero agevolato l’avvelenamento dell’acqua di cui Semeraro è stato riconosciuto colpevole. La storia dell’ex Apisem e della sua mancata bonifica, infatti, si perde nei decenni e in un intreccio di responsabilità e di pastoie burocratiche che potrebbero esser scadute nell’illecito penale. Di quei reati è stato chiamato per primo a rispondere l’ex patron giallorosso, che - per il procuratore aggiunto Ennio Cillo - avrebbe "coscientemente" avvelenato la falda acquifera non avendo cura di far rimuovere dai terreni nei pressi dell’ex distributore, dismesso nel 1997, i resti di idrocarburi. Non è infatti un caso che Semeraro, già protagonista di un procedimento penale avviato molti anni fa, fu nuovamente indagato nel 2011, quando la Procura dispose il sequestro di una vasta areache coinvolgeva parte del cantiere Studium 2000, su cui l’Universita del Salento stava costruendo il polo umanistico. I campionamenti effettuati due anni fa dall’Arpa e poi confermati dalle successive analisi, tradotte nella corposa relazione del chimico Mauro Sanna e del geologo Bruno Grego, evidenziarono l’incompletezza della bonifica e il rischio che l’inquinamento si propagasse ad altre aree. All’esito della nuova indagine, i due procedimenti giudiziari di a carico dell’imprenditore furono riuniti, poiché la pubblica accusa ritenne che la seconda imputazione fosse direttamente collegata alla prima. A sostegno delle ipotesi accusatorie furono portate le consulenze dalle quali emergeva l’elevato livello di inquinamento della zona, con particolare riferimento alla falda, nella quale - ha chiarito in aula il procuratore Cillo - è stata riscontrata "la presenza di alcune sostanze inquinanti 27 volte superiore a quella consentita in aree industriali e ben 500 voltesuperiore a quella prevista in zone residenziali". Dati contestati dai consulenti tecnici di Semeraro, i cui difensori hanno cercato di smontare l’accusa pezzo dopo pezzo, senza ottenere però ragione dal giudice Silvia Minerva, che ha ritenuto l’imputato responsabile di avvelenamento e omessa bonifica, assolvendolo per una mancata comunicazione relativa allo stato di contaminazione del sito. La sospensione della pena è stata condizionata alla "pulizia" dei terreni di proprietà del Comune, dell’Università, della famiglia Fiorentino e dello stesso Semeraro, mentre provvisionali (da 5.000 a 100.000 euro) sono state liquidate alle parti civili, ovvero Fiorentino, Regione, Universtà, Legambiente e Codacons. La cifra più consistente, in attesa di un risarcimento da stabilire in separata sede, è stata liquidata a Sergio Fiorentino, proprietario di un’abitazione vicino l’ex Apisem, che per primo ha lanciato l’allarme sull’inquinamento di suolo e acque. Il liquido marrone che usciva dairubinetti di casa sua lo ha portato a condurre una lunga battaglia, che ha trovato nella sentenza una prima, piccola, vittoria, legata soprattutto alla imposizione di bonifica, attesa da anni e che presto potrebbe finalmente diventare realtà.Chiara Spagnolo,repubblica Rifiuti pericolosi, dalla Camera gli atti bicamerali d’inchiesta - Dichiarazioni e atti dell’audizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone davanti alla bicamerale d’inchiesta sui rifiuti, il 7 ottobre 1997, sono stati "a suo tempo portati a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria dalla Commissione allora operante". Lo assicura il presidente della Camera Laura Boldrini al presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Introna, nella risposta alla richiesta di informazioni e documenti rivolta da via Capruzzi alle Camere. Oggetto, in particolare: le attività illecite nella regione Puglia, con l’eventuale trasporto clandestino e occultamento di "spazzature" speciali, scorie e residuiinquinanti, tossici e nocivi. Nei primi di novembre, Introna aveva chiesto ai presidenti di Senato e Camera riscontri ufficiali alle affermazioni del pentito Schiavone su una potenziale attività criminale nel territorio pugliese, contenute negli atti desecretati della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti. Obiettivo del Consiglio regionale "è evidentemente fare chiarezza", affermava il presidente. "La comunità pugliese ha il diritto di conoscere a quali rischi sia stato e sia tuttora esposto il territorio pugliese o parti di esso, anche per la tempestiva bonifica delle aree interessate, qualora risultino confermate le notizie preoccupanti". La presidente Boldrini ha fornito ad Introna, che li ha messi a disposizione della Giunta e del Consiglio (Ufficio di presidenza, capigruppo e commissione ambiente) l’indice analitico in rete delle attività relative alla Regione Puglia e i resoconti stenografici del sopralluogo in Puglia della bicamerale, nel novembre 1995. Ha inoltreconfermato di aver "recentemente disposto, sentito l’Ufficio di Presidenza della Camera e acquisito il parere favorevole dell’autorità giudiziaria, la declassificazione e diffusione in rete" dei materiali. Rifiuti e sacchetti in strada, a Parma è scontro sulla differenziata di Pizzarotti - Sacchetti della spazzatura abbandonati in strada di fianco ai bidoni che straripano, strade costellate dall’immondizia che sparisce solo nelle tarde ore della mattinata. Mentre l’inceneritore di Ugozzolo brucia rifiuti da fine agosto, a Parma l’amministrazione Cinque stelle di Federico Pizzarotti sta estendendo la raccolta differenziata porta a porta a tutta la città, non senza inciampi. Per ora le conseguenze più tangibili nei quartieri in cui è arrivato il nuovo sistema sono le montagne di spazzatura abbandonate di fianco ai pochi cassonetti rimasti, trasformati in micro discariche a cielo aperto da chi, per non sottostare alle nuove regole della differenziata “spinta”, inveceche esporre i vari sacchetti per il riciclo di fronte al proprio civico, preferisce trasportarli direttamente in auto negli isolati vicini. Una “guerra” dell’immondizia che ha scatenato non poche polemiche a Parma, con i cittadini sempre più agguerriti contro il porta a porta. La colpa però, secondo l’amministrazione Cinque stelle, non è da individuare nel nuovo sistema di raccolta o in Iren, la multiutility che ha in gestione inceneritore e raccolta dei rifiuti, ma nei cittadini. “Si abbandonano rifiuti anche a fianco dei cassonetti, che presto spariranno, sintomo di un problema sociale di inciviltà, non di raccolta” ha commentato il sindaco Federico Pizzarotti sui social network di fronte a una delle tante segnalazioni di rifiuti abbandonati in città. La raccolta differenziata porta a porta era stata introdotta in origine dall’ ex sindaco Pietro Vignali come esperimento in uno dei tredici quartieri di Parma. In un anno e mezzo di governo Pizzarotti è riuscito ad estenderla adaltri sei ed entro la fine di giugno 2014 arriverà anche alle frazioni alle porte della città. Ma il percorso non sembra affatto in discesa, tanto che per risolvere il problema del degrado e del decoro urbano dovuto al nuovo sistema di raccolta, in alcuni quartieri il Comune ha dovuto istituire un tavolo di controllo permanente congiunto insieme a Iren, polizia municipale, agenti ambientali e settori Abusi e Ambiente. L’obiettivo è sensibilizzare la cittadinanza, ma anche punire con sanzioni chi trasgredisce portando i rifiuti nei quartieri vicini, dove non è ancora in vigore il porta a porta. “Batteremo maggiormente sull’informazione – ha affermato l’assessore all’Ambiente Gabriele Folli – stiamo pensando anche ad una vera e propria campagna di responsabilizzazione dei cittadini, ma ci saranno anche sanzioni certe per chi non sa rispettare le regole”. Gli agenti, in quartieri centrali come l’Oltretorrente, hanno già colto in flagranza numerosi trasgressori e per questo il tavolo dicontrollo sarà esportato anche nelle altre zone problematiche. L’assessore però rassicura sulla situazione: “Non è il massimo abbandonare i sacchetti di fianco ai cassonetti e il fenomeno della gente che va in giro per lasciare i rifiuti fuori dal quartiere deve finire – ha spiegato – ma si tratta di una fase di assestamento che si era verificata anche nelle prime zone della città in cui era arrivato il porta a porta, e che ora si sono normalizzate”. Per aumentare il livello di responsabilità nei cittadini, l’amministrazione per alcuni punti della città più delicati sta pensando anche all’installazione di telecamere o a incrementare le modalità di raccolta in modo da liberare più velocemente le strade dai rifiuti, anche se le criticità maggiori sono i soldi. “Per fare una raccolta puntuale servono più risorse e con la Tares non ci sentiamo di gravare di altri costi sui cittadini – ha chiarito Folli – è una valutazione che faremo l’anno prossimo, per ora non pretendiamo che ilsistema sia perfetto”. I disagi per i cittadini però continuano. Vero è che la raccolta differenziata dall’arrivo dei Cinque stelle è aumentata di 7 punti percentuali, passando dal 48 per cento al 55 per cento in ottobre, e che di questo passo l’obiettivo di raggiungere il 70 per cento entro il 2015 sembra più che certo. Ma è anche vero che, a fronte di tanti sacrifici per adeguarsi al nuovo sistema, la cittadinanza per ora non ha avuto benefici concreti. La tariffazione puntuale, calibrata in base alla raccolta di ogni cittadino, sarà applicata solo quando il porta a porta sarà esteso a tutta la città, quindi circa tra un anno, anche se la differenziata spinta fornisce già maggiori ricavi per materiale riciclato rispetto a prima. E come se non bastasse, l’inceneritore è stato acceso, nonostante la contrarietà dei Cinque stelle e nonostante i rifiuti da bruciare diminuiscano progressivamente con l’aumento della differenziata. Per questo la proposta dell’amministrazione ora, in vistadell’approvazione del piano regionale dei rifiuti, sarà quella di premiare chi fa raccolta spinta con lo spegnimento degli impianti di combustione come quello di Ugozzolo. Anche perché, se si continua su questa strada, i rifiuti dalla provincia non basteranno più a far funzionare il forno e il rischio è quello che a Parma bruci anche immondizia proveniente da altre province, o peggio dalle altre regioni d’Italia. “Oggi si va verso la dismissione degli inceneritori e nella nostra regione non ci sono abbastanza rifiuti per tutti gli impianti che abbiamo, se ne dovranno spegnere cinque o sei – ha spiegato Folli – La nostra proposta è che vengano privilegiati i territori in cui si raggiungono alte performance di recupero, come potrebbe essere quello di Parma”.Silvia Bia |lfatto, 29 novembre 2013
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