Raul Castro proclama America Latina e Caraibi "zona di pace" libera da armi nucleari
 











America Latina e Caraibi sono stati proclamati "Zona di pace", libera da armi nucleari, al termine del secondo vertice della Comunità dell’America Latina e dei Caraibi (Celac) riunito in questi giorni all’Avana. “Consapevoli che la pace è il bene più alto e desiderio legittimo di tutti i popoli e che la sua conservazione è un elemento sostanziale dello sviluppo e dell’integrazione dell’America Latina e dei Caraibi, proclamo solennemente questa, una zona di pace” ha detto il presidente cubano Raul Castro, davanti ai rappresentanti dei 33 paesi dell’organizzazione che hanno rinunciato congiuntamente a ricorrere all’uso della forza per risolvere i conflitti transfrontalieri. La proclamazione costituisce l’accordo di maggior valore simbolico adottato dalla Celac, che comprende tutti i paesi delle Americhe ad eccezione degli Stati Uniti e del Canada. I paesi membri dell’organizzazione hanno quindi preso un impegno permanente ad una soluzione pacificadelle controversie, per eliminare per sempre l’uso e la minaccia della forza nella regione, ha detto Castro, presidente di turno della Celac. Tra i 30 capi di Stato e di governo presenti, anche i presidenti del Cile, Sebastian Piñera e del Perù, Ollanta Humala, incontratisi per la prima volta dopo il verdetto della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia che, il 27 gennaio, ha accolto le istanze di Lima modificando in suo favore la frontiera marittima tra i due paesi. Secondo l’agenzia Misna il vertice si è concluso con un bilancio molto positivo per Cuba che appunto quest’anno era il Paese ospitante. C’è stato un solido appoggio da parte della regione, a cui si è unita l’apertura dell’Europa a negoziare un nuovo accordo con il governo comunista. Inoltre, per la prima volta in mezzo secolo, l’isola ha accolto l’Organizzazione degli Stati americani (Osa) – a cui la Celac si contrappone – rappresentata dal suo segretario generale, il cileno José Miguel Insulza. Un gesto simbolico dalmomento che Cuba, espulsa dall’Osa nel 1962, è stata reintegrata, sulla carta, nel 2009, ma L’Avana ha rifiutato finora di tornare ad essere un membro a pieno titolo. Storica è stata anche la partecipazione del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ricevuto da Raúl Castro e dal Fidel, che ha conversato anche con i presidenti Rafael Correa, dell’Ecuador, Evo Morales, della Bolivia, oltre al messicano Enrique Peña Nieto, alla sua prima visita nell’isola. Dall’Unione Europea è arrivata peraltro la disponibilità a trattare accordi commerciali e di cooperazione. Secondo fonti di Bruxelles, la decisione punta a mettere da parte le pressioni adottate negli anni Novanta con l’obiettivo di ottenere il rispetto della pluralità, condizionando invece la cooperazione alla situazione dei diritti umani. Il Vertice della Celac ha voluto inviare un chiaro segnale agli Stati Uniti, ma sono pochi a credere che l’atteggiamento della Casa Bianca nei confronti dell’Avana ne resterà influenzato. E peril momento Washington non ha fatto commenti sul summit. L’incontro della comunità latinoamericana e caraibica – la cui presidenza di turno passa ora alla Costa Rica – ha consentito infine a Cuba di rilanciare le sue storiche relazioni con il Messico, l’unico paese americano che abbia mai rotto i rapporti con il governo castrista. Relazioni tuttavia deterioratesi nei 12 anni di governo della destra messicana. Nessun presidente fra i partecipanti ha invece accettato di incontrare i dissidenti, a differenza di quando avvenuto al summit iberoamericano dell’Avana del 1999.

 









   
 



 
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