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Bonino? Indenne da rottamazione |
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Le modalità di accesso al governo da parte di Renzi non meritano ulteriori commenti rispetto a quelli indignati formulati da innumerevoli esponenti del popolo sovrano, se non l’aggiuntiva constatazione del sostanziale superamento della forma di governo parlamentare. Gli ultimi due Presidenti del Consiglio dei ministri e quello in pectore non sono espressione della volontà popolare espressa dal responso delle urne, ma risultanze di giochi di potere estranei – se non contrari – agli interessi nazionali, benedetti dal sovrano garante. Una presa d’atto – la nostra – che ci permette di non essere stupiti dalla resa del premier dimissionario il quale, senza sfiducia parlamentare, ha accettato di retrocedere di fronte all’azione disinvolta dell’ambizioso podestà di Firenze investito di “pieni” poteri dal voto della direzione del Pd, di un partito politico, cioè, che nel nostro ordinamento giuridico è configurabile come“associazione non riconosciuta”. Lo stesso Letta, infatti, non ha potuto invocare in punta di diritto il passaggio parlamentare, essendo anche lui – come quel sobrio professore nominato senatore a vita dal medesimo monarca quattro giorni prima di conferirgli l’incarico di formare un esecutivo di “salvezza” nazionale – viziato all’origine da vulnus democratico. Tra le incoerenze renziane tra quanto affermato e quanto realizzato, non ultimo l’ormai celebre invito alla serenità, il recente caso editoriale, il toto-ministri, il programma e la relativa base di appoggio parlamentare, su un aspetto in particolare – la vicenda dei marò detenuti in India – intendiamo formulare un paio di riflessioni. Dopo due anni di disinteresse, la nostra diplomazia, appoggiata dal circuito mediatico, ha fatto emergere dall’oblio la questione dimenticata. La chiamata in causa dell’Onu, sebbene prontamente smarcatasi, da parte del Ministro degli Esteri, la presa di posizione della Nato e, in ultimo,l’intervento di Lady Ashton, responsabile della politica estera Ue, altro non sembrano se non tessere di un mosaico cronologico abilmente messe in moto con studiata premeditazione per poter ottenere il rilascio dei due militari italiani e farli finalmente rimpatriare accolti proprio da Renzi. Il futuro premier, così, grazie ai fili mossi dalle stesse forze che lo stanno catapultando a Palazzo Chigi, potrà beneficiare “a costo zero” di quel ritorno di immagine così compromessa dal suo “peccato originale”, come peraltro ha già chiosato l’Osservatore Romano. L’altra riflessione la dedichiamo allo stesso vertice della Farnesina. La radicale Bonino, donna per tutte le maggioranze, è lo stesso ministro che neanche un anno fa reputò non prioritaria la vicenda dei due fucilieri di marina. A distanza di qualche mese ha invece dispiegato tutta la sua spregiudicata solerzia ed il suo proverbiale attivismo in direzione opposta. La spiegazione? Favorire e giustificare una continuitàpolitico-diplomatica sulla spinosa vicenda indiana tra il governo Letta ed il governo Renzi e restare così titolare della sua prestigiosa poltrona. Non è un caso, infatti, che il suo nome compaia, almeno ora, proprio tra quelli riconfermati nella squadra del prossimo esecutivo. Insomma, Renzi e Bonino, quando si dice l’eterogenesi dei fini. Sulla pelle – è il caso di dirlo – dei nostri due militari. Una notazione, infine: per la Bonino risulterebbe non applicabile la imperante legge della rottamazione. Entrata in Parlamento nel 1976, quasi quarant’anni fa, ne sembrerebbe dunque immune, stante la qualifica di usato sicuro, e soprattutto rassicurante, di cui gode negli ambienti che hanno preparato e stanno curando l’operazione-Renzi. Stefano De Rosa
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