Le recenti indiscrezioni (!) uscite sull’esistenza di un “complotto” politico per detronizzare Berlusconi almeno quattro-sei mesi prima della sua caduta nel novembre del 2011, lasciano il tempo che trovano. Sono storie vecchie e risapute. Appaiono come novità eclatanti soltanto per i ciechi e gli smemorati. Ricordiamo benissimo che già verso marzo-maggio di quell’ano le gazzette dei cosiddetti “salotti buoni” parlavano apertamente dell’ipotesi, considerata più che concreta, di un esecutivo affidato a Mario Monti, se la situazione economica fosse precipitata. O meglio se i “mercati”, quindi gli speculatori, avessero dimostrato di non avere più “fiducia” sulle magnifiche e progressive sorti del governo dell’Aprostata di Arcore. Tutte balle, hanno tuonato all’unisono Monti e Napolitano. Non c’è stato nessun incontro segreto e riservato, non c’è stato alcun complotto per destituire il Banana di Palazzo Grazioli e sostituirlo con il professore dellaBocconi, già commissario europeo alla Concorrenza e al Mercato Interno. E soprattutto consulente di Moody’s e di Goldman Sachs. Quando si dicono i conflitti di interesse...Quelli veri..Non le frescacce sul ruolo deleterio della televisione a favore del Cavaliere del Viagra. Insomma, se l’incontro o gli incontri non ci sono stati, alla fine il traguardo raggiunto è stato quello anticipato dai vari Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Repubblica e Stampa, i cui editori erano e sono tutt’ora accomunati da una ostilità di fondo verso quel parvenu del Cavaliere che, a differenza dei vari Agnelli, Pirelli, De Benedetti e via speculando, non avrebbe quei quarti di nobiltà finanziaria che fanno la differenza e che implicherebbero una consuetudine con le buone maniere. Tutte balle. In verità, la storia del capitalismo è fatta di famiglie che hanno fatto i soldi con metodi banditeschi e che ora, raggiunta la quarta o quinta generazione, millantano una verginità e una purezza che con ci sono maistate e non ci sono nemmeno ora. Questo per puntualizzare. Ricordiamo che Berlusconi venne costretto alle dimissioni quando il debito pubblico era al 120,1% rispetto al Prodotto interno lordo, quando il disavanzo era al 4,2% e soprattutto quando lo spread, il differenziale di rendimento, tra i Btp decennali e i Bund tedeschi era a 570 punti. Mica bruscolini. E lo spread, riflette il giudizio sulla affidabilità e sulla solvibilità dei titoli a lungo termine di un Paese da parte dei cosiddetti “mercati finanziari”. Uno spread che era andato alle stelle grazie soprattutto all’azione delle agenzie di rating Usa che con un risultato del genere volevano ottenere tre traguardi. Mettere in difficoltà l’Italia e spingere il governo e i governi nazionali ad avviare l’ultima fase del processo di privatizzazione delle aziende pubbliche. Indebolire nel suo complesso il sistema dell’euro, moneta rivale del dollaro, colpendo la terza potenza economica dell’Eurozona. Ed in tale ottica, terzo punto,silurando Berlusconi, le cose sarebbero state certamente più facili. Così arrivò Monti, consulente di Moody’s, una delle due prime società di rating Usa, l’altra è Standard&Poor’s. E quel che è peggio, anche consulente di Goldman Sachs, una banca di affari e di speculazione, che da troppo tempo svolge un ruolo nefasto nelle nostre vicende economiche. In primo luogo perché ha speculato contro l’Italia, ed in secondo luogo perché i politici di governo italioti le hanno permesso di gestire una bella fetta delle avvenute privatizzazioni di aziende pubbliche come Eni e Telecom. L’iniziativa di Napolitano, dagli anni settanta in ottimi rapporti con gli ambienti di oltre Atlantico, non ha avuto però i risultati sperati, nonostante quello che abbiano millantato gli esponenti dei governi Monti e Letta. Il debito pubblico è salito dal 120% al 130% con Monti e al 134% con il nipote di cotanto zio (anche lui consulente di Goldman Sachs al pari di Romano Prodi e del non compianto Tommaso PadoaSchioppa). Il disavanzo è passato dal 4,2% al 3% con Monti per poi attestarsi intorno al 2,9-3,1%. La cifra non è ancora chiara. Gli ascari italioti di Wall Street e della City hanno esultato per il calo dello spread agli attuali 205 punti, appena cinque punti sopra il tetto dei 200 che per la Banca d’Italia sarebbe il limite “fisiologico”. Affermazione e convinzioni quanto mai sconcertanti se solo si pensa che tale calo è il frutto del ruolo esercitato dal fondo europeo salva Stati che compra titoli a lungo termine appunto per calmierare le oscillazioni e vanificare le speculazioni. Ed è frutto del ruolo della Bce che compie una operazione di supporto, comprando titoli pubblici fino a tre anni. La speculazione infatti non rende e non conviene più come prima. Eppure, tenendo conto dei cosiddetti “fondamentali” dell’economia italiana, lo spread dovrebbe trovarsi a livelli eclatanti. Ma non è così. Una dimostrazione ulteriore del fatto che la Germania, la Commissione europea e l’AltaFinanza internazionale ci hanno commissariato, ribadendo che siamo un Paese a sovranità limitata. Se a qualche cialtrone mondialista questo può fare piacere, a noi sicuramente no. Quindi, altro che complotti. Questi signori hanno agito alla luce del sole.Giuliano Augusto
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