Rifiuti pericolosi in Africa donati attraverso due onlus
 











La guardia di finanza di Modena ha scoperto e smantellato un’organizzazione criminale che spediva illegalmente rifiuti speciali e pericolosi in Africa, facendoli passare come beni frutto di raccolte di solidarietà. La base era proprio a modena, ma l’organizzazione aveva ramificazioni in altre aree d’Italia, soprattutto al Nord. Erano coinvolti trasportatori, spedizionieri doganali, facchini, gruisti e altri ancora: tutti insieme, avvalendosi delle proprie strutture aziendali, spedivano in Africa tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi all’interno di containers.
L’indagine, ribattezzata "clean up", è partita a giugno 2012, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna, e ha permesso di individuare quattro siti di stoccaggio in Emilia-Romagna e principalmente nel modenese. Qui che venivano ammassati vecchi monitor, pc, stampanti oltre a migliaia di elettrodomestici, macchine demolite, batterie per auto esauste, estintori,pneumatici: venivano poi caricati sui containers, imbarcati al porto di Genova e spediti in Africa (prevalentemente Ghana e Nigeria).
La gdf, in un comunicato, sottolinea che secondo uno studio delle Nazioni Unite, solo un terzo di questa merce sarebbe diretta al recupero ed al riciclaggio, mentre la maggior parte, dopo aver viaggiato tra i materiali ’in regola’ per sfuggire ai controlli doganali, finisce in discariche non controllate, miniere abbandonate e cave di ghiaia. Per di più, l’organizzazione criminale operava anche "su misura", sistemando i containers vuoti in località indicate dai committenti e provvedendo poi a ritirarli: è successo principalmente nella provincia di Modena ma anche a Bologna, Reggio Emilia, Ferrara, Ravenna, Piacenza, Forli-Cesena, in Lombardia, Veneto, Piemonte e Lazio.
Di solito i containers venivano caricati nel fine settimana e di notte per non destare sospetti e diminuire i rischi di essere scoperti. Gli investigatori hanno inoltre scoperto che,per superare i controlli doganali, l’organizzazione si avvaleva di due onlus, create per progetti di solidarietà con popoli africani, ma in realtà costituite per garantire una copertura formale ai traffici, attraverso l’emissione di fatture pro-forma giustificative delle esportazioni. Gli ingenti quantitativi di rifiuti speciali destinati allo smaltimento, al momento del controllo doganale, "venivano fatti passare per donazioni a favore delle popolazioni indigenti africane. Con questo sistema ben congegnato e collaudato- spiegano le fiamme gialle- l’organizzazione era in grado di spedire, via mare, verso il continente africano circa 50 containers al mese, andando ad alimentare ulteriormente il pericoloso traffico illecito di rifiuti pericolosi, il cui business vede evidentemente interessati anche trafficanti di origini africane ben organizzati e che dall’italia, con proprie società regolarmente costituite, reperiscono rifiuti speciali in maniera capillare".
Una sola delle onlusindividuate risulta aver effettuato oltre 1.000 spedizioni dal 2010 al 2013. Al termine dell’indagine sono state denunciate 41 persone, che a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e gestione di discariche abusive di rifiuti
speciali e pericolosi. Inoltre, sono state eseguite quattro ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti dei principali promotori del sistema di smaltimento, sequestrati i quattro siti di stoccaggio e gli automezzi utilizzati per l’attività illecita.

 









   
 



 
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