Tasse, sempre tasse
 











Il governo del fare. Basta con le chiacchiere e basta con la vecchia politica. Con me si cambia registro. Rivolterò l’Italia come un calzino. E via delirando. Così si era presentato Matteo Renzi che, accantonate le esitazioni e cercando di sfruttare il vento favorevole, aveva deciso di imbarcarsi sul veliero di Palazzo Chigi, forte della recente investitura di segretario del Partito Democratico. Il partito delle banche. Ma una certa mentalità rapinatrice è dura a morire. Così l’ex sindaco e il suo compare all’Economia, Pier Carlo Padoan, in mancanza di idee migliori, hanno pensato bene di inaugurare la nuova stagione con un aggravio delle imposte sugli immobili. La Tasi, con aliquote tra l’1 e il 3,3 per mille, graverà così non soltanto sulle case di abitazione ma anche e soprattutto sulle aree di proprietà delle aziende destinate ad attività produttive, commerciali ed amministrative. E’ una vera e propria tassa patrimoniale, ha commentato tral’incredulo e l’incavolato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, proprietario della Mapei. Una misura doppiamente idiota e criminale perché va a colpire le imprese in una fase di gravi crisi come quella che stiamo vivendo, aggiungendo un altro balzello che renderà ancora più problematico riuscire ad andare avanti. La chiusura di migliaia di aziende e l’aumento della disoccupazione, che è ormai un fenomeno di massa che interessa il 12,9% della popolazione in età lavorativa, sta lì a dimostrare che siamo quasi sul punto di non ritorno. La crisi, anzi la recessione, economica, originata dalla crisi finanziaria di Wall Street del 2007-2008, sta spazzando via il tessuto industriale italiano. Non si tratta soltanto del costo del lavoro, più alto rispetto alla realtà di Paesi europei meno avanzati del nostro, tipo la Polonia e la Romania, che ha spinto molte aziende a delocalizzare. Ma è anche la presenza di una burocrazia incapace ottusa e criminale che si fa forte del proprioruolo e dell’applicazione di regole e circolari anche esse idiote e incomprensibili. Una burocrazia che a livello nazionale e locale sembra godere un mondo della possibilità di mettere i bastoni tra le ruote alle imprese che vogliano aprire una attività economica o più semplicemente ampliare quella esistente. Così il duo Renzi-Padoan, degno erede di Letta-Saccomanni, di Monti-Grilli e Berlusconi-Tremonti, non potendo e non volendo toccare le clientele legate al carrozzone politico, ha pensato bene di andare a raccogliere i soldi laddove era più facile trovarli. Nelle tasche degli italiani. Anzi, nel prendere possesso del Palazzo di Via XX Settembre, Padoan ha fatto sapere che si procederà speditamente ad una riforma del Catasto. Affermazione che significa un aumento delle rendite catastali e di conseguenza un aumento delle tasse sulla casa. Un’altra patrimoniale nemmeno troppo occultata. Del resto perché stupirsi? Padoan è stato membro del direttivo del Fondo monetario internazionale ecapo economista dell’Ocse. Due organismi tecnocratici fautori del governo mondiale, per i quali la centralità della vita economica risiede soprattutto nella salute delle banche e del mondo finanziario. Una mentalità che comporta che i cittadini debbano essere puniti se preferiscono investire nel mattone piuttosto che farsi abbindolare dai giornali che li spingono a comprare titoli di società disastrate come la Fiat ma legate strettamente da interessi e da incroci azionari ai suddetti giornali e alle banche che le hanno finanziate. Da qui l’altro annuncio che verranno aumentate le tasse sulle seconde case come se fosse una colpa quella di possedere un secondo immobile acquistato con l’idea di destinarlo ai figli una volta divenuti adulti e in procinto di sposarsi. Si tratta della conseguenza di una mentalità dura a morire. Quella catto-comunista che vede una colpa nella ricchezza personale, anche se il più delle volte è poco più che modesta. Una mentalità che ha portato allo sfascio ilnostro Paese e che purtroppo sembra condizionare anche uno come Renzi, cattolico di sinistra, che era stato presentato dal Time nel 2009 come “l’Obama italiano”. Un sostegno che la dice lunga su quali siano i referenti di Renzi oltre Atlantico. Giuliano Augusto









   
 



 
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