Alla clinica Santa Rita di Milano c’è stata "una serie impressionante di delitti". Morti e feriti da "arma bianca" come in un vero e proprio "bollettino di guerra", con circa 150 pazienti rimasti coinvolti. Sono le dure e decise parole pronunciate dal pm Tiziana Siciliano nella requisitoria del processo a carico dell’ex primario di chirurgia toracica della casa di cura, Pier Paolo Brega Massone, e di altre persone imputate nel dibattimento con al centro le accuse di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per la morte di quattro pazienti e più di 40 episodi di lesioni. Il pm Siciliano ha preso la parola davanti ai giudici della prima Corte d’assise per la requisitoria che si concluderà con le richieste di condanna, formulate anche dal pm Grazia Pradella, nell’udienza fissata per il 12 marzo. Brega Massone, già condannato a 15 anni e mezzo di carcere nel primo filone con al centro le accuse di truffa e di un’ottantina di lesioni per lavicenda della cosiddetta ’clinica degli orrori’ e recentemente scarcerato per un vizio di forma, nel processo bis risponde in particolare di quattro omicidi, assieme ai suoi due ex aiuti: Fabio Presicci e Marco Pansera. Il pm Siciliano l’ha definito "un mondo marcio di banditi che gratta il fondo della padella per guadagnare qualche cosa". Il magistrato ha voluto chiarire il "perché di qualche cosa che è apparso inspiegabile: le lesioni e il ferimento con arma bianca di una cinquantina di persone che non possono essere distinte dalle vittime dell’altro processo". Alla Santa Rita, secondo il pm, si è determinata una sorta di "impossibilità nell’individuare comportamenti seriali", dovuta al fatto che "una volta accertate le anomalie in un reparto" non si faceva di tutto per bloccarle, "ma si lasciava perdere" e intanto accadeva anche in altri ospedali che "comportamenti illeciti diventassero prassi". I pm hanno dimostrato che i presunti interventi inutili e dannosi per i pazientivenivano eseguiti soltanto per gonfiare i rimborsi ottenuti dal sistema sanitario nazionale. "Nel 2007 avevamo indagini su undici case di cura milanesi - ha aggiunto il pm - Era impressionante vedere come determinate condotte di sovraffatturazione fossero estese a tutte le strutture". Alla Santa Rita, però, ha proseguito il magistrato, "c’è stata una deriva: tutte le case di cura cercano di fare la cresta, ma la Santa Rita rimarrà per sempre nell’immaginario collettivo come un posto dove si è potuto per anni fare del male alle persone. E io torno con la domanda ossessiva: perché?". Perchè in quella casa di cura, ha chiarito il magistrato, il tutto si alimentato "come un sistema che non ha avuto antagonisti né esterni né interni" e che ha portato a una serie "così impressionante di delitti". Secondo il pm, infine, "l’incontro tra il notaio Francesco Paolo Pipitone (proprietario della casa di cura, poi morto) e il dottor Brega Massone è stato il più catastrofico incontro dimegalomanie che la mente umana avrebbe potuto concepire". Santa Rita, "a quel ragazzo non hanno fatto l’esame per la tubercolosi e ha infestato tutta la classe" Alla clinica Santa Rita sono arrivati i finanzieri con gli avvisi di garanzia. È un terremoto di cui tutti parlano, anche i medici della clinica stessa. Il 30 settembre 2007 la dottoressa Arabella Galasso (le cui conversazioni telefoniche, intercettate, hanno dato ampi spunti d’indagine) parla con una sua amica del primario di Chirurgia toracica Pier Paolo Brega Massone. La Galasso, che è ortopedico, racconta di un ragazzo operato e dimesso dalla clinica senza che gli fosse fatto l’esame per la tubercolosi. "Gli hanno trovato la tbc, questo è andato a scuola e gli ha infestato la classe", dice Galasso Intercettazioni choc. Quelle che Pier Paolo Brega Massone, l´ex primario di chirurgia toracica della clinica milanese Santa Rita, ascoltava fissando un punto lontano dell´aula bunker di piazza Filangieri mentrerisuonava la voce di una sua collega: «Se controllano le cartelle, lo sai che il principe di queste cose è Brega Massone... lui (il proprietario della clinica, Pipitone) non può far venire a lavorare dei banditi che poi ci fanno finire sui giornali... altro che truffa, questi sono criminali». Parole intercettate dai militari della guardia di finanza nel luglio 2007, prima e subito dopo che nella clinica arrivassero gli arresti e i sequestri per una delle più brutte pagine della sanità lombarda. Perché il processo in corso riguarda non solo le truffe al sistema sanitario, ma anche, forse soprattutto, le lesioni ai pazienti finiti in sala operatoria per aumentare gli stipendi dei medici, pagati in base alla produttività. ASCOLTA "Il chiodo? Reimpiantiamolo su un novantenne" | Gli interventi mirati per i rimborsi Asl | "Perché quell’operazione inutile?" | I segreti delle cartelle cliniche I pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano hanno spiegato che «questo ascolto è un modo percapire come da un´indagine asettica si è passati ad aprire spazi investigativi che non immaginavamo». È stato il colonnello della finanza Cesare Maragoni a ripercorrere le tappe dell´inchiesta. «Alcuni casi sono davvero sconcertanti, non giustificati... è una cosa terribile, che bisogno c´era di intervenire subito, il malato non scappa...», dice in una telefonata con Pipitone il consulente nominato dalla stessa clinica per esaminare la montagna di cartelle cliniche sequestrate. Operazioni non necessarie, dannose. In una telefonata del luglio 2007 una funzionaria e l´ex primario di Ortopedia, Scarponi, parlano di un chiodo: la confezione è stata aperta per sbaglio. «Costa 445 euro», si lamenta la funzionaria: non si può buttare via. La soluzione la trova il medico: «Lo rimpianto su un altro paziente anziano, un 90enne: che aspettativa di vita può avere...». Quel paziente - spiegherà in aula Maragoni - entrerà in clinica altre sette volte per le infezioni, prima di morire. «Delle 569persone morte nei reparti di riabilitazione di tutta la Lombardia nel 2005, il 13 per cento è in quello della Santa Rita», calcola la Finanza.
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