Virus, dalle intercettazioni emerge il grande business
 











Quando uno mi sta sul ... deve crepare!», diceva la virologa Ilaria Capua parlando di una ditta farmaceutica che criticava la sua invenzione, il “Diva”, la prima strategia di vaccinazione contro l’influenza aviaria. L’inchiesta dei pm di Roma in cui la veterinaria, oggi deputata di Scelta Civica, è coinvolta insieme al marito e altre 36 persone, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, traffico di virus e corruzione, mette in risalto affari e conflitti di interessi celati dietro emergenze sanitarie e quanto l’aviaria abbia arricchito Big Pharma.
Le conversazioni registrate dai Nas dei carabinieri svelano, fra i tantissimi episodi, gli interventi di Capua sulla Intervet, filiale italiana di un colosso dei farmaci veterinari. I vertici di Intervet si erano mostrati critici sull’efficacia del sistema Diva. Ma la signora dei virus gli avrebbe fatto sapere che nell’Istituto zooprofilattico di Padova era in corso un esperimento su unvaccino prodotto da Intervet: il marchio però sarebbe stato menzionato nel suo studio solo se i responsabili della casa farmaceutica avessero assecondato le sue richieste, tra le quali quella di rivalutare il test Diva. E parlarne bene. E ai manager avrebbe fatto arrivare un messaggio chiaro attraverso un intermediario: «Lei non è una persona che si compra con quattro lire».
Il ruolo principale in questa inchiesta lo riveste Paolo Candoli, manager della multinazionale Mirial, l’uomo al quale venivano aperte le porte del ministero della Sanità per ottenere autorizzazioni. La conoscenza di Candoli con Capua è riconosciuta dalla stessa virologa che l’ha confermata a “l’Espresso”. È lui infatti il manager delegato dalla sua ditta a parlare con lei. In particolare quando la Merial è alla ricerca di ceppi virali con i quali avviare la produzione di vaccini, prima ancora di ricevere l’autorizzazione del ministero. Uno dei colleghi della virologa, Stefano Marangon, anche lui indagato,avvisa Candoli due mesi prima del varo del programma di vaccinazione. Un modo per avvantaggiarlo sulla concorrenza. «Ho parlato con la Capua, non è escluso che lei ce l’abbia, cioè sai cosa fa quella lì comunque?», dice Candoli a una collega parlando di un ceppo virale. «Sicuramente se lo fa mandare lei e poi ce lo rivende a noi». Poi aggiunge: «Purtroppo con la Capua... c’è da pensare di seguire... di dar da mangiare alla scimmia».
Il manager della Merial si rivolge alla virologa anche su indicazione di Marangon, perché lei è la responsabile del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e quindi è nella possibilità di sapere con certezza con quale ceppo virale si preparerà il nuovo vaccino. Nello stesso tempo è una delle poche persone che in ambito internazionale ha la possibilità di farsi inviare, in breve tempo, un ceppo virale da altri istituti «senza la prescritta autorizzazione ministeriale».
Quando i Nas arrivano nell’istituto per sequestrare un vaccino che nonavrebbe avuto le carte in regola per entrare in commercio, e viene coinvolta la Capua, lei inizia a preoccuparsi dell’indagine. Il padre, stimato avvocato di Roma, le raccomanda espressamente di non fare riferimento alcuno al contratto stipulato con la Merial per lo sfruttamento del brevetto Diva. Ilaria Capua sostiene che «la vicenda dell’influenza aviaria è una storia molto complicata e anche se sono stata intercettata, le carte dimostreranno che è stato fatto tutto alla luce del sole».
Da una delle registrazioni emerge uno spaccato degli interessi in ballo. Parla alla madre della proposta di lavoro ricevuta da una fondazione della Florida e osserva che «sarebbe un problema perché la fondazione non ha finalità commerciali» mentre, al contrario, in quel periodo lei ha una parte attiva e ha «una buona attività commerciale per la vendita dei reagenti diagnostici che le consentono di guadagnare in un anno ben 700 mila euro». Per gli investigatori questa affermazione farebberiferimento ai ricavi che Capua, insieme a Marangon e Giovanni Cattoli, stavano ottenendo dalla vendita del test Diva, per il quale è stato stipulato un contratto con le ditte Merial, Fort Dodge, e Paesi stranieri. Lirio Abbate,l’espresso
Vaccini. In caso di pandemia i Paesi Ue potranno unirsi per acquistarli a condizioni migliori
Via libera da parte della Commissione Ue a un accordo per permettere agli Stati membri di mettersi in gruppo per comprare vaccini e altri farmaci in caso di pandemia. L’obiettivo è facilitare il rifornimento in quantità sufficienti e a un prezzo corretto in caso di minaccia di salute transfrontaliera “ed evitare – spiega una nota della commissione - il ripetersi dei problemi di approvvigionamento di vaccini incontrati da alcuni Paesi durante l’influenza aviaria del 2009”.
L’adesione all’ accordo è su base volontaria ed entrerà in vigore due settimane dopo la firma di una quota di Stati membri pari a un terzo(cioè 10 paesi ) e della Commissione. Lanota Ue spiega che tutti i Paesi hanno comunque già comunicato l’intenzione di aderire a questa opportunità. "Invito tutti gli stati membri a firmare l’accordo il più rapidamente possibile in modo da poter procedere al primo acquisto di vaccini pandemici", sollecita il commissario Ue alla salute Tonio Borg nella nota. Per il commissario europeo per la Salute l’accordo è infatti “un risultato fondamentale per proteggere i cittadini dalle gravi minacce transfrontaliere per la salute”.
La firma dell’accordo non implica alcun impegno finanziario immediato per gli Stati membri. Un impegno finanziario sarà necessaria solo quando si firmano contratti che seguono le procedure di acquisto avviate sulla base dell’accordo.
Ma il potenziale di applicazione dell’accordo sugli “acquisti comuni” va oltre i vaccini per le pandemie. Gli Stati membri potrebbero estendere l’accordo anche all’acquisto di misure mediche per altre malattie infettive, come l’epatite B o la polio.LirioAbbate,l’espresso

 









   
 



 
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