Il “cuore”, senza la testa, non basta
 











Sappiamo fin troppo bene che la principale arma con la quale il sistema dominante ha garantito, e ancora garantisce, la sua sopravvivenza è la disinformazione di massa, attuata principalmente tramite il controllo dei mass media e delle fonti d’informazione.
Con questa si può controllare e anestetizzare facilmente la massa, ma non tutti coloro che, di volta in volta, cercano di estranearsene. Assimilabili nell’ampia categoria del crescente generico dissenso, per le classi dominanti, costituiscono tanto un pericolo potenziale quanto un’appetibile “mercato di voti” da aggredire e riportare all’ovile.
Qui entrano in gioco, non meno subdole ed efficaci, le strategie di dispersione o cattura dei “lupi" più riottosi, che sfuggiti dai recinti, rischiano di cadere nelle tagliole disseminate ad arte, ben prima di giungere all’agognata “foresta”. Il solo “cuore”, senza la testa non basta.
L’esigenza dell’agire politico deve necessariamente fare iconti con scelte politiche operate “cum grano salis”, senza cadere istintivamente nei facili abbagli e negli specchietti per le allodole.
Anche quando si hanno le idee chiare su ciò che si vorrebbe ottenere, cosa di per se già rara, è facile perdersi nella confusione e commistione, del tutto e del suo contrario, dove finzioni e realtà si nutrono spesso nelle stesse mangiatoie. Cercare di (ri)conoscere le mimetizzazioni del nemico ed i suoi “cavalli di Frisia”, se non risolve, certamente aiuta.
Innanzitutto, si deve operare un corretto discernimento tra i “troll sistemici”, e il reale antagonismo, fuori e contro il sistema.
I primi sono veri e propri contenitori di riciclo, esclusivamente funzionali al captare il dissenso in libera uscita per traghettarlo dentro vicoli ciechi di sterile opposizione o verso posizioni “border line” partitiche, che garantendo costantemente i piedi in due staffe, consentono, da un lato, di cavalcare il malcontento (che traducono in voti e poltroneistituzionali) e, dall’altro, di garantire mano libera a chi di dovere. La ben conosciuta opposizione di sistema, creata dal sistema per conto del sistema.
Li si riconosce immediatamente da alcune caratteristiche endemiche: trasformismo cronico, “rinnovamento” in assenza di epurazione, incoerenza cronica tra il dire e il fare. Generalmente, eccellono negli slogan, molto meno nelle analisi. L’importante, per loro, e’ solo il catturare i pesci al momento giusto e con il tema giusto.
Producono slogan con una potenza di fuoco impressionante, monopolizzando gli spazi mediatici. Tanto fanno fuoco (sopratutto fumo) quanto fugacemente si occupano del problema, che poi svanisce tra un’elezione ed una coalizione. Ciò che temono più di ogni altra cosa e’ il non voto. Perché tutto deve riportare a questo e solo a questo. Al di fuori della kermesse elettorale, per loro nulla ha senso. Un voto dato a loro è sempre “un voto utile” (a loro, ovviamente). La “rivoluzione” e’ quello che vogliono,ma sempre e solo delle poltrone.
Di questa dilagante categoria, fanno parte a buon diritto anche le cosiddette "liste civetta", generalmente attive in ambito locale o regionale. Generalmente si vendono come espressione elettorale di una fantomatica società civile o di istanze localistiche , fuori dai partiti e dalle loro logiche di potere. In realtà, sono diretta espressione degli stessi, ne nascondono l’essenza e spesso anche la provenienza di candidati e fondi.
Altra cosa, non meno importante, al di fuori dell’istituzionale, è l’evitare di cedere al richiamo dei tribalismi del passato, ieri come oggi, funzionali al mantenimento dello status quo mediante artificiali divisioni e contrapposizioni basate su schemi tanto obsoleti quanto fuorvianti.
La loro esistenza, seppur demonizzata dall’estabilishment politico e dai media di regime, viene di fatto incoraggiata e tenuta in vita (sempre sotto stretto controllo) per poter attuare, da un lato, il divide et impera sulle sacche direale dissenso, dall’altro, per distrarre (all’occorrenza) l’opinione pubblica dai problemi e i provvedimenti reali, gridando al pericolo comunista o alla violenza fascista , agli “opposti estremismi” o alla sovversione indipendentista, all’antisemitismo come all’omofobia. Un pericolo invero reale, più per chi auspica la "rivoluzione" che non per chi difende la "reazione"; perché proprio dalla sterile auto ghettizzazione politica e dall’ “odio di piazza d’infausta memoria” prendono le mosse i veri giri di vite poliziesca ed i “democratici” comitati di salute pubblica, ”necessari” a garantire le “libere istituzioni“ e la pace sociale. La stessa pace e libertà che contestualmente ti sfilano dalle mani, ma con il plauso dell’opinione pubblica, dei borghesi e ben pensanti. Si può stare certi, a ben vedere, che al momento opportuno ci sarà sempre qualche movimento, gruppo o singolo, pronto a compiere l’azione eclatante (spesso insensata), rinfocolare gli scontri di piazza o progettarestrampalati golpe e rivoluzioni da operetta. Insomma, veri e propri “inside job”, con la collaborazione dei consueti utili idioti, in mano a infiltrati e intelligence varie. Molto meno idiote e ben più efficaci.
Il proliferare di queste categorie di “gabbie politiche” (a volte spontanei, piu’ spesso spintanei), spesso avvezzi alla propaganda di tematiche e problematiche reali, ma sempre ricondotte a bislacche analisi e soluzioni facilmente demonizzabili , ben si presta ad un altro facile gioco. Quello di ricomprendervi, ad uso e consumo, qualunque opposizione al sistema portatrice di tematiche similari e non direttamente controllabile altrimenti. In questi casi, dopo un’occulata lapidazione mediatica e una voluta rappresentazione indifferenziata delle tesi sostenute (parafrasando il detto, potremo dire il “fare di tutta un’erba un Fascio”), procedere alla conventio ad escludendum e alla repressione su commissione è cosa fatta.
Leaderismi esasperati e spaccatori del cappello inquattro, completano il quadro della disunità politica e della sterilizzazione delle opposizioni. Questi sono più facilmente riconoscibili, essendo avvezzi al maggiore amore per se stessi e per il potere che non per la causa da sostenere. guru intramontabili (con ampie storie di fallimenti alle spalle) o giovani leader del momento, hanno sempre in comune la vocazione al giocare da soli nel nome del purismo ideologico assoluto (per gli altri, mai per loro) ed il cercare sempre l’unità, ma sempre e solo sotto il loro cappello. In realtà, mirano quasi sempre alle poltrone, scegliendo semplicemente la nicchia di mercato più profittevole o utilizzando gli sprovveduti in buona fede per alzare il proprio prezzo di mercato con i soliti noti. Chi li conosce, li evita. Gli altri, lo faranno solo dopo averli conosciuti.
Se è vero che l’apatia e l’inazione politica sono il male principale di un popolo anestetizzato, a maggior ragione, il cercare di preservare e canalizzare le forze sane (eattive) verso un vero obiettivo deve essere una priorità per chi vuole costruire una vera alternativa. La fretta del risultato e l’azione per l’azione, spesso ci fanno dimenticare che la strada è piena di buche e caderci dentro è facilissimo.
“L’uomo scevro di pregiudizi, l’uomo che ragiona e opera secondo la mente ed il cuore gli suggeriscono, non sente il bisogno di avere dei pastori, dei capitani, dei direttori.” (anonimo)Gianni Dessì-Fonte: testelibere.it









   
 



 
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