"Le mie parole rovinano il coro renziano" «La mia posizione è sempre stata trasparente, non mi dimetto, ma devo in qualche modo esprimere il mio dissenso». Il senatore Corradino Mineo si difende da giorni, per l’assenza in commissione Affari costituzionali, durante il voto sull’ordine del giorno di Roberto Calderoli, su cui la maggioranza è andata sotto, e per le sue posizioni critiche sui progetti di riforma di Matteo Renzi. «Non può esistere reato di lesa renzietà» dice Mineo. Eppure nel Pd non la pensano tutti così e c’è chi vorrebbe "silenziare" il dissidente, ad esempio sostituendolo in commissione. L’idea gira, e a tirarla fuori concretamente è stato, riferiscono fonti del gruppo, il renziano Giorgio Tonini, che nell’ultimo ufficio di presidenza ha provato l’attacco: «Non abbiamo parlato di sostituzione» dice però Tonini all’Espresso, «io, ma anche direttamente Zanda, abbiamo però sollevato il problema delle regole con cui si manifesta ildissenso». Fonti dell’Espresso riferiscono che è stato Luigi Zanda a respingere l’ipotesi più radicale, che i civatiani hanno subito bollato come «stalinista». Non si vuole comunque creare un caso prima delle elezioni: «Dopo il voto», dice ancora Tonini, «ci sarà una riunione del gruppo» per decidere una sorta di codice di comportamento. E se Mineo si difende dicendo di aver sempre fatto presente «nelle sedi istituzionali e non solo sui giornali» il suo dissenso, il punto per Tonini non è quello, ma il voto che Mineo ha fatto mancare alla maggioranza. Mineo è invece convinto del contrario e dice che più della sua assenza al voto sul testo Boschi e sull’ordine del giorno Calderoli, sono le sue dichiarazioni pubbliche il problema: «Rovinano il coro renziano». A nulla serve il fatto che Corradino Mineo abbia votato diligentemente ogni fiducia al governo, compresa l’ultima sul dl Poletti, battendo in "fedeltà" il suo collega Walter Tocci, che ha scientemente saltato il voto, ma che èmolto più parco di dichiarazioni. Mineo è attenzionato, insomma. E ora anche la vicenda del contributo straordinario al partito siciliano, che l’ex direttore si rifiuta di versare, è motivo in più di attacco. Luciano Nobili vicesegretario renziano del Pd di Roma non si fa sfuggire l’occasione e riassume l’umore dell’area: «Sentiti complimenti a chi ha deciso di candidare Corradino Mineo» scrive sarcastico, «la sua esperienza parlamentare sta brillando per coerenza, lungimiranza e lealtà». «Ricordo che nessun parlamentare ha il vincolo di mandato, e sulle questioni costituzionali non ci possono essere impuntature da parte del governo», ripete invece l’ex direttore di Rainews, che sulla vicenda del contributo al Pd siciliano replica: «alla Rai guadagnavo di più» ma soprattutto «hanno pregato per farmi candidare. Poi ho scoperto che dovevo pagare una specie di pizzo per essere messo in posizione utile. Ma scherziamo? Io pago, e volentieri, per progetti visibili, non per finanziarele auto blu del segretario o le assunzioni di comodo nel partito». E poi su twitter, rispondendo al direttore del Post Luca Sofri che chiedeva conto della vicenda, nota: «Non trovi strano che questa cosa esca oggi che Boschi chiede la mia testa?». Il ministro Maria Elena Boschi, in effetti, intervistata da Avvenire ha detto: «Avrei preferito che il senatore Mineo avesse votato a favore. Ci dovrebbe essere un senso di appartenenza a un gruppo». E poi, «se vieni candidato significa che condividi un progetto politico. Se decidi di rimanere dentro a un gruppo, e non è un obbligo, è perché condividi quel progetto politico». A Mineo il messaggio è arrivato e suona simile a un «quella è la porta». Appuntamento a dopo le europee, comunque. Mineo ha tre settimane per convincere i vertici del partito. «Io sono sempre stato in minoranza» dice Tonini, «ma poi sui voti mi sono sempre adeguato». Luca Sappino,l’espresso
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