Povero Angelino Alfano. Come prova ad alzare il capino per fare un po’ di campagna elettorale, la cronaca lo rispinge subito giù, al ruolo di ministro. “Ma Alfano che fa?”, è il tormentone in cui si è lanciato pure Giovanni Toti, il consigliere di Berlusconi che notoriamente fa un sacco di cose. Certo, gli Interni è incarico delicato e impegnativo. Però mai che Alfano possa volare alto, le grane son tutte le sue: e gli ultrà negli stadi, e il Libano di Dell’Utri, e l’indagine sulla scorta di Scajola, e i telefonini, e il disastro dell’Expo. Fa una conferenza stampa sulle proposte per le famiglie, e gli chiedono del cosiddetto “complotto 2011” rivelato dall’ex segretario al Tesoro Usa, Geithner. A due settimane dalle europee, gli tocca pure la tragedia degli sbarchi e – cosa mai vista - si mette a fare la voce grossa contro l’Unione. Un tentativo di propaganda elettorale, da ministro? Possibile, ma rischioso, visto il tema e gliinterlocutori. E comunque, servirebbe ben altro. Nonostante il crollo di Forza Italia, non pare essere in corso un gran travaso di voti: l’Ncd è rimasto inchiodato a uno-due punti sopra la soglia di sbarramento. In lotta darwiniana per la sopravvivenza, tipo il Sassuolo. E chissà se l’alleanza con l’Udc gli gioverà. In ogni caso pare ottimistico, al momento, il manifesto di Ncd agevolmente scaricabile dal sito, che recita: “Il coraggio per nascere, la passione per crescere, la tenacia per vincere”. Ecco, a occhio si direbbe acquisito giusto il primo punto. Il coraggio. Non che manchi la passione, eppure lo scarto d’immagine è evidente. Se Renzi va a Milano per suonare l’orgoglio italico contro la corruzione – campagna elettorale da premier anche quella, in fondo – ad Alfano tocca specificare che “sull’Expo abbiamo svolto una forte azione di contrasto alle infiltrazioni criminali, ben 33 aziende sono state escluse dagli appalti, sono stati controllati 66 cantieri e 2.400soggetti”. E mentre il premier, in visita all’ennesima scuola, assicura che arriverà la legge per la cittadinanza agli immigrati di seconda generazione, Alfano deve replicare al portavoce del commissario Ue agli Affari interni, Cecilia Malmstrom che lui le informazioni le ha date tutte e che il problema immigrazione va risolto in Africa. Non promette, non scarta di lato: si limita al puntellare. Il tutto, mentre gli ex colleghi dell’ex Pdl lo infilzano con epiteti che vanno dal “Ponzio Pilato” al “contorno” (conseguenza della premessa “né carne, né pesce”); ne chiedono le dimissioni sia esponenti di Forza Italia (per tradimento) sia di Sel (per incapacità); i Cinque stelle presentano una mozione di sfiducia individuale contro di lui e lo tempestano di domande in stile bambino col palloncino: “L’ex ministro Scajola aveva in tasca un telefono intestato al dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale. Alfano lo sapeva? Ha autorizzato questa spesa? Da quanti anni durava questasituazione e per quante altre persone si replica? Corte dei conti e procura sono state avvertite?” Insomma un tormento. E dire che la legislatura era iniziata in tutt’altro modo. Alfano uno era tutto un andare per moltiplicazione. Da delfino d’oro del Cav., per dire, campeggiava sorridente al centro della manifestazione del Pdl contro i giudici sotto palazzo di giustizia a Milano, un secolo fa (era marzo 2013). Poco dopo, con Letta, diventava non solo ministro ma pure vicepremier: e allora il tema era se riuscisse anche a fare il membro del governo, oltreché il leader politico. E anzi uno dei punti deboli del pasticciato caso Shalabayeva era appunto questo: che Alfano, magari, aveva mal gestito perché non aveva avuto tempo di occuparsene. Ma anche quello scoglio era riuscito a superare, Angelino: anzi era cresciuto e si era moltiplicato, fino all’ardire di lasciare il padre (politico) al suo destino. L’Alfano due è, all’opposto, tutto un andare per sottrazione. Non è neanche piùvicepremier – furba mossa di Renzi, convincerlo - eppure più di prima pare nel perenne affanno di avere troppo cui pensare. Mentre il suo Nuovo centrodestra sta stretto a panino tra Pd e Forza Italia – senza mai il lusso di un tavolo da rovesciare, perché se no crolla il governo - a lui tocca lasciare indietro la politica: ne parla in una dichiarazione su dieci, gli altri sono affari da ministro. Appena il tempo di dire: “la nostra prospettiva per il futuro è un centrodestra unito e vincente”, e via, verso nuove grane. In attesa di capire dalle urne se, per la passione di crescere, ci sia tempo e, soprattutto, un qualche spazio. Susanna Turco,l’espresso
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