Il M5S avrebbe ancora una grande futuro, se fosse in grado di riconoscere tutti i propri sbagli, tanto più che costituiscono un tradimento per incoerenza dei valori originariamente proclamati. Le decisioni del “movimento” ci diranno se si tratti di una ipotetica del terzo tipo. Mi permetto di suggerire un gesto, che darebbe le ali alla svolta e alla riconquista del consenso: Grillo e Casaleggio, riconoscendo la cantonata (per usare un eufemismo) delle epurazioni, con un pizzico di cenere sul capo, rivolgano un invito solenne a tutti gli espulsi e fuoriusciti perché rientrino nel movimento, a maggior ragione ora che si sono costituiti in gruppo autonomo. E se il coraggio non lo troveranno i due leader massimi, lo trovino i gruppi parlamentari, dimostrando così autonomia di iniziativa e capacità di imparare dagli errori, anziché in essi perseverare.(…) Quello del M5S è una sconfitta, ma assai contenuta, questo dicono i numeri. Che a botta caldasia stata vissuta come una disfatta sottolinea il dominio dell’ideologia/psicosi autoreferenziale, che ragiona in termini di “solo noi” e immagina di poter vincere prima o poi col 51%, roba da camicia di forza. Sul M5S incombono perciò due urgenze, che vanno insieme: liberarsi radicalmente dalla logica (che in realtà è una sindrome) della autoreferenzialità, interiorizzare l’ineluttabilità che si farà politica solo con le alleanze (neanche De Gasperi, e una Dc con guerra fredda e sostegno di Presidenti Usa e Papi Pacelli, ha mai potuto avvicinare il 51%). Altrimenti inizierà la diaspora. Modi e tempi sono ovviamente in mente dei (è l’imprevedibilità della politica, per fortuna). Ma la cosa è certa. Quando si punta autoreferenzialmente al 51%, quella che potrebbe essere una semplice battuta d’arresta distrugge l’incantesimo, e lo svela come bluff. Perciò, non è prospettando castelli in aria di maggioranze assolute che il M5S può continuare ad esistere. O si libera definitivamente diquesta assurdità (con tutte le conseguenze che ne derivano), o è l’inizio della fine. Dei voti dello scorso anno, quattro milioni (dicono i flussi) sono restati a casa o dispersi tra le altre forze o andati a Renzi. Che è stato vissuto come un “rottamator cortese”, più credibile perciò di chi ringhia e ulula “via tutti”, ma si castra la possibilità di agire con la protervia dell’autoreferenzialità, che è autismo politico. Paolo Flores d’Arcais
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