Non c’è alcun piano di investimenti in opere pubbliche nell’Unione europea lanciato da Matteo Renzi, per 240 miliardi, da varare nel secondo semestre europeo del 2014, quello che sarà presieduto dall’Italia. Il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi, ha smentito la circostanza precisando che il piano è al contrario una proposta “tutta francese”. Una proposta che il presidente francese Francois Hollande ha presentato al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Così, se qualcuno, nella seconda parte dell’anno, vorrà riprenderla, troverà terreno favorevole. Matteo Renzi, da parte sua, vorrebbe farla sua e per tale motivo sta preparando il discorso mercoledì prossimo di fronte al nuovo Parlamento europeo. Renzi, scoprendosi improvvisamente un fan di Martin Luither King, ha sostenuto che serve un progetto che sia “capace di far sognare”. Siamo insomma sempre al colonialismo culturale e politico verso gli Stati Uniti. Sempre “I have adream” e “Yes We can”. Come se bastassero le chiacchiere a fare ripartire l’economia. Ma Renzi, preso dal suo ruolo, non vuole sentire ragioni ed è partito in quarta. “I veri europeisti – ha sostenuto, parlando di se stesso - sono coloro che vogliono cambiare l’Unione, non chi vuole restare fermo”. Buona parte dell’aula di Strasburgo è comunque euro-scettica se non totalmente anti-euro, anti-tecnocrarica ed anti Commissione europea. Questo per dire che la povertà crescente e la disoccupazione di massa in Europa pesano di più, ed è giusto che sia così, dei bei discorsi delle anime belle sul radioso e progressivo futuro che attenderebbero i cittadini europei una volta che la tecnocrazia europea e la finanza che la comanda si siano definitivamente impadronite di tutto il potere. Quello legale e politico. Siamo giunti infatti all’ulteriore tappa di un processo avviato negli anni cinquanta da alcuni politici in buona fede (come De Gasperi) e da tecnocrati legati al mondo dell’Alta Finanza(tipo il famigerato Jean Monnet) per create prima un mercato comune europeo, poi una unione politica sottoposta di fatto al potere di una autorità sovranazionale. La quale, per forza di cosa, si evidenzierebbe come l’agenzia di affari delle banche e delle multinazionali, i soggetti più interessarti ad un unico grande mercato europeo e poi globale, sul quale far circolare senza freni materie prime, prodotti finiti, capitali e lavoratori. E Renzi, come tutti i neofiti, è perfettamente funzionale a questo tipo di logiche. Il progetto di Hollande, e di riflesso quello di Renzi, è di tipo keynesiano. Utilizzaare risorse pubbliche e private per un grande piano di investimenti che, si è calcolato, potrebbe mobilitare un 2% circa del Prodotto interno lordo dell’Unione. Investimenti che, oltre che avviare un grande quantità di lavori pubblici in infrastrutture, dovranno aiutare le imprese, in particolare quelle medie e piccole, ad investire nella ricerca e nell’innovazione tecnologica. Nesaranno avvantaggiate, almeno nelle intenzioni, l’energia (quella rinnovabile) e il settore delle telecomunicazioni, con particolare attenzione al digitale. L’unico problema sarà dove reperire i soldi. In parte si useranno le risorse inutilizzate dei fondi strutturali e i prestiti della Banca europea degli investimenti che attualmente è un po’ troppo sotto-capitalizzata . E con i vincoli di bilancio, imposti dal Patto di Stabilità, si tratta di un problema non da poco. Giuliano Augusto
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