Nella fase in cui il governo italiano, o meglio Renzi, si scontra con la Germania sulla questione del nostro debito pubblico eccessivo (ed è un eufemismo visto che è pari al 134% del Pil), emergono i dati ufficiali sulla produzione industriale nel periodo 2008-2013. Per l’Italia è stata una autentica ecatombe. Un crollo medio del 20% che in alcuni settori ha toccato il 25%. Al contrario i crucchi hanno recuperato in fretta, forti di una classe politica che, al di là delle differenze partitiche tiene in forte considerazione l’interesse nazionale. Questo significa “Deutschland uber alles”. E forti di un sistema economico strutturato per resistere alle tempeste. In Italia, invece, dobbiamo assistere ad una classe politica di mezze calzette, la cui principale occupazione è quella di trovare una legge elettorale che si annuncia come l’ennesima porcata confusionaria, fatta di marchingegni che coniugano insieme il maggioritario e il proporzionale senzaavere il coraggio, o le palle, per decidere in un senso o nell’altro. Renzi, una volta finito nell’arena internazionale come presidente di turno dell’Unione europea per il secondo semestre del 2014, ha mostrato quanto meno un minimo di grinta di fronte all’Europarlamento, invocando un grande piano di opere pubbliche a livello continentale, pur sapendo di non poter imporre nulla. Stessa grinta anche nel replicare alle critiche della Bundesbank e del capogruppo dei democristiani tedeschi della Csu (la DC bavarese) che lo avevano attaccato per avere appunto proposto un piano che presuppone investimenti privati e statali e quindi un aumento del debito e del disavanzo degli Stati e della stessa Unione europea nel suo complesso. La stabilità va bene, ha concesso l’ex sindaco in una successiva conferenza con Josè Barroso, presidente uscente della Commissione Ue. Ma la crescita è meglio. “Dove sono i soldi?”, gli avevano chiesto in buona sostanza i crucchi con l’esclusione della Merkel che,per l’occasione aveva fatto parlare i suoi mastini, lasciati senza museruola. Renzi non si era risparmiato dal criticare pure la culona tedesca, ricordando che anni fa anche la Germania, in difficoltà, aveva sforato il Patto di Stabilità, per quanto riguarda il disavanzo che dal 3% legale era salito ben oltre il 4%. Affermazione a dir poco temeraria visto che oggi il debito pubblico tedesco è poco sotto l’80% e che il disavanzo è stato ricondotto sotto il livello canonico. Keynes ora e sempre, voleva dire Renzi che parlando a braccio, come ormai è suo costume, ha pronunciato la fatidica frase: “L’Europa è dei cittadini e non dei banchieri”. Purtroppo le cose non stanno così e il primo a saperlo bene è appunto Renzi che ha chari gli esempi dei governi Monti e Letta che devono la loro nascita all’essere appunto espressione della volontà dei banchieri anglofoni, della Bce dell’ex (?) Goldman Sachs Mario Draghi ed appunto della stessa culona tedesca. Tutti desiderosi di liquidareBerlusconi. Non lo sa Renzi che nel mondo globalizzato la politica è, marxianamente, una semplice sovrastruttura dell’economia, o meglio della finanza? Così, cercando di dimostrare di contare qualcosa, Renzi ha intimato alla Bundesbank (guidata dall’ex consigliere economico della Merkel, Jens Weidmann) di non occuparsi di politica e di pensare soltanto a contribuire alla stabilità del sistema finanziario. Come se le due cose fossero separate. "Sarebbe un errore essere ossessionati solo dal consolidamento dei conti", ha precisato a sua volta Barroso che, essendo portoghese (un Paese in crisi) ed essendo a fine mandato, può dire pure cose che la sua carica non gli permetterebbe di dire. Salvo poi precisare che in presenza di un alto debito pubblico, il rigore “è indispensabile per non correre rischi sui mercati”. Insomma se non è zuppa è pan bagnato. Peraltro uno dei punti più significativi dei discorsi di Renzi è quando ha detto che, sì, d’accordo il debito pubblico è altissimo, però laricchezza pubblica e privata italiana è più alta che in Germania. Affermazione inquietante perché implica,a nostro avviso, l’arrivo di una tassa patrimoniale straordinaria, per la quale preme da mesi il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che quando era all’Ocse, in relazione all’Italia ne parlava un giorno sì e un giorno pure. Giuliano Augusto
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