Spending Review: dopo le scintille con Matteo Renzi, Carlo Cottarelli porta a casa il punto
 











“Uno a zero per Cottarelli”. I gufi di Palazzo, come li chiamerebbe il premier, sono già pronti a sintetizzare così la marcia indietro del governo, appena annunciata dal ministro Madia, sulla cosiddetta quota 96, che avrebbe dovuto sbloccare quattromila pensionamenti nella scuola. La titolare della Pa, conversando con i giornalisti a margine dei lavori della commissione Affari costituzionali del Senato, ha infatti spiegato che il governo presenterà emendamenti soppressivi su quattro punti del decreto Pa, approvato con la fiducia alla Camera alla fine della scorsa settimana. Salta la cosiddetta quota 96, saltano i benefici previsti alle vittime di atti di terrorismo, mentre si rivedono i limiti di età previsti per il pensionamento d’ufficio, togliendo il tetto dei 68 anni per i professori universitari e i primari (invariati invece i 62 anni per i dipendenti pubblici e i 65 per i medici).
La marcia indietro arriva dopo le critiche  lanciate lasettimana scorsa dal commissario alla Spending Review: ci stiamo già mangiando i soldi che non abbiamo ancora risparmiato, e così sarà impossibile tagliare le tasse, aveva tuonato in sostanza Cottarelli dal suo blog. Oggetto del contendere, occasione per un discorso in generale, erano proprio i quattromila pensionamenti della scuola: per sbloccare la posizione di insegnanti e altro personale scolastico costretto a restare al lavoro a pochi mesi dal raggiungimento della pensione a causa di una falla della legge Fornero, con l’emendamento del governo alla Camera s’era stabilito infatti di attingere le risorse dalla spending review.
Di qui l’allarme di Cottarelli: “Si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari nelle spese ministeriali”. Una situazione definita “paradossale” di “risorse spese prima di essere state risparmiate”, unconto che con i 460 milioni necessari in cinque anni per il pensionamento dei quattromila a “quota 96” raggiungerebbe già, spiegava il commissario, “1,6 miliardi di euro”. Non a caso, alla Camera, l’emendamento salva insegnanti aveva avuto il via libera della commissione Bilancio, guidata dal pd Francesco Boccia, nonostante il parere contrario del ministero dell’economia, dovuto proprio a problemi di copertura.
Ma, se la settimana scorsa il governo aveva scelto di tirare dritto, facendo spallucce anche agli allarmi di Cottarelli con un sarcastico “la spending la facciamo anche senza di lui”, gli svaghi del fine settimana – o per meglio dire i rilievi della Ragioneria dello Stato - devono aver consigliato maggior cautela. Forza Italia gongola: “Ennesimo flop di Renzi, il governo è  in stato confusionale, e la sua retromarcia è un’ ulteriore prova dello stato comatoso dei conti pubblici”, dice il deputato Rocco Palese.
Ma, in realtà, in questa partita il ruolo del Parlamento edella politica arriva in seconda battuta: al centro dello scontro, esploso sulla cosiddetta quota novantasei, c’è il braccio di ferro tra Renzi e i burocrati dello Stato, che si sta giocando proprio sul decreto Pa nel suo complesso. In scadenza il 23 agosto, prevede norme – come per esempio l’obbligo alla collocazione fuori ruolo per i magistrati e gli avvocati dello Stato che assumano incarichi pubblici – che fanno tremare le vene dei polsi a consiglieri e alti dirigenti. Di qui le tensioni, i rinvii e le bordate che, complice anche una scarsa presa del renzismo nelle sottovie dei ministeri – dove il premier  e le sue emanazioni vengono trattati alla stregua di marziano da  stritolare - ha già portato a modifiche e attenuazione di alcune norme, rendendo via via il provvedimento meno ficcante di quanto fosse in partenza.
Le resistenze sono molte, e pluridirezionali: vedasi ad esempio la retromarcia sul tetto al pensionamento d’ufficio per i docenti universitari, che arrivadopo la dura presa di posizione del rettore della Sapienza di Roma, Luigi Frati. Sui quattromila insegnanti di “quota 96” si intravede invece una prima crepa nel rapporto sin qui da luna di miele tra il ministro Padoan e Renzi. E l’esame del decreto Pa al Senato ha appena avuto inizio. Susanna Turco,l’espresso

 









   
 



 
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