Spira un forte vento quando nel pomeriggio di lunedì 18 agosto cominciano a salire l’altipiano del Formicoso, uno dei luoghi più suggestivi dell’Alta Irpinia, le prime automobili da lasciare rigorosamente a due chilometri e più di distanza per poi proseguire a piedi verso il luogo, «Pero Spaccone», dove tutti si sono dati appuntamento per una intera serata e nottata di happening musicale di protesta, dal titolo esplicito di Nessuno tocchi il Formicoso, contro la costruzione di una megadiscarica voluta dal governo Berlusconi. Un vento che lascia un po’ perplessi gli organizzatori, timorosi che molti preferiscano stare a casa piuttosto che seguire l’invito del cantautore Vinicio Capossela, originario di questi luoghi (il padre è di Calitri, la madre di Andretta, entrambi emigrati in Germania), a difendere una terra non solo bellissima ma dove da tempo si sono messi in moto meccanismi produttivi nuovi, oltre ad essere a ridosso di uno dei baciniacquiferi, il lago artificiale di Conza, dove è stato deciso un intervento da 42 milioni di euro per la potabilizzazione dell’acqua. E il Formicoso è davvero dentro il nuovo modo di produrre italiano: dall’energia del vento (qui e in un vasto territorio circostante è concentrata la più grande centrale eolica europea), ai prodotti agricoli di qualità e di nicchia, alla produzione di un grano duro di assoluta tipicità sul mercato. Prima di dare il via al lungo incontro musicale di protesta, i sindaci e gli organizzatori presenti svolgono tutti gli interventi di rito e illustrano la piattaforma alternativa alla soluzione del problema rifiuti e alla megadiscarica che qui piomba come una assoluta violenza dovendo servire esclusivamente i rifiuti di Napoli e hinterland. La provincializzazione del problema (ognuno smaltisca i rifiuti che produce) è il primo punto all’ordine del giorno. E i contrasti con l’area napoletana non faticano a venire alla luce anche se si mantiene sempre unrigoroso rispetto per problemi che vivono altrove. I primi gruppi musicali (il jazzista Pasquale Innarella, i Molotov, la vocalist di canzoni antiche Caterina Pontrandolfo, i Jambassa+Ketamo, Simone Carotenuto e i Tammurriati, Folska, la banda musicale di Calitri, gli anziani cantori del territorio e tanti altri) cominciano a riscaldare l’atmosfera. Il resto lo fa il tempo e il vento che volge decisamente al bello e prepara una serata e nottata in cui l’altopiano (siamo a poco meno di mille metri di altezza) non solo si riempie sempre più di intere famiglie, giovani (tantissimi), bambini, anziani, insomma una bella atmosfera in cui popolo, istituzioni e artisti hanno dato vita a un connubio poche volte così simbiotico. Vinicio Capossela è dietro il palco a prepararsi per il concerto. Lo raggiungiamo e facciamo in tempo a rubargli qualche dichiarazione. «Vedi, - inizia - basta guardare. Già l’occhio parla di una terra che ha una sua evidente civiltà. Paesi ridimensionatidall’emigrazione non significa che sono paesi morti né abbandonati. Anzi proprio con la crisi che si vive ovunque altrove, io credo che c’è un bisogno forte di questi luoghi. E non solo è sciagurata una scelta come questa della discarica in questi posti, vivi e con loro istituzioni, ma particolarmente brutale perché segue una logica che sembra ripiombarci nel feudalesimo: decreto legge, militarizzazione del territorio». «Il problema rifiuti - continua Capossela - è ormai generale nella nostra civiltà, ma pretendere di fare grandi buche e mettervi l’immondizia è come nasconderla sotto il tappeto. Che modo di procedere è? E poi è incredibile l’assoluta mancanza di confronto: qualcuno molto lontano da qui decide per luoghi che non conosce. È terribile, mostruoso». Vinicio Capossela considera polemiche pretestuose suscitate da organi di stampa la sua presunta lite con Pino Daniele, lui ha semplicemente criticato l’operato di Berlusconi in tema rifiuti mentre il cantautore napoletano haespresso opinioni opposte. Tutto qui. È mezzanotte meno un quarto quando il cantautore fa il suo ingresso sul palco accolto da un applauso. L’altipiano si è riempito da tempo di migliaia di persone (7 mila la cifra che circola, più di 10 mila per gli organizzatori), in lontananza brillano le automobili che tentano di raggiungere Pero Spaccone. Vinicio si lancia subito nel suo lungo concerto (due ore e mezza con code di accompagnamento ai musicisti locali) che è poco definire western, parola da lui usata nel trionfo recente del festival di Carpino. È invece qualcosa di più, una lunga carrellata di una ventina di brani (alcuni del suo prossimo album,Da solo, in uscita a ottobre e altri dell’ultimo, Ovunque proteggi, di due anni fa che vinse il premio Tenco ed è stato fatto conoscere con un tour per mezzItalia) accompagnati dalla «Banda della Posta» di Calitri e da altri cantautori locali, nel solco della riscoperta più ancestrale dei suoni e canti dei luoghi, in questo caso unaAlta Irpinia che assurge a zona del mito rivisitato del mondo contadino, alla sua capacità di inventare le parole più suggestive ed evocative, a miniera per un artista originale che lì va sempre a risciacquare i suoi panni. Un concerto che forse ha lasciato un po’ di amaro in bocca a chi preferiva risentire i suoi vecchi motivi (che pure ci sono stati), e che invece è stato innovativo, per molti aspetti spiazzante anche rispetto al repertorio del tour di questa estate. Alla fine Capossela imita un po’ il gesto benedicente di San Gerardo, santo venerato in questi luoghi, ed è facile l’ironia di Ciccillo, suo vecchio padrino andrettese, che forse «Vinicio ha fatto il miracolo». Non è così semplice perché da oggi la battaglia per impedire la costruzione della megadiscarica sul Formicoso prende le strade più melmose degli incontri istituzionali. E la lotta continua.de Il Manifesto
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