Sono più numerose di tutti i Comuni pugliesi, sono quasi tutte in perdita e hanno debiti per poco meno di un miliardo di euro. Sono le società partecipate pugliesi, attualmente 385, ma la loro crescita sembra inarrestabile. Di queste, 314 sono riconducibili ai Comuni, 62 sono in mano alle Province e 9 alla Regione. Le spa pugliesi gestiscono un esercito di 7271 dipendenti, cifra inferiore rispetto al personale delle partecipate di Lombardia o Emilia Romagna. Il numero di dipendenti pugliesi contribuisce a mandare a picco i bilanci, così come certificato dall’ultima relazione della Corte dei Conti che ha analizzato 161 società pubbliche da Foggia a Lecce. Il costo per ogni unità di personale è di 39mila 379 euro, la spesa totale per il costo del lavoro ammonta a 286 milioni di euro. Troppi rispetto a quanto le stesse società riescono a produrre. Non a caso l’incidenza percentuale del costo del personale sul valore della produzione sfiora il 45 percento, secondo in Italia solo al costo dei dipendenti calabresi. Le perdite totali ammontano a 30 milioni di euro. Ma il dato più pesante è quello relativo al debito. Soltanto quello relativo alle 161 società analizzate dalla Corte dei Conti ammonta a 905 milioni di euro. Sono gli stessi giudici contabili a certificare che il totale degli organismi partecipati pugliesi "mostra una prevalenza delle perdite sugli utili", segnalando le società in perdita. Fra quelle a totale partecipazione pubblica spuntano i 10 milioni di perdite dell’Amiu Spa di Taranto, 2,5 milioni di Troia Energia, 1,3 milioni di Amtab e 1,8 milioni di perdite di Lupiae Servizi di Lecce. A queste però bisogna aggiungere le partecipate regionali. Nella relazione di luglio scorso, la sezione pugliese della Corte dei Conti ha certificato che quasi tutte hanno chiuso con un risultato positivo, fatta eccezione per le Terme di Santa Cesarea, in perdita di 480mila euro. Non a caso la Regione sta provvedendo alladismissione della sua partecipazione. Ma a parte alcune luci, il quadro generale su tutte le società è fatto anche di molte ombre. Cominciando proprio dall’Arif, gigante da 1200 dipendenti nato nel 2010. Nel 2013 ha oneri sul bilancio paria 30 milioni di euro (nel 2012 erano però 38). Molte proteste ha suscitato nei mesi scorsi l’assunzione di circa 80 dipendenti, tutti con contratti a tempo determinato, attraverso agenzie interinali. È stata la Flai Cgil a puntare il dito sulla provenienza degli 80 neo assunti: tutti della provincia di Lecce, territorio elettorale di Taurino. Altro gigante è l’Acquedotto Pugliese (quasi 2mila dipendenti). Il bilancio gode di buona salute e nel 2013 ha fatto registrare un utile netto pari a 36 milioni euro e un fatturato da 450 milioni. Il punto debole è rappresentato dalle infrastrutture, molto arretrate. Per potenziare la rete servono 630 milioni di euro. La società può chiudere in pareggio grazie alla garanzia di un’anticipazione da 200milioni di euro fornita dalla Regione che ha impedito rincari sulla bolletta del 20 per cento. Spending review in atto in Aeroporti di Puglia dopo le spese allegre dell’amministrazione precedente. Nel 2013 si registra un utile di esercizio di circa 1 milione di euro. I costi della produzione sono diminuiti di 2 milioni di euro rispetto all’anno precedente. I dirigenti hanno rinunciato al premio di produzione, pari a 300mila euro, sui risultati del 2012. Ridotte anche le spese di rappresentanza. Lontane le polemiche sulla gestione di Di Paola, al quale solo due mesi fa l’assemblea dei soci di Adp ha chiesto 576mila euro di risarcimento. Altro ente pubblico vigilato è l’Ares, agenzia regionale per la sanità. Nata nel 2001 e da allora più volte nell’occhio del ciclone. L’ultima accusa è contenuta nella relazione del ministero dell’Economia sul bilancio dell’Asl Bari. L’ispettore del Mef certifica che l’attribuzione di funzioni temporanee di dirigente amministrativo è statautilizzata "in modo massiccio" anche dall’Ares, rendendosi responsabile di "atti illegittimi". Diversi problemi colpiscono Innovapuglia, la partecipata realizza supporto tecnico per progetti di innovazione nelle pubbliche amministrazioni. Nata nel 2008 dalla fusione di Finpuglia e Tecnopolis, è stata gestita come società in house. In aprile però arriva la decisione del Consiglio di Stato che stabilisce che quella trasformazione in società internalizzata non era legittima. A questo elenco va aggiunta anche la Fiera del Levante. L’ente pubblico economico di proprietà di Comune, Provincia e Camera di Commercio, ha debiti per circa 25 milioni di euro. Nei giorni scorsi la Regione ha sbloccato il 60 per cento del suo contributo straordinario, che servirà a garantire gli stipendi arretrati dei 65 dipendenti. Ma non basta per mantenere in piedi lo storico ente barese che ha chiuso in perdita tutti i bilanci dal 2007 e che ha praticamente esaurito le disponibilità finanziarie. L’apertura aiprivati sembra inevitabile. A questa concentrazione di potere vanno aggiunti anche comitati, consorzi e commissioni che fanno capo alla Regione.Antonello Cassano,repubblica
|