Crisi. la classifica delle città italiane
 











E’ uscito oggi,  tra le pagine della testata Il Sole24 Ore, un sondaggio nel quale si stila una classifica delle città italiane in base al grado di resistenza che queste hanno dimostrato nei confronti della crisi economica. Dalla ricerca emerge una cartina geografica dettagliata della recessione all’interno della quale sono individuate le aree dello stivale che meglio hanno saputo rispondere alle sfide poste dalla crisi e quelle che, invece, non sono riuscite a fronteggiare gli ostacoli che la stessa ha imposto al percorso sempre tortuoso del benessere.
I parametri di giudizio utilizzati dagli analisti sono i dati relativi alla disoccupazione, alla salute del mercato immobiliare, al costo delle medicine, alla capacità di imporre circoli virtuosi nel riciclaggio dei rifiuti, il numero di laureati prodotti. In testa al ranking compaiono tre città del settentrione: Vicenza, Bolzano e Modena. A seguire Mantova, Pisa, Genova, Prato, Verona, Aostae Milano, con il sud escluso dalla zona alta della classifica.
Il meridione risulta invece presente nella parte bassa dell’elenco. Tra le città che più avrebbero sperimentato i disagi causati dalla recessione sono da annoverare alcune città del Lazio come Viterbo e Latina, le sarde Nuoro e Cagliari, oltre che Messina e Reggio Calabria. Nella stessa situazione sono tuttavia anche città del centro-nord come Terni, Grosseto e Novara.
La tradizionale distinzione tra nord e sud non risulta però esemplificativa della situazione generale. Sembra infatti che alcune delle regioni centro-settentrionali conosciute per essere zone di produzione e di diffuso benessere siano state poco incisive nell’affrontare perdendo così terreno. Si tratta, in particolare di Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Marche.
Altro interessante dato delineato dalla ricerca è quello in base al quale meno competitivi ed efficienti in tempi di crisi economica si sono dimostrati i centri di medio-piccolaestensione.
Dieci grandi città si trovano in deflazione. A dirlo è l’Istat. La deflazione è un calo dei prezzi, ma avviene perché si registra una domanda molto debole di beni e servizi. I prezzi a luglio risultano in calo, su base annua, in diversi capoluoghi di regione o provincia autonoma: Torino (-0,4%), Firenze (-0,3%), Bari (-0,3%), Roma (-0,2%), Trieste (-0,1%) e Potenza (-0,1%). Giù anche a Livorno (-0,7%), Verona (-0,5%), Ravenna (-0,1%) e Reggio Emilia (-0,1%).
In generale l’inflazione a luglio si ferma allo 0,1%, dallo 0,3% di giugno, scendendo così al livello più basso dall’agosto del 2009. Si tratta così della terza frenata consecutiva. Su base mensile i prezzi al consumo diminuiscono dello 0,1%. Quanto ai dati sul cosiddetto “carrello della spesa“, i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona a luglio registrano un calo annuo dello 0,6%, il ribasso più forte dall’agosto del 1997. Su base mensile il ribasso è dello 0,7%.  A luglio i prezzidei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche scendono ancora, segnando un calo dello 0,7% (dal -0,6% di giugno). Si tratta della flessione più forte da quasi dieci anni: viene infatti eguagliata la diminuzione già registrata nel gennaio del 2005. Per trovare un ribasso ancora più profondo bisogna invece tornare indietro al settembre del 1997 (-0,9%).









   
 



 
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