Stabilità, le Regioni insorgono: "Manovra insostenibile. Sanità e trasporti a rischio". Renzi: "Pensate a ridurre gli sprechi"
 











Una manovra "super espansiva" non potrà non impressionare anche l’Europa. "Le condizioni sono eccezionali ma noi restiamo sotto il 3 per cento. E cerchiamo di dare respiro al Paese. A Bruxelles spiega Renzi in consiglio dei ministri - chiediamo solo di usare la flessibilità già prevista. Niente sconti, nessun privilegio ". Certo, dice rivolto ai colleghi del governo, l’impianto non andrà modificato nel passaggio alle Camere. "La manovra è questa. Ha una filosofia precisa che va salvaguardata. I suggerimenti sono bene accetti ma a saldo zero".
La novità, in un passaggio così delicato, è la quasi assoluta adesione dei ministri alla legge impostata da Renzi e da Piercarlo Padoan. Qualche protesta di Maurizio Lupi per i tagli ai Trasporti, il mugugno di Dario Franceschini per gli interventi a favore della cultura (troppo ridotti) accanto ad alcune scene di giubilo davvero inusuali nei consigli dei ministri chiamati a varare le Finanziarie, almeno daquando ci sono i vincoli di Maastricht. La titolare dell’Istruzione Stefania Giannini si è lasciata andare addirittura a un tifo da stadio. "Mai visti investimenti simili per l’educazione", ha ripetuto più volte.
Le slide sono comparse anche nella sala al primo piano di Palazzo Chigi. Con la cifra inattesa dei 36 miliardi complessivi. Renzi è stato molto chiaro su due punti in particolare. L’effetto europeo. "Lo so da solo che non rispettiamo il rientro strutturale del deficit. Ma poi ci sono le riforme, c’è il rispetto del 3 per cento, ci sono la recessione e la deflazione. Noi rispondiamo così, con questa manovra". Le correzioni in corso d’opera. "Il Parlamento può perfino darci una mano. Ma l’impianto non si tocca". Alle Camere per esempio il premier si è appellato per dirimere una discussione tra Giuliano Poletti e Andrea Orlando da una parte e Federica Guidi e Maurizio Lupi dall’altra. I primi due sono stati duri sugli sgravi per i neoassunti a tempo indeterminato. "È chiaroche se in quei tre anni gli imprenditori licenziano il lavoratore restituiscono allo Stato tasse e contributi. Dobbiamo chiarire questo punto", ha detto il ministro del Lavoro. Guidi e Lupi si sono opposti. "Il Parlamento deciderà come vanno modulati gli sgravi, affidiamoci al lavoro dei parlamentari", ha tagliato corto Renzi.
Poletti non è convinto anche delle tasse sui fondi pensione o meglio sulle rendite dei fondi. Una forma di risparmio che deve garantire dei margini tanto più che servirà a integrare la previdenza. Renzi però lo frena: "Eh no, se diciamo che dobbiamo spostare l’imposizione dal lavoro alle rendite anche quei guadagni vanno tassati. È una questione di priorità. Oggi bisogna puntare tutto sull’occupazione. Come abbiamo fatto con il Jobs Act, con gli sgravi, con gli ammortizzatori per i precari".
Il giro preliminare di incontri (e Renzi ha trovato anche il modo di sentire al telefono Diego Della Valle, un suo "nemico") è servito a chiarire l’equivoco sul Tfr conGraziano Delrio. La liquidazione in busta paga c’è, è uno dei pilastri della manovra. Prima di entrare in consiglio il sottosegretario a Palazzo Chigi e il ministro Padoan scherzavano sereni. Martedì Delrio, come quasi tutti gli altri membri del governo, era all’oscuro dell’obiettivo finale di Renzi. Un obiettivo che fino all’ultimo è stato condiviso solo con pochi, a cominciare dal consigliere economico Yoram Gutgeld. L’ultimo scoglio si è rivelato invece il decreto Salva Roma. Fino all’ultimo si sono cercate le coperture per evitare il dissesto della Capitale. Fino all’ultimo è stato difficile far quadrare i conti sull’enorme debito del Campidoglio. Alla fine la soluzione è stata trovata.
Adesso il ministero dell’Economia e il premier hanno messo nel mirino un nuovo bersaglio. I proventi delle privatizzazioni, stimati per il momento in un range che va tra i 4 e gli 8 miliardi, dovrebbero andare alla riduzione del debito pubblico. Ma è una goccia nell’oceano di 2100 miliardi diesposizione. Sarebbero invece più utili per gli investimenti. Un’altra scelta, dicono a Palazzo Chigi, in favore della crescita e dell’occupazione.                                                                                          "La manovra così come si configura è insostenibile". A farsi sentire sulla legge di Stabilità, approvata ieri dal Cdm, sono le Regioni, prime tra gli organi di governo locale a insorgere dopo aver dato una scorsa alla bozza del provvedimento. A non piacere, in particolar modo, il fatto che i taglisiano stati inflitti soprattutto a loro, lasciando magari poi la possibilità di aumentare tasse locali e tariffe. Non il miglior modo di creare consenso.
La risposta di Matteo Renzi all’alzata di scudi dei presidenti di regioni è arrivata nel pomeriggio. Tra un impegno e l’altro dell’Asia-Europe business forum di Milano 
E poi ha rincarato la dose in una breve conferenza stampa direttamente dal forum euroasiatico milanese: "Penso che la protesta delle Regioni sia un atto al limite della provocazione. Vorrei fosse chiaro il gioco cui giochiamo: nessuno cerchi prendere in giro gli italiani. Credo che prima di fare polemica bisogna guardare in casa propria e ridurre gli sprechi, per poter finalmente ridurre le tasse. E’ inaccettabile fare polemica su questo. Adesso tocca a presidenti e consiglieri regionali fare degli sforzi, così come stanno facendo le famiglie italiane. Noi siamo pronti a incontrare le Regioni, ciascuno però faccia la propria parte".
Ma i governatoririmangono sul piede di guerra. E replicano a loro volta ai "cinguettii" del presidente del Consiglio: "Renzi ci offende - ha detto  Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni e governatore del Piemonte, nonché renziano della prima ora - perché ognuno deve guardare ai suoi sprechi, e mi chiedo: nei ministeri forse non ce ne sono?". E Nicola Zingaretti, presidente del Lazio, di rincalzo: "Sprechi? Noi stiamo già tagliando e meglio del governo. Speriamo che questi sforzi non vengano vanificati".
La protesta delle Regioni. La rivolta delle Regioni è scoppiata alle 13, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Roma dai governatori proprio sulle ricadute a livello locale della legge di Stabilità: "Al taglio prospettato di 4 miliardi di euro - ha attaccato Chiamparino- vanno sommati quelli decisi dai governi Monti e Letta pari a circa 1,750 miliardi. Si arriva così a 5,7 miliardi. Tagli insostenibili - ha sottolineato - a meno che non si incida sulla spesasanitaria o con maggiori entrate". Di più: così com’è, la manovra "incrina il rapporto che dovrebbe essere di lealtà istituzionale e di pari dignità istituzionale tra enti dello Stato".
Salute e trasporti a rischio. Ma sono i servizi sanitari e il fondo per il trasporto pubblico locale quelli che rischiano un pesante decremento. "È tecnicamente impossibile prevedere questi tagli senza incidere per il 70% sulla sanità: dei 4 miliardi di tagli, 3 saranno sulla sanità-  ha precisato il presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini - il resto ricade sul trasporto pubblico che si basa sulle entrate delle regioni: non si regge tecnicamente. Con la rettifica fatta in finanziaria non si vuole dire la verità: questi tagli sono su sanità e trasporti".
Nel chiedere al governo un incontro urgente, anche il governatore del Piemonte ha chiarito che il Patto per la Salute è a serio rischio: "Abbiamo dato intesa sul Patto per la Salute e il Fondo sanitario: il Patto viene così meno. IlGoverno fa delle legittime e condivisibili manovre di politica economica ma usando risorse che sono di altri enti: l’elemento incrina un rapporto di lealtà istituzionale e di pari dignità". Sulla stessa linea anche il governatore della Lombardia Roberto Maroni  e il presidente della Campania, Stefano Caldoro: "Il Patto per la Salute non è a rischio, è pregiudicato. C’è un problema di affidabilità istituzionale". Per il presidente del Veneto Luca Zaia "questa manovra passerà alla storia come la legge del massacro specie per le Regioni virtuose". E si è detto pronto alla "ribellione in tutte le forme legittime".
No all’aumento delle tasse regionali. D’accordo, con poche sfumature e scarsissimi distinguo, i presidenti delle altre regioni. Zingaretti ha commentato: "E’ facile abbassare le tasse con i soldi degli altri. Le Regioni sono chiamate ora a condividere il raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica dettati dall’Ue, a finanziare scelte che non abbiamo preso noi ma ilgoverno".
E adesso? Chiamparino ha annunciato che lui le tasse locali non le alzerà, piuttosto si dimette da presidente della Regione Piemonte: "Piuttosto che aumentare l’Irap lascio l’incarico. Noi non vogliamo succhiare sangue al contribuente", ha detto il presidente piemontese. "Non metterò tasse per conto di altri", ha aggiunto la governatrice dell’Umbria.
Incontro Governo-Regioni. Come detto, Chiamparino, insieme ai suoi colleghi, ha chiesto l’avvio di un confronto e la convocazione a Palazzo Chigi. E il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio gli ha risposto  dando la sua disponibilità.
Ma stanotte già si sussurrava, nei palazzi di Roma, che per il premier si tratterà di un prendere o lasciare valido per tutti. Nessuna concessione su nessun punto con nessuno, insomma. E questo vale per l’Ue  (Barroso e Merkel), sinistra Pd, opposizione e anche per i presidenti delle regioni.
D’altro canto il ministro dell’Economia ha cercato dirassicurare sulle risorse. Le "preoccupazioni" relative alle coperture previste nella legge di Stabilità "sono senza fondamento", ha detto Pier Carlo Padoan. Ma non ha escluso l’aumento della tassazione locale: "Le regioni aumenteranno il loro prelievo? Può darsi - ha precisato il ministro - Ma c’è sempre un appostamento di risorse a fronte di un aumento del prelievo e poi saranno i cittadini a giudicare". Il pressing sugli enti locali "non è per far aumentare loro le tasse, ma perchè aumentino l’efficienza. Siamo convinti che i margini ci siano. Si tratta di dare gli stimoli giusti, a partire dal governo". Goffredo De Marchis-Monica Rubino,repubblica









   
 



 
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