L’ambizioso obiettivo di ridurre la quota di risorse destinate ai LEA “Assistenza Ospedaliera” in favore dell’Assistenza Territoriale può essere raggiunto attraverso un recupero reale di efficienza all’interno delle strutture sanitarie. L’efficacia complessiva di un sistema sanitario è, infatti, funzione stretta dell’effcienza (economica) e dell’efficacia che si realizza nell’ambito delle organizzazioni che erogano i servizi e le prestazioni sanitarie. La misurazione dell’efficacia a livello “aziendale” appare come il primo passo verso la misurazione dell’efficacia complessiva del sistema. Ma tale valutazione non è sempre agevole, ed anche la sola valutazione di indicatori di produttività, efficienza e performance economica pone importanti difficoltà. Il presente contributo prende le mosse da un lavoro centrato sull’analisi comparativa di alcune voci di costo registrate nel modello di Conto Economico (CE) delle Aziende Ospedaliere (AO) e delleAziende Sanitarie Locali (ASL) Italiane. Le voci di costo sono, a loro volta, estratte dalle macro voci relative ai costi per Beni, Servizi e Personale e relative alla gestione corrente per servizi accessori delle strutture come, ad esempio, lavanderia, pulizia, mensa, utenze, etc.. Più che fornire una valutazione sulla congruità delle spese sostenute, l’obiettivo principale dello studio è stato quello di valutare la variabilità di alcune voci di costo nelle aziende sanitarie delle diverse Regioni in relazione a parametri strutturali quali la popolazione residente (per le Asl), il numero dei dimessi e le giornate di degenza (per le AO, le AOU e gli Irccs) e il numero dei dipendenti. Nell’analisi sono stati impiegati i dati tratti dai CE: questi rappresentano, infatti, il prospetto più rilevante ai fini del monitoraggio della spesa sanitaria. In ciascun CE è possibile individuare delle macro-aggregazioni di costo che riguardano: Personale, Beni e servizi, Medicina di base,Farmaceutica, Ospedaliera convenzionata, Specialistica interna, Specialistica esterna, Altre prestazioni. L’analisi è stata svolta in diverse fasi: innanzitutto, si è proceduto all’esame delle Linee Guida per l’elaborazione del Modello CE e dalla selezione di alcune voci di costo ritenute particolarmente significative. Si nota, infatti, come alcune voci di costo presentino un impiego delle risorse superiore a quanto sarebbe lecito attendersi, determinando sprechi “inspiegabili” e difficilmente giustificabili, soprattutto se rapportate al peso che hanno sull’intera spesa sanitaria pubblica. I tre macro-aggregati considerati sono stati: Beni e Servizi; Personale sanitario; Personale amministrativo. Successivamente, all’interno della macrovoce “Beni e Servizi” sono state prese in considerazione singolarmente le voci di costo relative a: Prodotti farmaceutici (relativi alle AO e AOU), Servizi farmaceutici (relativi alle sole ASL), Lavanderia, Pulizia,Mensa, Elaborazione dati,Smaltimento rifiuti, Utenze telefoniche, Premi assicurativi, Spese legali. I macro-aggregati così come le voci specifiche di costo sopra identificate sono state messe in relazione con il numero dei dimessi e il numero delle giornate di degenza pesate per l’Indice di Case Mix (ICM), nel caso delle AO e delle AOU, e la popolazione residente nel caso delle ASL. Si è proceduto ad un confronto per Regione fra le macrovoci Beni e Servizi per mezzo di tabelle e grafici boxplot, che permettono una sintesi della performance di un indicatore, restituendo un’immediatezza grafica della sua variabilità tra le diverse unità (strutture) indagate. Le micro voci di costo selezionate sono state poi confrontate per regione con tabelle e grafici boxplot relativi ad ogni struttura presente sul territorio. In questa fase dell’analisi, le ASL e le AO sono state considerate separatamente. Infine, per ogni voce di costo si è proceduto ad un confronto fra Regioni aggregando i costi relativi allesingole strutture tramite l’utilizzo di medie e mediane. Differenze “patologiche” Gli sprechi, le disfunzioni e i costi dell’attuale modello di assistenza sanitaria nonché la grande variabilità nei costi, tanto a livello Macro che Micro, vengono confermati dal presente studio. Inoltre, è interessante esaminare a livello Micro alcune determinate voci di costo, che saranno specificate nel prosieguo. Infatti, se gestite in maniera efficiente, queste ultime potrebbero garantire già nel breve periodo il liberarsi di risorse importanti da destinare a priorità del Ssn quali la prevenzione, l’impiego di tecnologie innovative, l’organizzazione di servizi a livello locale e il miglioramento nell’equità d’accesso. é stata messa in evidenza l’esistenza di una variabilità significativa dei costi di gestione delle aziende sanitarie nelle diverse Regioni: questa variabilità appare estremamente significativa nel caso di Lavanderia, Pulizia,Mensa, Riscaldamento, Utenze esmaltimento rifiuti. In tali casi, sembra difficile poter considerare questa variabilità spiegabile solo da condizioni di contesto istituzionale ed operativo delle diverse Regioni in cui i dati sono stati raccolti, nonché da un collegamento con l’outcome clinico. La variabilità, in questi casi, dovrebbe piuttosto essere considerata “patologica” e sarebbe opportuno identificare le linee di intervento per ridurre questo fenomeno alla normalità. In particolare, la Lombardia è la Regione che per voci di costo come Lavanderia, Pulizia, Mensa, Riscaldamento, Utenze e smaltimento rifiuti, è caratterizzata da costi pro capite estremamente più bassi delle altre Regioni, confermando il dato rilevato in una precedente analisi del 2008. Tuttavia, i costi rilevati per le stesse voci sostenuti da una Regione come la Sicilia sono ancora più bassi: potrebbe ipotizzarsi,pertanto, l’esistenza di economie di scala nelle Regioni più popolose. I valori più bassi di spesa per queste prime due vocisono stati osservati in Lombardia e Sicilia, mentre i valori più alti sono stati registrati in Valle D’Aosta e nella Provincia di Trento. Il Veneto presenta il margine più alto di risparmio soprattutto per le spese relative alla mensa e ai prodotti alimentari. Le Asl della Lombardia hanno sostenuto, nel 2010 la spesa minore per lo smaltimento di rifiuti, seguite dalle Asl di Calabria e Campania. Le spese più alte sono state sostenute in Abruzzo e Sardegna; queste Regioni, insieme al Friuli Venezia Giulia, presentano i margini di risparmio più ampi. Questa voce è caratterizzata da livelli molto bassi di spesa per residente. Le ASL di molte Regioni registrano, in media, valori prossimi allo zero. La provincia autonoma di Trento riporta, in media, il valore più alto. Toscana, Veneto ed Emilia Romagna presentano ampi margini di risparmio. La Lombardia presenta, in media, il valore più basso di spesa per questa voce. Il valore medio più elevato è stato, invece riscontrato in Valled’Aosta. L’Abruzzo, il Piemonte e la Liguria presentano ampi margini di razionalizzazione. Le strutture della Puglia registrano i valori più bassi di spesa per dimesso per lavanderia e pulizia. I valori più alti si osservano in Toscana. Lazio e Campania presentano anche un’elevata variabilità.Nella figura che segue, relativa alla spesa per mensa e prodotti alimentari, si nota come i valori di spesa più bassi vengano registrati nelle Regioni meridionali, ad eccezione della Campania, e, nelle Regioni del centro-nord, in Lombardia,Liguria e Marche. Il valore medio più elevato è quello riscontrato nel Veneto. Le dimensioni dei box plot indicano una certa variabilità anche all’interno delle Regioni. Riguardo alla spesa per smaltimento rifiuti, sia per dimesso che per giornata di degenza, la Regione che presenta valori più bassi di spesa è la Calabria,mentre quella che presenta valori più alti è il Lazio che presenta anche un’elevata variabilità. La Regione in cui la spesa perriscaldamento risulta più variabile, sia per dimesso che per giornata di degenza, è il Veneto. In diverse Regioni (tra cui Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna) si registrano valori molto bassi, vicini allo zero. Complessivamente, i risultati dell’analisi possono fornire utili indicazioni ai decisori di politica sanitaria. Considerando le voci di costo nelle Aziende Ospedaliere in rapporto con il numero di dimessi e con le giornate di degenza, emerge una elevata variabilità fra strutture delle varie regioni. Occorre, però, tener conto di alcuni rilevanti limiti dell’analisi. In primo luogo, nonostante la qualità dei dati estrapolati dai modelli CE sia sostanzialmente migliorata rispetto al passato, è necessario procedere ad ulteriori specificazioni e affinamenti degli stessi dati, affinché questi ultimi possano essere considerati pienamente omogenei e quindi comparabili. E’, poi, necessario migliorare la disponibilitàdi dati infrastrutturali, di attività, performance ed esito a livello di azienda sanitaria, indispensabili per la costruzione di un set di indicatori in grado di offrire un sistema di misurazione della performance aziendale completo e uniforme sul territorio. L’aspetto più debole dell’analisi riguarda, però, tutta la dimensione degli “esiti”. Nonostante a livello ministeriale negli ultimi anni, siano stati condotti il “Progetto Esiti” ed il “Progetto Mattoni”, con l’obiettivo di tracciare un quadro esauriente sugli outcomes dell’assistenza sanitaria relativo alle singole strutture ospedaliere, non si hanno ancora flussi informativi tali da poter garantire la costruzione di un set di indicatori di esito a livello nazionale che sia distinto anche per singole ASL oltre che per singole strutture. I risparmi possibili ed il costo della corruzione Pur con i limiti sopra evidenziati, importanti considerazioni possono essere avanzate sia a livello Micro che a livelloMacro. Si è detto come, a livello Micro, la spesa in eccesso sia stata calcolata facendo riferimento ai valori compresi tra la mediana e il 75° percentile: la considerazione di queste differenze e l’implementazione di politiche finalizzate ad una loro riduzione, vedrebbe una riorganizzazione della gestione delle risorse il più efficiente impiego di quelle che fino ad ora sono state “sprecate”. Dai risultati dell’analisi si evince come i risparmi totali legati alle 8 voci di spesa esaminate a livello Macro (risparmi calcolati in via prudenziale e relativi alla spesa procapite per residente nel caso delle ASL e per dimesso pesata per ICM per le AO) ammontino ad una cifra pari a circa € 896.217.674 per le ASL e € 964.350.254 per le AO. Tali voci rappresentano approssimativamente il 4,3% della spesa sanitaria pubblica (dati del 2010): di conseguenza, lo “spreco” di risorse per punto percentuale di spesa sanitaria pubblica ammonta a € 208.422.715 per le ASL e € 224.267.501 per le AO.Per comprendere la portata di quanto evidenziato, si è replicata la medesima analisi per la spesa farmaceutica (somma di spesa ospedaliera - composta da prodotti farmaceutici - e territoriale - composta sia da prodotti che da servizi farmaceutici – per la popolazione pesata in base a quanto previsto per la ripartizione del FSN 2008). Dal calcolo risulta che la differenza tra il 75° percentile e il valore medio (mediano) ammonta a €1.148.346.835 per le ASL e €929.020.895 per le AO. Alla luce del fatto che la spesa farmaceutica per prodotti e servizi farmaceutici rappresenta il 16,2% della spesa sanitaria pubblica, lo scarto per punto percentuale ammonta a € 70.885.607 per le ASL; per le AO, dato che la spesa per prodotti farmaceutici rappresenta il 6,4% del totale della spesa sanitaria, lo scarto per punto percentuale ammonta € 146.302.503. L’esito di questo confronto evidenzia come il valore marginale degli sprechi derivanti dalle 8 voci prese in considerazione nel presentestudio si collochi fra il 25% ed il 30% in più rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare. Anzi, la differenza in termini di valore marginale potrebbe aumentare laddove la spesa farmaceutica venisse rapportata a valori di esito. Complessivamente, l’analisi conferma quanto emerso nella letteratura più recente, dove i sistemi sanitari finanziati prevalentemente con le imposte dimostrano di avere un maggiore controllo sulle prescrizioni inappropriate mentre dimostrano di non riuscire a controllare il lato della domanda e quindi l’inappropriatezza sul lato dei consumi. Un altro aspetto importante è quello relativo alla valutazione dei risultati gestionali. Emerge con chiarezza come la valutazione necessiti di obiettivi chiari e condivisi: è necessario, così come fatto nel presente studio, capire preventivamente cosa e perché si valuta. D’altra parte, per definire gli obiettivi è necessario che siano fissati chiaramente i principi a cui ispirarsi, primo fra tutti proprio quellodell’equità di accesso nel rispetto dei LEA. Alcune considerazioni finali possono avanzarsi riguardo al costo della corruzione, stimabile a livello Macro. A livello Macro, infatti, si è tentato l’obiettivo più ambizioso di stimare il costo della corruzione, considerando i valori oltre il 75° percentile che riguardano la spesa fortemente in eccesso non giustificata. Come si è già detto, la corruzione è stata definita come lo scarto tra la spesa per residente delle singole ASL italiane ed il valore di spesa corrispondente al 75° percentile calcolato sugli stessi valori di spesa. Le differenze, laddove positive, sono state moltiplicate per la popolazione della ASL a cui fanno riferimento. Con riferimento alle AO, si è fatto invece riferimento alla spesa per ciascun dimesso. I dati riportati nell’ultima riga della seguente tabella forniscono una stima approssimativa del costo della corruzione al netto degli indennizzi per danno erariale. Complessivamente, la spesa in eccessonon giustificata, riferita alle voci comprese all’interno dei modelli CE, alla base delle decisioni di carattere economico-finanziario (che vengono prese tanto dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Economia), è stimabile essere pari a circa 5,5 miliardi di Euro. Questo primo tentativo di procedere ad una stima del costo della corruzione può essere ulteriormente ampliato considerando, oltre che dati statistici provenienti dai CE, anche l’evidenza registrata in ambito giurisdizionale (indennizzi per i danni erariali provocati da episodi di corruzione). Un esempio chiarirà la portata di quanto affermato. A fine Febbraio 2014, la Corte dei Conti ha pubblicato i dati relativi agli indennizzi per danni erariali. Dalla relazione presentata dal Procuratore Generale, Salvatore Nottola, i danni erariali dovuti da oscillano tra un minimo di 133,4 milioni di Euro e un massimo di 256,4 milioni di Euro. In particolare, 55,4milioni di Euro fanno riferimento a 50 sentenze,relative a danni patrimoniali di vario genere, che sono da considerarsi definitive, in quanto emesse delle sezioni Giurisdizionali di Appello. Ulteriori 59,9milioni di Euro fanno riferimento a forme di risarcimento spontaneo corrisposto dagli indagati prima dello svolgimento del processo per evitare il conseguente giudizio. Ancora, alle somme sopra evidenziate si possono aggiungere ulteriori 18milioni di Euro quale conseguenza di 237 sentenze di primo grado da parte delle Sezioni giurisdizionali regionali, che, pur essendo immediatamente esecutive, sono, però, da considerarsi provvisorie in attesa di un’eventuale impugnativa. Infine, possono considerarsi ulteriori 123milioni di Euro che si riferiscono a danni contestati dalle Procure regionali in attesa della valutazione del giudice contabile. “Il dato – secondo il Procuratore Generale – è da considerarsi di per sé significativo e conferma l’attenzione nei confronti di fenomeni di malcostume che accadono nel settore”. Tenendopresenti questi ulteriori dati, si può affermare che il costo della corruzione, stimato sulla base dei modelli CE e dalla considerazione degli sprechi e dei danni erariali liquidati in favore dello stato, raggiunge la soglia di 5,6miliardi di Euro, pari a circa il 5% della spesa sanitaria pubblica in Italia. FS Mennini, M Ruggeri, L Gitto, P Codella, A Marcellusi, S Russo,P. Sciattella, A Cicchetti
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