Firme false, acrobazie e furbate in Senato per la mozione pro Renzi
 











Il momento è delicato. L’Europa sta esaminando i conti dell’Italia, e ancora una volta ci giochiamo la faccia. Non si tollerano contrattempi. Le mozioni sulle dichiarazioni che il premier ha fatto nel pomeriggio di mercoledì 22 ottobre in Senato in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì vanno approvate senza intoppi. A costo di fare carte false. A denunciarle in aula dopo aver letto uno scoop di Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano di mercoledì, è il leghista Roberto Calderoli. “Le firme in calce al documento presentato dalla maggioranza non sono autentiche, ma fatte da un’unica mano”, accusa in aula il capogruppo della Lega, che cerca di bloccare il voto sulla risoluzione di maggioranza favorevole alla linea di Renzi.
La falsità delle firme, così come evidenziato nell’articolo del Fatto, emerge dal confronto con un altro documento siglato dagli stessi capigruppo. Quello che lo scorso 15 ottobre approvava lo slittamento di bilancio al2017. Ma la grafia di Luigi Zanda (Pd), Maurizio Sacconi (Ncd), Karl Zeller (Svp), Lucio Romano (Pi) e Gianluca Susta (Sc) non corrisponde. “Se sono vere quelle di oggi, una settimana fa abbiamo approvato un falso in atto pubblico”, rilancia Calderoli, esponendo ai colleghi i due documenti. Dopo di lui interviene anche il senatore di Popolari per l’Italia, Tito di Maggio, che attacca il premier: “Quando si parla del nostro presidente del Consiglio, le carte sono sempre truccate, ormai ci siamo abituati”.
Ma non è tutto. Calderoli e di Maggio esprimono dubbi anche sulla tempistica della presentazione della mozione a favore di Palazzo Chigi. “Udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio…”, si legge all’inizio del testo firmato dai capigruppo. Peccato che il documento sia stato inviato agli uffici di Palazzo Madama sette giorni fa, una settimana prima che i senatori e i rispettivi capigruppo potessero udire le dichiarazioni di Matteo Renzi, valutarle e votarle. “Se di prassi sitratta, è da rivedere”, continua il senatore del Carroccio, insinuando che quella firmata dai cinque senatori sia in realtà una delega in bianco. Che il Senato della Repubblica, prima ancora di vedere attuata la sua riforma, si sia trasformato in un passacarte del governo?
Carta canta, è proprio il caso di dire. E Calderoli, esperto dei tranelli che il regolamento parlamentare suggerisce, non perde l’occasione. Chiude il suo intervento, e pretende che la presidenza verifichi la paternità delle firme prima di procedere al voto. Persa la faccia di fronte all’evidenza, la maggioranza fa quadrato ed evita almeno il contrattempo, troppo rischioso alla vigilia del Consiglio europeo che, almeno in via informale, ragionerà della nostra Legge di stabilità. Il tentativo di Calderoli e di Maggio, nonostante le carte esposte in aula e già pubblicate dal Fatto, non passa. A regolare i lavori del Senato è Linda Lanzillotta di Scelta Civica, che nega la necessità di una perizia calligrafica. E sedai banchi dell’opposizione provano a metterla all’angolo, lei si smarca con un cavillo: “Si presume che queste firme siano autentiche, visto che sinora nessuno le ha disconosciute”. Calderoli avverte che se il Senato si accontenta di “presumere”, altre valutazioni potranno essere fatte in “altre aule”. Come dire: ricordatevi che è sempre possibile una denuncia per falso in atto pubblico. Poi rimette a posto il microfono e si siede. Il dibattito termina, si vota. E la mozione passa, evitando a Renzi di presentarsi a Bruxelles senza il sostegno formale della sua maggioranza.
Intanto arrivano chiarimenti tra Bruxelles e Roma sulla legge di Stabilità. I colloqui tra le parti, secondo l’agenzia Ansa, si sono svolti mercoledì nel corso di una videoconferenza a cui avrebbero preso parte funzionari della Direzione generale per gli affari economici della Commissione Ue e tecnici italiani. Nel frattempo, sempre stando a fonti europee, l’invio della lettera con le osservazioni della Uesull’ampiezza dell’aggiustamento strutturale dei conti, sulle risorse necessarie per finanziarle e sugli interventi di riforma che l’esecutivo Renzi intende mettere in campo resta in sospeso e potrebbe slittare a giovedì. Mentre il testo del ddl non ancora reso pubblico incassa la sospirata “bollinatura” della Ragioneria generale dello Stato e attende ora la firma del presidente della Repubblica.
Jyrki Katainen, commissario agli Affari economici e vicepresidente in pectore della prossima Commissione a guida Jean Claude Juncker, ha sminuito la portata delle trattative che proseguono da giorni facendo sapere attraverso il suo portavoce che “le consultazioni in corso in queste ore sulla legge di Stabilità non pregiudicano il giudizio finale della Commissione”, ovvero non significa che sarà “necessariamente negativo”. D’altronde, in base alle indiscrezioni circolate in queste ore, il finlandese avrebbe una posizione più morbida rispetto al presidente uscente della Commissione, JoséManuel Barroso, che vorrebbe dall’Italia maggiori sforzi sull’aggiustamento strutturale, pari ad almeno lo 0,5%, laddove il governo ha invece indicato lo 0,1%. A Katainen potrebbe andare invece bastare l’attivazione della “riserva” da 3,4 miliardi messa da parte dallo stesso governo in caso di rilievi Ue, che porterebbe lo sforzo a circa lo 0,25%. Secondo il Financial Times, la Commissione avrebbe pronte “richieste formali” di dettagli a Italia, Francia, Austria, Malta e Slovenia.
Matteo Renzi professa tranquillità. “In queste ore a fronte di rilievi sempre fatti rispetto alla legge di stabilità si dice ‘arriva la lettera della Ue’, cosa che fa evocare chissà quali procedure, messaggi o minacce“, spiega il premier nell’Aula del Senato parlando del Consiglio Ue in programma il 23 e il 24 ottobre. Ma tutto questo “è naturale“, come è “naturale che l’Italia sia protagonista con la propria voce” senza “diktat esterni“. Il premier difende la posizione dell’Italia nei confronti diBruxelles: “Quando andiamo ai Consigli europei non siamo degli osservati speciali che hanno dell’Europa l’immagine di una maestra severa e arcigna, che ci spiega cosa fare. Ma siamo un Paese che dovendo svolgere un percorso di riflessione su se stesso e lo sta facendo perché lo ha deciso”. Basta, quindi, alla “subalternità culturale” rispetto all’Europa: “E’ sufficiente una mezza dichiarazione del portavoce dell’aiutante del sottosegretario della Commissione per avere titoloni sui giornali tipo ‘l Ue avverte, intima, minaccia’”. Al contrario l’Italia deve sentirsi “all’interno delle istituzioni europee a casa propria”.
Intanto, però, a sette giorni dal Consiglio dei ministri che lo ha varato, il testo del disegno di legge di Stabilità 2015 non si è ancora visto. “Il testo, corredato di relazione illustrativa è stato presentato dal Ministero dell’economia e delle Finanze al Consiglio dei ministri che lo ha discusso il 15 ottobre, approvandolo salvo ulteriore affinamento tecnico”, silegge in una nota diramata martedì sera dal ministero del Tesoro, che ha così ammesso una volta per tutte che il testo approvato dal Consiglio dei ministri mercoledì 15 era tutt’altro che definitivo. Smentendo, tra l’altro, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che subito dopo il Cdm aveva promesso la diffusione del documento “nelle prossime ore, già stasera”, mentre il premier Renzi era stato leggermente più cauto parlando di “domani mattina”.
Martedì sera un nuovo mistero: il ddl è arrivato al Quirinale “in attesa di bollinatura da parte della Ragioneria Generale dello Stato”, si legge in una nota del Colle, che commentava con freddezza l’irritualità del fatto. Riassumendo: il testo della legge di Stabilità, di cui al momento si conoscono i contenuti solo per sommi capi, è arrivato sulla scrivania di Giorgio Napolitano senza che la Ragioneria generale dello Stato lo abbia vidimato attestando l’adeguatezza delle coperture. “Sono attualmente in fase di completamento larelazione tecnica e le tabelle di accompagnamento”, scrive ancora il Tesoro. “In attesa della bollinatura, prevista per domani (mercoledì, ndr), l’articolato legislativo è stato anticipato al Quirinale”. Dove, nonostante la sua incompletezza, sarà “oggetto di un attento esame” da parte del presidente della Repubblica.
E’ arrivata a Roma l’attesa lettera sulla legge di Stabilità della Commissione europea, alla quale "il Governo italiano risponderà entro domani". Lo ha reso noto il Ministero dell’Economia. Si tratta della richiesta di chiarimenti sugli scostamenti dagli obiettivi di conti pubblici per quanto riguarda il 2015, fissati nella Finanziaria che il 15 ottobre scorso è stata inviata alla Commissione stessa. Non è ancora il giudizio vero e proprio sul bilancio tricolore, atteso per il 29 ottobre, ma un passaggio intermedio che rischia di essere una sorta di "anticamera" della bocciatura. "E’ un processo in corso, la richiesta di informazioni all’Italia non pregiudica ilrisultato" finale, ha comunque sottolineato il portavoce del vice presidente Ue, Jyrki Katainen. A differenza di alcune ricostruzioni, inoltre, non vengono sollevati dubbi su coperture e riforme proposte.
Nella missiva, datata ieri, siglata dal vice presidente Katainen e indirizzata al titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si ricorda che l’Italia ha deciso di intraprendere "una deviazione significativa" dal percorso di avvicinamento per l’obiettivo di bilancio nel 2015. La Commissione sottolinea inoltre la necessità di venire a conoscenza di "come l’Italia potrebbe garantire il pieno rispetto dei suoi obblighi di politica finanziaria" per l’anno prossimo.









   
 



 
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