Ma indipendenza non vuol dire secessione
 











Ha sollevato molta sorpresa e un po’ di preoccupazione il sondaggio di Demos sul sentimento indipendentista degli italiani. Rivela che oltre un terzo dei cittadini è favorevole all’indipendenza della sua Regione dall’Italia. E, in particolare, oltre la metà nel Nordest e in Veneto. Così molti osservatori e molti “militanti” – da posizioni opposte –hanno, automaticamente, rilevato – e denunciato - il rischio separatista. La minaccia della secessione che incombe, inquietante, sul Paese. E, in alcune zone, in modo pesante.
Personalmente, però, io ho un parere diverso. Non perché non ci sia motivo di preoccuparsi, ma il pericolo vero mi pare diverso da quello denunciato. Perché l’indipendenza non significa, necessariamente, secessione. Ai cittadini, non richiama, automaticamente, separazione, fuga dall’Italia. Ma, piuttosto, in-dipendenza. Minore dipendenza. Cioè: autonomia, autogoverno, autoregolazione. È domanda di potere reale in ambito locale.Anche se spesso i governi locali – e regionali, in particolare – non sono migliori di quello nazionale. Anzi, lo fanno rimpiangere.
D’altronde, quando nei sondaggi la questione viene posta in modo esplicito, i risultati respingono sempre, in modo inequivocabile, la prospettiva della separazione. Un po’ come avviene nei confronti della UE e, soprattutto, dell’euro. Non piacciono, sono considerati poco vantaggiosi. Anzi, dannosi. Ma solo una minoranza prende in considerazione l’idea di uscirne. Di abbandonare la UE e lo stesso euro. Questione di prudenza…  Lo stesso, a maggior ragione, avviene per l’Italia. Molti la guardano con “distacco”. Ma non intendono distaccarsi. Vorrebbero l’indipendenza. Ma poi chissà cosa capiterebbe. Per cui, nell’incertezza, meglio restare così… D’altronde, lo stesso è avvenuto altrove, in Europa, di recente. In Scozia, anzitutto, dove la maggioranza dei cittadini, al momento di scegliere, al referendum per l’indipendenza, ha preferito mantenereil  legame con Londra. Certo, in Catalogna è andata in modo molto diverso. E l’80% dei votanti, nella consultazione sull’argomento, ha votato per la creazione di uno stato indipendente catalano. Però si trattava, appunto, di una “consultazione”. Insomma, di una specie di sondaggio. Al quale, peraltro, ha partecipato una quota minoritaria della popolazione. Intorno al 40%.
Invece, se proprio vogliamo dare un significato all’indagine  di Demos, e al sentimento che rivela, conviene guardare allo Stato.. Al rapporto con le istituzioni. A livello centrale e locale. La domanda di indipendenza, infatti, si associa a un elevato livello sfiducia nella politica e nei politici, nella UE e nel governo, ma anche nelle opposizioni. È sfiducia nel mondo, diffidenza verso gli altri. Insomma, come ho già scritto, è un segno di solitudine profonda. Diffuso fra i cittadini.  E questo mi pare, francamente, molto più inquietante di ogni rivendicazione indipendentista.IlvioDiamanti,repubblica

 

 









   
 



 
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