"L’Abruzzo era il far west, una regione senza regole da 10 anni". Così l’ex presidente della regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco, intervistato a Porta a Porta, in una trasmissione che andrà in onda domani sera, tutta incentrata sull’inchiesta per le presunte tangenti nella sanità abruzzese che il 14 luglio scorso portò all’arresto dello stesso Del Turco e di altri membri della giunta regionale. Del Turco ha affermato che la sua giunta tra il 2005 e il 2008 ha tentato di far approvare una serie di leggi per riportare ordine nel sistema sanitario abruzzese. "Angelini era abituato a una regione che non aveva regole", ha detto Del Turco riferendosi al re delle cliniche private abruzzese, suo principale accusatore nell’inchiesta. "Quando sono arrivate le regole, Angelini è impazzito". Del Turco ha anche affermato che "Angelini era convinto che lo stessero per arrestare, perché ne aveva fatte di cotte e di crude". "Bastava un’autocertificazione da parte dellecliniche - ha detto Del Turco - per il rimborso dei ricoveri. Inoltre Angelini e altri - ha aggiunto riferendosi ai gruppi privati nella sanità - avevano rinnovato il tariffario ottenendo un aumento del 30% per ogni prestazione"; un rinnovo, ha spiegato Del Turco, che era scattato con la giunta precedente a quella da lui guidata. "Era già pronta una nostra delibera - ha dichiarato l’ex presidente della regione Abruzzo - che tagliava del 30% il valore delle prestazioni". Una misura che secondo Del Turco "ad Angelini avrebbe procurato tagli per il 2008 pari a 10 milioni di euro". Inoltre, secondo quanto ricostruito da Del Turco, fra il 2005 e il 2008 "la giunta aveva fatto approvare tre leggi per rimettere ordine nella sanità abruzzese". In particolare Del Turco ha citato una legge "contro i ricoveri impropri" per evitare, ad esempio, "un ricovero per un epistassi, cioé sangue dal naso". Del Turco ha fatto riferimento poi ai "ricoveri ripetuti" cioé "gonfiati". "Abbiamofatto accertamenti - ha dichiarato ancora l’ex governatore - per 50 milioni di euro di ricoveri, di cui 16 milioni di euro solo per il gruppo di Angelini". Se assolto "io penso di avere il diritto di continuare la battaglia politica nelle file dei riformisti". Così l’ex presidente della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco accusato di avere intascato tangenti nell’inchiesta sulla Sanità abbruzzese, ha risposto alla domanda se continuerà e con chi l’attività politica. "Chiaro che se finirà che vengo giudicato colpevole non lo farò - ha detto Del Turco -. Io sono un garantista e vorrei che vincesse questa cultura. Se c’é una cosa che ho rimproverato al Pd è che un partito che si chiama ’democratico’, non può decidere che tra l’opinione di un magistrato e la carta dei diritti dei cittadini sancita dalla Costituzione, prevalga sempre l’opinione del magistrato". Sarebbe veramente ingiusto - ha detto ancora Del Turco - che la mia storia politica, di cui sono fiero nonostante alcunierrori, finisca perché un signore, non sapendo come giustificare un buco gigantesco della sua clinica, dice di aver dato soldi a vari personaggi della Regione, e guarda caso in quantità che corrispondono quasi sempre con i suoi prelievi che faceva in banca". Il bersaglio di Del Turco è l’imprenditore della Sanità abruzzese, Vincenzo Angelini, suo principale accusatore nell’inchiesta. Nel corso dell’intervista a ’Porta a Porta’ a Del Turco è stato chiesto più volte dal conduttore Bruno Vespa perché Angelini si fosse recato spesso a casa dell’ex governatore dell’Abruzzo. Una circostanza che Del Turco ha negato. "Angelini - ha detto - prelevava soldi e di fronte ai magistrati ha dovuto ricostruire tutti i prelievi e ha detto che li dava a me e non solo a me". Quanto ai sei milioni di tangenti che secondo l’accusa, Del Turco avrebbe intascato (parte di un giro complessivo stimato in 15 milioni), "6 milioni di euro - ha affermato - sono una cifra che non so nemmeno come si scrive, me lasono ritrovata addosso, addirittura come già spesa". "Nei 90 giorni in cui non ho potuto dir niente - ha sottolineato ancora Del Turco riferendosi al periodo della detenzione in carcere e dei successivi arresti domiciliari, ora tramutati in obbligo di dimora - sono stato vittima di mascalzonate che non hanno proporzioni nemmeno nel periodo in cui Di Pietro faceva le sue inchieste" durante Tangentopoli.Ansa
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