Renzi a minoranza Pd: "Fate partito nel partito, da voi critiche ingiuste e ingenerose"
 











Scontro finale nel Partito democratico sulla riforma della legge elettorale. L’onda d’urto dell’addio di un padre nobile del Pd come Sergio Cofferati si fa sentire anche sulle prossime scadenze istituzionali, prime fra tutte l’Italicum e l’elezione del capo dello Stato. "Il modo sbrigativo, offensivo per la dignità di Cofferati, con cui la sua scelta è stata trattata, pesa notevolmente sul Quirinale", spiega Stefano Fassina. Ma è tutta la minoranza dem a tornare a chiedere un confronto politico sul modello partito. Perché a pesare, più delle dimissioni, è il modo in cui queste sono state recepite dai vertici. "Non so cosa deve succedere ancora perché nel partito si apra una riflessione su cosa è diventato il Pd e dove vuole mettersi. Se è diventato un partito di centrodestra, sarebbe importante che lo dicesse il segretario per primo".
In questo clima, larga parte della minoranza Pd si prepara a chiedere il conto a Matteo Renzi in occasione dellavotazione sulla riforma elettorale, da martedì al Senato. Oggi il presidente del Consiglio e segretario del partito ha riunito i senatori a Palazzo Madama: "Stiamo passando da un eccesso di palude a un impegno di notevoli dimensioni. Ora siamo a un passaggio chiave", avrebbe detto il premier in apertura di riunione, affiancato dal ministro Maria Elena Boschi. Poi Renzi ’bacchetta’ Miguel Gotor: "Caro Miguel, arrivando qui ti ho definito il mio nemico di fiducia. Le tue critiche sono ingiuste e ingenerose, non si può usare un gruppo minoritario come un partito nel partito". Nel merito dell’Italicum, la proposta è la seguente: "Le richieste della minoranza sono state accolte: sulle soglie, l’alternanza di genere, le liste bloccate", e dunque "non ci sono spazi per soluzioni alternative rispetto alla legge che vi ho proposto. Quindi rivediamoci domani verso le 12 usando queste ore per evitare rotture. Rimandiamo l’inizio del voto a domani pomeriggio".
Ma la minoranza Pd ha giàannunciato, sempre per oggi, una conferenza stampa dedicata proprio alla legge elettorale. L’appuntamento è nella sala Nassiriya di Palazzo Madama: interverranno, oltre a Gotor, i senatori del Pd Paolo Corsini, Nerina Dirindin, Maria Cecilia Guerra, Carlo Pegorer e Lucrezia Ricchiuti.
Ma proprio Gotor ribadisce la linea della minoranza Pd sulla riforma elettorale: "No ad un parlamento di nominati. No ad un parlamento di liste bloccate. Questo era l’aspetto più deteriore del Porcellum, come hanno detto tutti i candidati alle primarie del pd. Questo è per noi un punto dirimente sul quale non si registrano passi in avanti e dalle proiezioni fatte dal senatore Federico Fornaro, il nuovo parlamento sarebbe composto da un solo partito che elegge con le preferenze, il Pd. Tutte le altre forze politiche eleggerebbero parlamentari tutti bloccati".
In questo sistema il parlamento è "composto da nominati, mentre le preferenze sarebbero un optional dato solo alla lista che vince leelezioni".
Di sicuro, però, c’è che 6 firmatari (sui 36 complessivi) dell’emendamento presentato da Gotor contro i capolista bloccati, non voteranno la proposta di modifica in aula. Lo ha riferito Bruno Astorre, senatore di AreaDem che aveva firmato l’emendamento della minoranza assieme ad altri parlamentari della maggioranza interna. "Non ritiriamo la firma, ma in aula ci asterremo". Gesto che in Senato equivale a un voto contrario.
Intanto, il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Luigi Zanda, ha confermato ai senatori il timing della legge elettorale: "Deve essere approvata prima dell’elezione del presidente della Repubblica".repubblica









   
 



 
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