Ed ecco tornare lo spauracchio della pandemia. Stavolta non sono più i polli a fare paura, bensì i maiali. Ma la sindrome della febbre suina in Messico non è nient’altro che la "vecchia" influenza aviare che ritorna, anzi, che non è mai andata via. Il virus chiamato in causa adesso è l’H1N1 ovvero un Ortomixovirus, un tipo di virus che si contraddistingue per avere moltissimi sottotipi, fatto che ha portato a identificare le diverse varianti con le due lettere H e N e una serie di numeri per ogni lettera, 1,2 3, ecc. Il virus dell’aviare era H5N1. A ben guardare, se la tipologia sarà confermata, si tratta dello stesso agente virale che aveva causato la tristemente famosa "spagnola", che fece più di 40 milioni di morti in tutto il mondo subito dopo la prima guerra mondiale. Al tempo la situazione sanitaria generale era decisamente più fragile di quella attuale, fatto estremamente importante perché si deve ricordare che le malattie, persvilupparsi, richiedono sia la presenza dell’agente infettante, virus o batterio, sia uno stato immunitario insufficiente e condizioni ambientali predisponenti, ad esempio il freddo intenso. Oggi le condizioni di salute della popolazione, almeno quella dei paesi ricchi, sono mediamente migliori e una pandemia di quelle proporzioni è abbastanza improbabile, nonostante non dispiaccia alle case farmaceutiche, produttrici dei miracolosi vaccini, dire esattamente il contrario. In pratica, a rischiare sono quasi esclusivamente le popolazioni del sud del mondo, ma a fare incetta di antivirali e vaccini, arricchendo ulteriormente le multinazionali del farmaco, saranno come al solito le popolazioni dei paesi più sviluppati… che non rischiano ma possono pagare. Restano però alcune domande importanti da fare per capire e, magari, per prevenire simili situazioni. Perché il virus dai volatili o dai maiali passa all’uomo? Da un punto di vista scientifico si ammette che i volatili sono ilserbatoio di questi virus, i quali passando da animale ad animale possono mutare le loro caratteristiche, cioè diventare più virulenti, cambiare il potere infettante, cioè colpire animali che prima non erano colpiti, e così via. Il modo in cui avviene la trasformazione è stato studiato a fondo. Passando da animale ad animale trova condizioni immunitarie diverse, le quali interferiscono con la sua struttura e facilitano la modificazione del patrimonio genetico. È naturale che tali modificazioni siano più facili laddove vi sia una grande concentrazione di animali con caratteristiche immunitarie diverse come può avvenire negli allevamenti industriali, dove gli animali sono sottoposti a grande stress e a continui trattamenti preventivi a base antibiotica, senza i quali, a causa delle condizioni innaturali e di sofferenza, gli animali morirebbero. Il virus ha elevate capacità di adattarsi e di colpire altre specie animali passando da quella normalmente parassitata ad altre. I suinisono sensibili sia ai virus influenzali umani sia a quelli aviari, è quindi abbastanza comprensibile che siano loro i responsabili del riassorbimento genetico del virus, tale da renderlo patogeno per la specie umana. Questo probabilmente è quanto avvenuto e sta avvenendo in Messico. Inutile guardarsi attorno, i responsabili siamo noi, ancora una volta. Il modo in cui alleviamo gli animali per poter pagare poco la nostra carne quotidiana, il modo in cui li ammassiamo, il modo in cui cerchiamo di speculare sulla loro pelle hanno effetti devastanti non solo sulle loro misere vite ma anche sulle nostre. Questo potrebbe forse ricordarci quanto gli esseri viventi siano simili tra loro, invece, davanti al prosciutto crudo, ce lo dimentichiamo spesso. * presidente dell’Associazione Veterinari per i diritti degli animali
|