Sanità, 4,5 mln di interventi chirurgici. Denunce, è boom: +184% in 10 anni
 











Sono circa quattro milioni e mezzo gli interventi chirurgici effettuati ogni anno nelle strutture sanitarie italiane. Un numero elevato reso possibile dai circa 6 mila chirurghi che, ogni giorno, utilizzano il bisturi nelle sale operatorie del nostro Paese. E che difendono il loro lavoro a dispetto di quello che pensa l’opinione pubblica e di quello che emerge dai media. La chirurgia italiana è una delle più efficienti al mondo, con picchi di eccellenza in settori come trapianti, robotica e laparoscopia, dove l’Italia occupa il secondo posto alle spalle degli Stati Uniti. Eppure negli ultimi dieci anni si sono moltiplicate (+184%) le denunce per ’malasanità’ da parte di pazienti appena operati. A segnalare il dato sono gli esperti della Società italiana di chirurgia (Sic), riuniti oggi a Roma per presentare il congresso di primavera della Sic, in programma a Chieti venerdì e sabato.
Il dato, lamentano i chirurghi, è paradossale "se pensiamo chela stessa Oms riconosce a livello internazionale il grado di eccellenza raggiunto dalla chirurgia italiana". Al medico col bisturi viene spesso attribuita la responsabilità di disservizi e carenze degli ospedali, nonostante sia stata sottratta loro la possibilità di gestire risorse umane e materiali, pertinenza esclusiva degli amministratori, evidenziano. "Ma se pensiamo che 9 medici su 10 che subiscono una denuncia vengono poi assolti - sottolinea Enrico De Antoni, presidente Sic - forse chiariamo meglio la situazione. E’ assurdo che nel nostro Paese ci sia una legislazione che scarica sul singolo medico ogni responsabilità per qualsiasi evento della ’catena di montaggio’, nonostante nella situazione attuale il medico sia assolutamente assente da posizioni direttive".
Il codice penale attualmente in vigore in Italia non tutela il lavoro dei chirurghi, troppe volte accusati senza motivo di malasanità. "E’ un codice del 1930 che va cambiato, come avvenuto in altri Paesi, perché noncontempla la specifica per la sanità", afferma De Antoni. "Il nostro codice - polemizza - non considera l’intervento chirurgico come un atto terapeutico. Ogni volta che operiamo, quindi, andiamo incontro ad un’ipotesi di reato. E’ una situazione insostenibile".
I dati della Sic sono chiari: nel corso della propria vita professionale, 8 medici su 10 riceveranno una richiesta di risarcimento e molti di loro incorreranno in un processo giudiziario, accusati ingiustamente di ’malpractice’. Un terzo dei chirurghi, inoltre, passerà la propria carriera sotto processo. Il costo delle assicurazioni personali per colpa professionale è salito negli ultimi anni del 300%, mentre le compagnie assicurative - termina la Sic - arrivano oggi ad incassare circa 500 milioni di euro per i premi nel settore sanitario.
E intanto crolla il mito del chirurgo che ’armato’ di bisturi può salvare una vita. Tempi lunghi per affermarsi e costi elevati per studiare spingono i giovani a intraprendere altrestrade. "Anche in Italia, come nel resto del mondo, sono in calo i ragazzi che studiano per diventare chirurghi". "E’ un problema internazionale, non solo italiano - premette De Antoni, presidente Sic - Una volta, per un posto da chirurgo, si presentavano 5-6 persone. Oggi riusciamo a stento a coprire i posti disponibili". Il presidente spiega il motivo di questo disamore. "L’impegno temporale e finanziario che comporta questa professione non è secondario - sottolinea - poiché un ragazzo deve studiare almeno 6 anni per laurearsi, altri 6 per specializzarsi e almeno altri 6 per avere quell’affermazione professionale sul mercato. Quasi vent’anni nei quali si fanno tanto sacrifici e si ottiene poco, specialmente in termini economici".
Ma anche il contenzioso medico-legale ha un suo peso. "Se pensiamo che un terzo dei chirurghi andrà sotto processo nella sua carriera per una denuncia per malasanità - aggiunge De Antoni - capiamo perché i ragazzi preferiscono altre professioni". E’inoltre cambiata l’immagine che si ha generalmente del chirurgo. "Una volta - prosegue il presidente della Sic - svolgevamo un mestiere prestigioso e gratificato. Oggi il chirurgo è più che altro un dipendente che per fare strada deve avere qualche appoggio politico. Anche questo ha avuto un peso nella disaffezione dei giovani". Adnkronos









   
 



 
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