Alle Europee con i decimali in tasca Partiti alla conta col proporzionale
 







di MARCO BRACCONI




Che l’attuale maggioranza di governo esca riconfermata dalle urne non è in discussione. Il Pdl e la Lega mantengono una presa forte sul consenso del paese. L’equlibrio tra le due forze, il partito dei berluscones e il Carroccio, è invece aperto e sempre più mobile.
Quaranta e dieci. I due numerini indicano le soglie che i due alleati si danno per mescolare le carte in tavola. Il Cavaliere, infrangendo quotidianamente la legge sulla par condicio, si è lanciato in un improbabile 45%. Dietro la propaganda, la verità è che se andasse sopra il 40 per cento il Popolo delle Libertà avrebbe colto il suo primo obiettivo: andare ben oltre i voti conquistati alle politiche dimostrando che il "buongoverno" è il volano ideale del nuovo partito. Specularmente, Bossi punta ad un risultato a due cifre. Dal 10% in su il Carroccio avrebbe una forza così ampia e concentrata da poter reclamare la guida del Veneto, per esempio. Ma non solo. Gli uomini del Senaturpotrebbero continuare a dettare l’agenda di governo sui temi a loro cari, dall’immigrazione al federalismo. Mettendo a dura prova la tenuta di quei settori ex An, ora nel Pdl, che non hanno mai avuto rapporti facili con i lumbard.
Mister milioni. Assieme alla partita con la Lega il premier si gioca un match tutto personale. Quello delle preferenze. Berlusconi ne vuole due milioni. Meglio sarebbero tre. Il suo obiettivo insomma è poter dire, all’indomani del voto, che gli italiani hanno spazzato via con il voto e il suo nome "calunnie, invidie e odio" contro di lui. Che la migliore risposta ai giornali e ai magistrati eversivi l’ha data il popolo.
Pd, primum vivere. Il partito democratico è a un passaggio decisivo della sua breve storia. Perché l’obiettivo è tenere oggi, a tutti i costi, per ricominciare a fare politica domani. Scendere sotto il 25% scatenerebbe una reazione a catena dagli esiti imprevedibili. Come la doppia emoraggia da destra e da sinistra. Restare attorno al27/28 per cento, ad una decina di punti di distacco dal partitone del predellino, terrebbe invece assieme anche le "ali" del Pd e consentirebbe ai suoi dirigenti - ammesso che ne siano capaci - di arrivare al congresso con una prospettiva politica di più lungo respiro.
"L’unica opposizione". Come per il rapporto Pdl-Lega, democratici e dipietristi affrontano il voto europeo in concorrenza. L’ex pm ha da tempo scelto la linea dell’"unica opposizione", puntando dritto al cuore dell’elettorato deluso del Pd. L’operazione, che sembrava procedere con successo fino alle dimissioni di Veltroni, sembra aver subito negli ultimi mesi una qualche battuta d’arresto. Ma saranno le urne a dire quanto Tonino ha raccolto con la sua strategia. Di certo, come il Carroccio per il premier, una Italia dei Valori vicina al risultato a due cifre sarebbe un incubo per il maggior partito di opposizione.
Sinistre a rischio beffa. L’imperante populismo berlusconiano non è bastato a debellare il virusdivisionista della sinistra. Dopo che il congresso di Rifondazione ha sancito la scissione tra quasi risse e livori personali, le liste a sinistra del Pd sono due. Con lo sbarramento del 4%. I sondaggi, tranne quelli annunciati nei comizi di Berlusconi, sono muti da un po’. Ma per Vendola e Ferrero, che si contendono un bacino elettorale storicamente sotto il dieci per cento, il rischio è restare di pochi decimi sotto la soglia, magari con una percentuale simile. Vale a dire, nessun parlamentare in Europa e la questione dei rapporti di forza al punto di partenza.
La scommessa centrista. Casini lo ripete da mesi. Il bipolarismo è una tigre di carta. La scommessa dell’Udc è nell’avvitamento dell’attuale quadro politico, con la scomposizione degli attuali poli e il rimescolamento delle alleanze. Ai centristi serve una crescita, neppure tanto consistente, da poter spendere nelle alleanze locali e continuare a piantonare il centro. Con almeno tre opzioni aperte: il Grande centro,l’alleanza con un Pdl de-berlusconizzato, un accordo con il nuovo Pd che uscirà dal congresso. de La Repubblica









   
 



 
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