Una ennesima lettura della "Caritas in veritate".
Pecunia non olet.
 







di Rosario Amico Roxas




Papa Ratzinger

Avendo proposto una interpretazione accurata dell’enciclica Populorum Progressio per esaltare tutto ciò che viene misconosciuto da Benedetto XVI nella sua "Caritas in veritate", ritenevo chiuso il discorso tale enciclica, alla quale viene data una importanza ben superiore al suo contenuto, con il chiaro scopo di assecondare il progetto papale si ridimensionare l’intero magistero della Chiesa per accogliere il concetto di un possibile capitalismo etico.
Ora si lanciano in commenti  politici ispirati come Tremonti, Sacconi e, financo, Mara Carfagna, i quali, in buona sostanza riferiscono "l’alta ispirazione del messaggio papale " chiamando in causa anche "il vero Vangelo del terzo millennio". Espressioni che denunciano con chiarezza che l’enciclica non è stata nemmeno sfogliata, e se lo fosse stata, avrebbe rappresentato una inutile fatica.
Rileggere per l’ennesima volta non basta a scoprire un messaggio nuovo e diverso da quello che sievince fin dalla prima lettura.
Prima di affrontare una ulteriore analisi, non si può non ricordare la lettera-viatico che il pontefice indirizzò al presidente del consiglio alla vigilia del G8; una lettera totalmente priva di contenuti se si esclude il compiacimento di fornire al medesimo presidente del consiglio una forma di autorevolezza per riflesso, magari con la raccomandazione non scritta, di sforzarsi di fare la persona seria: una purificazione della memoria per attenuare l’immagine svalutata e derisa dalla stampa mondiale.
Rileggere per trovare il nuovo messaggio o quel "vangelo del terzo millennio", non rappresenta certo la migliore lettura, risultando difficile eliminare dalla memoria l’ambiguità del sodalizio teologico e filosofico tra Ratzinger e il razzista ateo Marcello Pera; così come risulta difficile non ricordare il sodalizio spirituale che legò papa Montini a Maritain, perché il passaggio diventa traumatico, trattandosi di transitare dal gigantismo spiritualedi Montini e Maritain  al nanismo culturale e contraddittorio di Ratzinger e Pera.
La lettera indirizzata al presidente del consiglio, che gli avrebbe fornito la credibilità perduta , non fa certamente dimenticare gli errori dello stesso pontefice che hanno costellato il papato del dopo Giovanni Paolo II:
  a.. La sortita anti-islam della lezione di Ratisbona.
  b.. I timorosi tentennamenti sulla figura di Pio XII, per seguire i veti sionisti.
  c.. L’apertura ai negazionisti lefebvriani, che si scontra con la condanna che, da cardinale, impose  alla teologia della Liberazione.
  d.. Le infelici affermazioni circa la proibizione  dell’uso del preservativo in nazioni colpite dal flagello dell’AIDS
  e.. La pretesa superiorità della cultura occidentale, che sarebbe nutrita dalle radici cristiane dell’Europa, come se si trattasse di una caratteristica antropologica distintiva e selettiva.
Con questa nuova enciclica l’argomento,peraltro già abbondantemente dibattuto in altre encicliche da altri pontefici e dalla Constitutio Conciliaris Gaudium et Spes, anche con grande rigore ed esemplare chiarezza, viene portato sull’etica in economia, ma con un itinerario minimo, se raffrontato alle severe denunce già pronunciate .
Una novità, aderente anche alla tristissima realtà italiana, sarebbe stato quello di individuare un’etica in economia universale. Anche le religioni primitive o animiste contengono un’etica valida per il gruppo nel quale vivono, ma mancano della universalità
Principio economico prioritario per identificare un’etica è quello secondo il quale nessun reato può produrre benefici a chi lo commette, ma nella Caritas in veritate non c’è nulla di ciò, al contrario c’è la lettera-viatico di assistenza morale al G8 inviata al presidente del consiglio, che non bada troppo ai benefici prodotti dai reati: "Pecunia non olet !"
Vivere come se Dio esistesse !
Benedetto XVI si professa il legittimoprosecutore del Magistero della Chiesa, con specifico riferimento all’enciclica di esordio del magistero sociale "Rerum Novarum", ma principalmente con la Populorum Progressio di Paolo VI, della quale non amplia il respiro, che anzi  tramuta in un rantolo modesto, reinterpretando l’apocalittico che contiene, motivato dal tragico ricordo delle esperienze naziste e fasciste con gli orrori che il ricordo mantiene, per promuovere una emendazione della memoria, magari agevolata dal negazionismo dei lefebvriani che ha voluto richiamare nel seno della Chiesa per tornare a seminare loglio che ammorba il grano.
E’ lo storico vissuto di Ratzinger che fa emergere le sue stesse contraddizioni e chiarisce gli intenti reconditi che si mimetizzano nelle parole.
L’uso di riferimenti dai testi sacri, estrapolati dal contesto originale e reinterpretati per costruire una personalissima verità, riesce ad impressionare i commentatori che si limitano a vedere quel "nuovo Vangelo del terzomillennio"; commentatori che parlano con l’autorità di una carica politica, ma totalmente privi dell’autorevolezza culturale necessaria a capire.
Con questa Caritas in veritate Benedetto XVI ha voluto imporre una lettura comparata con la Populorum Progressio, ma non per stimolarne la lettura integrale o la rilettura, bensì per imporre la sua interpretazione limitativa, il suo "bignami" del Magistero sociale della Chiesa.
Ora il pianeta si ritrova governato dai "Grandi"  e non importa il loro numero, importa piuttosto la loro singola e individuale forma di "grandezza". Tutti portatori di una personale verità che, spesso, è personalissima, che dovrebbe ispirare la carità, staccata e distante dalla Verità.
Sarebbe ripetitivo, in questa sede, ribadire tutto ciò che nella Caritas in Veritate  NON  è detto della Populorum Progressio, per questo ripropongo, in allegato, le note nelle quali ho cercato, pur con i limiti della necessaria brevità per ottenere laleggibilità, di offrire una più completa visione di quel documento paolino che stimola, in una lettura laica non confessionale, ma certamente umanistica, la Carità nella solidarietà, che il teologo vorrebbe imporre riconoscendo a ciascuno quella personalissima interpretazione della verità che esalta il relativismo che riconosce nella ragione individuale l’autonomia della verità scissa dalla fede   (Vivere come se Dio esistesse !)

 









   
 



 
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