Dato che vogliamo il bene supremo, per i nostri 25 lettori di manzoniana memoria, abbiamo pensato di offrire loro un servizio utile, per l’estate. Una piccola (e fallibile, oltre che di parte) guida all’argomento che più li appassiona: il congresso del Pd. Congresso che si svolgerà quest’autunno (la data clou, quella delle mitiche primarie, è fissata per il 25 ottobre), ma che riempie pagine e pagine dei giornali già da un mese. Ecco perché abbiamo pensato di venire incontro alle loro sacrosante esigenze e fornire tale, piccola, guida. E’ qui la festa? Uno pensa: vogliono dare vita al più grande partito della sinistra (o "comesichiamaadesso") italiana, "quindi" riempiranno la Penisola di Feste e contro-feste. Per tutti i gusti e con tutti i candidati. Macché. A Firenze l’hanno cancellata, poi - giusto per evitare la brutta figura - l’hanno "ridotta". In molte altre parti non la fanno. Sono "stanchi", ma c’è da capirli. Vorremmo vedere voi, a"stare" nelle istituzioni (comunali, provinciali, regionali e nazionali) tutto il santo giorno, dover "fare" un congresso (vero, ancorché il primo) e poi magari doversi mettere pure a cuocere le salamelle. Dove l’hanno fatta, e con grande dispendio di forze e di energie (come a Roma, alle Terme di Caracalla), sono passati un po’ tutti. Anzi, si può dire che c’è già stata, la vera Festa nazionale: Ignazio Marino ha annunciato la sua candidatura, D’Alema ha preso la mazza ferrata e l’ha usata in testa a tutti, etc. Lì è nato anche lo slogan più infelice ("Mescolati, non agitati"…). Resta, ovvio, la Festa nazionale. Si terrà a Genova, città di camalli e poeti, dal 22 agosto al 6 settembre, in località Porto Antico, nel cuore della Città Vecchia ("Via del campo" e dintorni) e sarà grande ben 200 mila metri quadri, annuncia il Pd. Sorbòle . «E’ lì - spiegano orgogliosi il responsabile nazionale delle Feste Lino Paganelli (ex Ds) e il responsabile Comunicazione Paolo Gentiloni (ex Dl) - chesi vede il segno del cambiamento: da feste organizzate ai margini delle città al matrimonio tra Festa e città». Tradotto, al Pd le periferie fanno schifo. Basta, per "rompere" col passato? No. I dibattiti saranno molti di meno ("No, il dibattito no") perché - pare - "annoiano". I volontari, infine, spiega senza battere ciglio (anzi, compiacendosene), il quotidiano del Pd Europa , «hanno assunto un ruolo sempre più marginale, a favore di una progressiva "commercializzazione" degli eventi, caratterizzata dalle convenzioni con le strutture locali. Aiutano (è sempre Europa che parla, ndr) a tessere una rete spendibile politicamente, economicamente». Tradotto, vuol dire che il Pd crepa dalla voglia di "fare affari", pure alle Feste. "Democratiche", s’intende. Bersani parla il 27 agosto, Marino il 30, Franceschini chiude, com’è prassi - il 5 settembre. Genova "per voi". Il puzzle del "chi sta con chi" Prima di sottoporre l’onesto e incolpevole lettore al ginepraio delle alleanzelocali (cittadine, provinciali e regionali, oltre che di corrente) che affluiscono, come turgidi torrenti in piena, in quel grande e bislacco fiume dai mille rami che risponde al nome di Pd, forniamo una regola generale, aurea, che funziona sempre (e non solo in casa Pd, per capirci): "Il nemico del mio nemico è mio amico". Tradotto, vuol dire che se un maggiorente del Pd, di caratura locale e/o nazionale, "odia" Veltroni oggi "sta" con Bersani (vedi alla voce Bassolino in Campania) o, al più, "non si schiera" (vedi alla voce Bettini nel Lazio), ma anche che se un colonnello o generale del Pd ha in sommo sprezzo D’Alema (Sergio Cofferati, per dire, ma anche Piero Fassino), allora si collocherà dalle parti di Franceschini. La regola, però, come ogni regola, presenta anche diverse postille: Rutelli, per dirne una, detesta entrambi ma oggi sta con Franceschini, domani chissà; magari poi Rutelli - e parte dei suoi, manco tutti, peraltro - finisce con Casini, dipende. Esclusa la Vald’Aosta, dove i tre candidati in lizza si sono accordati per una candidatura unitaria (per gli annali, trattasi di tale Raimondo Donzel), il resto d’Italia è un campo di battaglia. O campo d’Agramante. Stanno con - e si candidano per - Bersani (mozione 1) Lorenzo Basso in Liguria, Andrea Manciulli in Toscana, Lamberto Bottini in Umbria, Gianfranco Morgando (che viene dalla Margherita) in Piemonte, Maurizio Martina (ex giovane promessa veltroniana) in Lombardia, Michele Nicoletti in Trentino, Vincenzo Martines in Friuli, Rosanna Filippin in Veneto, Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna, Palmiro Ucchielli nelle Marche (in verità altro caso di candidatura unitaria, peraltro, assieme all’Abruzzo, dove, causa terremoto, Silvio Paolucci è l’unico candidato in lizza per tutti e tre), Alessandro Mazzoli nel Lazio (ma qui i dalemiani volevano lanciare l’economista Stefano Fassina, stoppato dai bersaniani medesimi…), Silvio Lai (filo-Soru) in Sardegna, Enzo Amendola (anti-bassoliniano, ma nontroppo) in Campania, una "coppia" (Speranza e Adduce, manco fossero Castore e Polluce…) in Basilicata, Bernardo Mattarella (figlio del dc Piersanti ucciso dalla mafia) in Sicilia, Carlo Guccione in Calabria. E Sergio Blasi in Puglia, dove - causa asse Vendola-Emiliano prima, attuale scandalo sanità poi - i candidati bersanian-dalemiani sono caduti giù come birilli, finendo per convergere solo all’ultimo su Blasi, noto per aver inventato la Festa della Taranta. L’area Franceschini-Veltroni-Fassino-Cofferati-Fioroni-Marini (e chi più ne ha più ne metta) schiera, a differenza di quella Bersani-D’Alema-Letta-Bindi, più under statement , dei veri e propri "pezzi da novanta" in molte regioni: il Cofferati medesimo in Liguria, Cesare Damiano in Piemonte, Emanuele Fiano (ma non era dalemiano?) in Lombardia, Giorgio Tonini in Trentino, Debora (senz’acca) Serracchiani in Friuli, Mariangela Bastico in Emilia, Roberto Morassut (ex veltroniano in cerca d’autore) nel Lazio, Francesca Barracciu inSardegna (trattasi della giovane ma già arcigna nemica di Renato Soru nell’isola), Guglielmo Minervini in Puglia. In più, alcuni outsider: Andrea Causin in Veneto, Alberto Stramaccioni in Umbria, Agostino Fragai in Toscana, Pino Caminiti in Calabria, Giuseppe Lupo in Sicilia, Erminio Restaino in Basilicata, Leonardo Impegno in Campania, dove le possibilità di riuscita sono pari a zero visto che Bassolino sta, obtorto collo , con Bersani. Infine, ci sarebbero da nominare i "guastatori" del terzo incomodo Ignazio Marino (mozione tre), ma qui ci arrendiamo, non prima di aver segnalato però che Beppino Englaro, che doveva correre in Lombardia, s’è ritirato, pur mantenendo l’appoggio al biologo cattolico, colto con le mani in pasta dal Foglio di Ferrara. Per quanto riguarda i rapporti di forza attuali, si può dire - con beneficio d’inventario - che Bersani è "davanti" in molte più regioni (Lombardia, Liguria, Toscana, Emilia, Umbria, Campania, etc.) rispetto a quelle in cui "tira di più"Franceschini (Trentino, Veneto, Friuli, Sardegna), mentre molte altre sono "incerte": Piemonte, Sicilia, dove corre - da "indipendente" - anche Beppe Lumia, ma soprattutto Lazio e Puglia, i due "Ohaio". Infine, ci sarebbe il Molise dove un tandem bersaniano (Leva e Petraloia) corre contro un’altra "bicicletta" franceschiniana (Di Lisa-De Angelis), ma in Molise, per la precisione a Termoli, i due schieramenti sono - letteralmente - arrivati alle mani, con tanto di schiaffi, pugni e successive querele. Tanto per dire del clima. I debiti, ovvero "quando la serva serve" Per farla breve, non foss’altro perché ne abbiamo già parlato su Liberazione , le cose stanno messe così: Franceschini (e il nuovo tesoriere del Pd, Mauro Agostini, con lui) vorrebbe che «tutto il patrimonio e tutte le risorse debbano andare al Pd» (dove quel "tutte" va letto come "al posto delle" Fondazioni, circa 80, che l’ex tesoriere del Pci-Pds-Ds, il dalemiano di ferro Ugo Sposetti, ha fatto nascere come funghiin giro per l’Italia e che si tiene ben strette, proprietà immobiliari in testa…). D’Alema (e con lui Bersani, che però sul punto glissa) ha replicato secco: «Allora prendetevi anche i debiti». Il che, tradotto, vuol dire: «Col c...». Debiti che, per i Ds, ammontano a 160 milioni (il partito ancora possiede ben 2.399 immobili) e, per la Margherita, a 1,7 milioni (immobili nessuno, tranne la sede nazionale di Roma, in via Sant’Andrea delle Fratte, dove - non a caso - è scoppiato un contenzioso su chi deve pagare l’affitto) mentre il Pd ha - beato lui - solo crediti. Per la precisione 38 milioni di euro ricevuti dalle Politiche del 2008 e senza dire del fatto che sia Ds che Dl, pur non esistendo più, avranno dallo Stato 120 milioni, fino al 2011. La "squola" quadri Dopo tanto discutere, sui giornali di partito come su quelli "borghesi", di Regolamento, Statuto, Codice etico e "fondamentali", dentro e fuori il Pd, al quartier generale è venuta una folgorante idea. "Ri-facciamo lascuola quadri". Whoau . Si terrà dal 4 al 6 settembre, in quel di Pesaro, dove si svolge un’altra Festa "democratica". Indovinate un po’ come l’hanno chiamata? "Frattocchie 2.0". Quando uno dice la fantasia. Al potere. Programmi, idee, proposte? Ce ne sarebbero, in realtà, e anche di interessanti, ma un po’ non abbiamo più spazio, un po’ - a volerla dire tutta - stentiamo a trovare le differenze, come nella Settimana enigmistica . Andando a spanne, si può dire che Bersani sogna un partito "popolare", "radicato" e, persino, "di sinistra", che coltivi la "politica delle alleanze" e superi l’attuale "bipolarismo". Franceschini vuole l’esatto contrario. Marino, laicità sbandierata e declinata in tutte le salse, non lo abbiamo ancora capito. E questo è quanto.
|