Dalla protesta antifiscale all’egemonia culturale nel paese I politologi collocano la Lega tra i partiti di ispirazione populista. E si imbattono nella difficoltà di definire il populismo, a partire dal suo manifestarsi, dagli Stati Uniti alla Russia zarista, a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Per quanto riguarda l’Europa, dove il fenomeno si è ripresentato da circa un trentennio, il suo maggiore studioso, Yves Meny, conclude che «è estremamente difficile, se non impossibile, arrivare a una definizione del concetto», anche perché «il populismo ha una natura essenzialmente camaleontina e assume le tonalità dell’ambiente nel quale fa la sua comparsa». Alcune concezioni di base sono, comunque, raffigurabili. Il punto di partenza è che il popolo è una entità semplice, buona e saggia. Riesce a gestirsi bene solo se esercita il potere e se non se lo fa sottrarre dalle élite professionali della politica e dell’economia. Se controlla strettamente lasua rappresentanza e se mantiene i suoi valori di identità e di solidarietà, insidiati dal cosmopolitismo intellettualoide. Se teniamo presenti questi dati di base, possiamo capire perché si ripresenti in Europa proprio all’inizio degli anni Ottanta, che vedono la crisi della sinistra nel decennio che culminerà col crollo del muro di Berlino e che inizia con la svolta simboleggiata dai nomi di Ronald Reagan negli Stati Uniti e di Margaret Thatcher in Inghilterra. Sono gli anni della globalizzazione, della forte fiscalizzazione, anche per finanziare il "welfare state", delle immigrazioni massicce prima dal Terzo Mondo e poi dai paesi ex comunisti. Gli anni della costruzione di un’Europa fortemente caratterizzata dai partiti tradizionali e dalla burocrazia comunitaria. E’ da una critica a questa politica classica, che ha i precedenti nel qualunquismo italiano dei secondi anni Quaranta e nel poujadismo francese dei secondi anni Cinquanta, che nascono partiti etnocentrici eantifiscali, in paesi di pur grandi tradizioni democratiche come la Francia (il Fronte nazionale di Le Pen, ufficiale paras già deputato poujadista), i paesi scandinavi e la Svizzera: Ny Demokrati in Svezia, Framskrittperti in Norvegia e in Danimarca, Lega Ticinese e Unione democratica di centro. In Finlandia si ha il partito rurale. Nelle Fiandre il Vlaams Blok (poi Vlaams Melan). In Austria Haider trasforma in populista il vecchio partito liberale. E in Italia Bossi fonda la Lega Lombarda. Da noi il populismo ha una tradizione, con varie sfaccettature. Il popolo sovrano era un vecchio giornale repubblicano. Mussolini chiamò il suo Il Popolo d’Italia , con sottotitolo iniziale "quotidiano socialista". Partito popolare fu il primo soggetto politico cattolico e Il Popolo fu il quotidiano della Dc, dalla fondazione allo scioglimento. Nel 1965 Asor Rosa pubblicò Scrittori e popolo: il populismo nella letteratura italiana contemporanea . Si spaziava da Manzoni a Gramsci, con valenzepolitiche che fecero del libro un preludio del Sessantotto. Vi si scriveva: «Perché ci sia il populismo è necessario che il popolo sia rappresentato come un modello». Si concludeva: «il populismo è morto». Bossi lo ha resuscitato. In realtà, la prima forte "Liga" fu "veneta"; nel 1983, con lo 0,6 per cento dei voti entrava in parlamento; su scala nazionale un campanello d’allarme per la Dc, scesa al 32.9 per cento. Parve un fuoco di paglia. Ma nel 1987 Bossi entra in Senato con la Lega lombarda, e l’anno dopo annuncia: «A Milano siamo ormai alle porte. La gente ha aperto gli occhi». Li aprono anche i partiti tradizionali. La svolta è alle elezioni regionali del 4 maggio 1990. Il 1° maggio i capi della sinistra e dei sindacati ascoltano all’Ansaldo il presidente Cossiga, che ammonisce la Lega: «Se vi fosse qualche farneticamento che pensasse a più avventurosi tentativi di divisione per l’animo della Nazione italiana, sarà bene ricordare che dovere fondamentale del presidente dellaRepubblica è quello di tutelare l’integrità territoriale e morale dello Stato». Ma le "farneticazioni" hanno successo. La Lega ottiene quasi il 20 per cento dei voti in Lombardia, il 15 per cento a Milano. Col 5.4 per cento su scala nazionale, è il quarto partito italiano. Comincia una storia che può essere scandita in tre periodi: successo e prima intesa con Berlusconi, fino al 1994; successo ma isolamento fino al 1999; nuova e definitiva intesa con Berlusconi nel decennio successivo. Nei primi due periodi la Lega Nord, oscilla tra annunci di secessioni e parlamenti padani e integrazioni nelle istituzioni, al governo e nelle amministrazioni locali, Milano compresa. Al governo con Berlusconi dopo le elezioni del marzo 1994 (8.4 per cento, oltre 100 deputati), lo rovescia a fine anno col famoso "ribaltone", che porta al governo Dini sostenuto dalla sinistra. Nata come partito antifiscale («Roma ladrona») e etnocentrico («Forza Etna», «O Gesù da i oci boni - Fà morì tuti iteroni»), la Lega si propone come partito decisivo per gli equilibri nazionali (10 per cento dei voti, massimo storico nel 1996, con lo slogan «Né Roma polo - Né Roma Ulivo»). Berlusconi è «il mafioso di Arcore, tessera P2 1816». D’Alema dice che la Lega è «una costola della sinistra», col massimo di voti operai. «Tratterà con noi - dice a Milano - perché solo noi possiamo garantire il federalismo». E mentre da presidente del Consiglio sostiene la guerra della Nato contro la Serbia (1999), Bossi va in Kosovo per mediare una pace su posizioni di critica agli Stati Uniti. Ma il governo dell’Ulivo (prima Prodi, poi D’Alema, poi Amato) non fa il federalismo e non risolve il conflitto d’interessi di Berlusconi. E Bossi torna a un accordo con lui (un patto dal notaio, tuttora ignoto). La Lega scende al 3.9 per cento nelle elezioni del 2001, non raggiunge il quorum nella quota proporzionale, è in parlamento grazie ai collegi uninominali. Ma torna al governo, si consolida nelleamministrazioni locali, nel 2006 raggiunge il 4.6 per cento in alleanza con gli autonomisti siciliani di Lombardo. Dopo la breve opposizione al governo Prodi, questo terzo periodo culmina nel successo elettorale del 13 aprile (8.6 per cento) e nella adozione entro Pasqua dell’agognato federalismo. Per ora è una scatola vuota, non se ne sanno i costi, entrerà a regime, se entrerà, fra anni. Ma per intanto la Lega ha il suo valido biglietto di presentazione per le elezioni europee. Giorgio Galli La Lega è ormai diventata uno dei protagonisti più importanti della vita politicaitaliana ll Carroccio in passato svolgeva soprattutto un ruolo di contestazione della politica e del sistema dei partiti tradizionale. Oggi appare in grado di guidare importanti trasformazioni non solo delle politiche pubbliche ma anche del clima politico e degli orientamenti prevalenti a livello popolare. Per molti aspetti la Lega appare sempre la stessa: con una identità politica e parole d’ordine che conosciamo da oltre venti anni: per l’autonomia per le regioni del Nord, contro "Roma ladrona", contro gli immigrati e la criminalità. Il partito di Bossi si è sempre presentato come rappresentante dei ceti popolari, con un’identità etno-regionale forte, proponendosi come alternativa, anche se non in contrapposizione diretta, alla sinistra. Ma ha deciso volta per volta, nelle diverse congiunture politiche e sociali, su quali temi insistere maggiormente e costruire le sue battaglie e le sue campagne. Regionalismo e populismo La Lega Nord è nata il 7-9dicembre 1989 al congresso del Jolly Hotel di Segrate (Milano) dall’unione di una serie di leghe regionali dell’Italia settentrionale che si erano formate nel decennio precedente. Si trattava di piccole formazioni che avevano avuto fino ad allora un successo molto limitato riproponendo nel nostro paese le idee fondamentali dei movimenti regionalisti: la difesa della cultura e delle tradizioni esistenti in specifici contesti territoriali, unita a una domanda di decentramento del potere politico a favore dell’autogoverno locale. Il regionalismo in molti paesi si è alleato con le forze politiche democratiche e con i partiti delle sinistra. L’originalità e la principale ragione del successo della Lega Nord è stata la rilettura del regionalismo in chiave populista. Il partito di Bossi ha così ricollegato e reinterpretato la frattura fra centro e periferia in relazione a un potenziale conflitto fra il "popolo" e tutte le élite politiche, economiche e intellettuali. Senza dimenticare laostilità nei confronti degli immigrati accusati di minacciare l’identità culturale e la sicurezza delle comunità locali. La Lega si è così ricollegata nella prima metà degli anni Novanta a una tendenza emergente nel contesto internazionale. Nello stesso periodo si erano infatti affermate in Europa diverse forze politiche che riprendevano e rielaboravano - adattandoli al presente e ai diversi contesti nazionali - le idee dei movimenti populisti storici. Hanno raccolto importanti successi elettorali formazioni come il Front National di Le Pen in Francia, il Vlaams Block del fiammingo Dewinter, il Partito liberale austriaco (FPÖ) di Haider e molte altre. Partiti molto diversi, ma con profonde affinità in termini di identità e proposta politica, che collegavano le campagne contro i partiti e il ceto politico tradizionale alle mobilitazioni dell’ostilità nei confronti degli immigrati e all’opposizione al processi di unificazione europea e alla globalizzazione. Nella lotta alla"partitocrazia" il Carroccio aveva ricevuto consensi trasversali da tutte le aree politiche e sociali. Con la definitiva crisi dei partiti tradizionali, una parte della borghesia del Nord sostenne la Lega per fronteggiare la sinistra (fu esemplare il caso di Milano nel 1993, dove la Lega da sola conquistò la maggioranza di voti nelle elezioni comunali). La discesa in campo di Berlusconi sottrasse però alla Lega questo tipo di rappresentanza e anche buona parte del consenso elettorale. Il federalismo fu abbandonato dal Carroccio a vantaggio dell’indipendentismo, con la mobilitazione per la costruzione della "Nazione Padana". Naturalmente rimase la polemica contro il governo e la partitocrazia, così come la gestione dell’ostilità verso i nuovi immigrati (non più i meridionali, ma gli extracomunitari) anche se il fenomeno migratorio non aveva ancora raggiunto i livelli attuali. La base sociale della Lega La prima Lega "antipartitocratica" aveva più consensi tra i ceti medi dellapiccola borghesia e i piccoli imprenditori (del Nord). Nel 1996 furono invece gli operai a votare con maggiore frequenza per il Carroccio. La Lega raccolse quasi un terzo dei voti fra gli operai residenti nelle ragioni dell’Italia settentrionale (31%). Il voto leghista proveniva soprattutto dai lavoratori delle piccole e medie aziende, quelle in qualche modo più esposte alla concorrenza e in cui è più facile il riconoscimento dei lavoratori con le loro imprese - cioè quelle nelle quali i lavoratori valutano come maggiormente pericoloso per loro il peso della concorrenza che non i rapporti interni. Le analisi mostrarono che i voti proveniva anche da molti iscritti al sindacato, anche da iscritti alla Cgil. Un fenomeno di dissociazione tra la rappresentanza dell’interesse economico in senso stretto, e la rappresentanza politica e "identitaria". Per gli interessi economici gli operai continuavano ad affidarsi ai sindacati tradizionali Cgil Cisl e Uil. I sindacati leghisti non ebbero maiun grande successo. Per la rappresentanza politica, il riferimento del partito di Bossi alla comunità locale/regionale sembrava intercettare quella "voglia di comunità" emergente nelle società contemporanea di cui parla Baumann. Il disorientamento di molti settori sociali nel contesto della globalizzazione cominciava a farsi sentire: in sostanza l’idea di fondo proposta dalla Lega era che solo chiudendosi nella comunità locale/regionale sarebbe stato possibile difendersi dagli effetti negativi della globalizzazione neoliberista. Si spiegano l’attacco alla costruzione dell’Unione Europea e alla politica delle istituzioni internazionali, e l’idea di introdurre dazi come protezione dalla concorrenza cinese. E’ interessante notare che la Lega è stata in grado di raccogliere un numero non trascurabile di voti anche fra gli elettori che si collocano nelle aree di sinistra e di centrosinistra. Anche in altri paesi europei le formazioni populiste hanno registrato una trasformazione dellabase sociale di riferimento nelle fasi di successo elettorale: da un radicamento privilegiato tra la piccola borghesia urbana e rurale, alla crescente influenza fra gli operai delle aree metropolitane, urbane e suburbane. Queste formazioni sono riuscite così in molte situazioni a sostituire i partiti di sinistra nella rappresentanza politica dell’elettorato popolare, allargando i loro consensi soprattutto fra gli operai. I sindacati tradizionali hanno mantenuto la capacità di mobilitare e rappresentare i lavoratori per i loro interessi economici, ma i partiti di sinistra hanno avuto difficoltà crescenti a proporre principi di rappresentanza politica credibili, dopo la crisi delle ideologie e la dissoluzione delle reti organizzative tradizionali. Dopo le ultime elezioni del 2008 molti commentatori hanno sottolineato il successo crescente della Lega tra gli operai. I dirigenti leghisti hanno invece cercato di accreditare il partito anche come rappresentate della borghesia,sottolineando come, a differenza degli anni Novanta, una quota rilevante di imprenditori abbia votato per la Lega. Non sono più solo i settori popolari il riferimento del partito di Bossi, e sono stati ridimensionati gli accenti polemici del passato nei confronti della grande borghesia. Comunità locale e globalizzazione Nelle elezioni del 2008, i voti per la Lega sono quasi raddoppiati rispetto al 2001: nel contesto del centrodestra, la Lega è riuscita a ritagliarsi uno spazio più dinamico e aggressivo, anche grazie ad un maggiore attenzione al territorio, ai rapporti con la gente. Il Carroccio è percepito come il partito più sensibile alla crescente domanda di sicurezza che nasce dall’impatto della globalizzazione sulla vita sociale. Si può dire che la Lega ha anticipato gli altri partiti - anche quelli della sinistra - sul tema della sofferenza che la globalizzazione provoca nella comunità locali. Da anni il partito di Bossi si è espresso in maniera molto dura controistituzioni internazionali e sovranazionali. Oggi esiste effettivamente una "comunità locale" che soffre per i processi economici e sociali in corso e in particolare soffre il peso della globalizzazione. La risposta della Lega a questi problemi si esprime soprattutto focalizzando l’ostilità verso gli immigrati e i rom, promuovendo "ronde" per difendere le popolazioni locali e nelle proponendo di dazi e barriere per fermare la concorrenza internazionale. Se la Lega ha molto ridimensionato la sua proposta indipendentista, ha però fatto diventare patrimonio dell’intera coalizione alcuni dei suoi temi tradizionali. Su questi contenuti, il partito di Bossi è riuscito a fare breccia persino nel centrosinistra sul piano culturale e su quello delle proposte politiche. Fino a qualche anno fa i leghisti erano stigmatizzati perché accusati di orientamenti razzisti o xenofobi. Oggi molti commentatori e molti esponenti politici ritengono che le loro opinioni siano patrimonio della gran partedei cittadini italiani. In questo modo la Lega è stata non solo definitivamente legittimata, ma è diventata sempre più un modello da imitare. La Lega ha realizzato una sorta di radicamento sul territorio diversa da quella tradizionale dei partiti di massa. Un radicamento che non si è tradotto nella costituzione di grandi sezioni di partito (gli iscritti sono un numero relativamente ridotto) e neppure nella formazione estese reti associative collaterali. Il leghismo ha fatto riferimento soprattutto a una comunità a base territoriale: la comunità locale che può dilatarsi fino a quella regionale o alla Padania. In questo senso va interpretato il suo radicamento: un investimento nel sentimento di appartenenza alla comunità locale che cerca di superare, anche dichiaratamente, le differenze tra desta e sinistra, tra imprenditori e operai. Queste differenze diventano secondarie di fronte all’appartenenza alla comunità a base territoriale (locale e/o regionale). Mentre tendono a dissolversialtre identità forti, la valorizzazione di questo tipo di appartenenza e la capacità di coniugarla (nell’ambito di un generico riferimento "padano") anche a contesti ancora più piccoli (la valle, la città, la zona ecc.) sembra oggi rimanere uno dei pochi riferimenti comunitari con qualche significato. Di fronte alla globalizzazione, all’immigrazione, alla concorrenza crescente delle nuove potenze economiche, la Lega ha investito molto sul dare rappresentanza a questo tipo di sentimento di appartenenza intrecciandolo a diversi riferimenti etno-culturali. Ha creato un partito attento ai mutamenti di umori e opinioni popolari, in grado di cambiare volta per volta i temi su cui focalizzare le campagne. Roberto Biorcio Dal dio Po al Berluskàz La vita e i vari miracoli dell’Umberto da Cassano L’uomo che non doveva esserci e invece c’è, c’è eccome. L’Umberto - non da Giussano ma da Cassano Magnago - lui c’è. Sono glialtri che sono rotolati giù; l’uomo che non doveva esserci ne ha visti ormai tanti, di rotolati giù, nei suoi quasi vent’anni politici. Craxi, Occhetto, Zaccagnini, Forlani, D’Alema, De Mita, Rutelli, Casini, Mastella, Prodi, Veltroni e pure Bertinotti. Lui no, lui è lì, più bello e più forte che pria. E dire che l’Umberto - non da Giussano ma da Cassano Magnago, un paesotto della Bassa attaccato a Busto Arsizio, Varese, cuore e culla dei primi leghisti doc tipo Speroni e Maroni, che qui nacquero e crebbero e conquistarono in pochi anni i principali comuni, già fortissimi feudo dc - voleva fare il cantante. A vent’anni - nei Sessanta, è nato nel ’41 - è un ragazzo niente male pieno di capelli e con basette rockettare, si atteggia a cantautore con la chitarra in mano, ha nel curriculum due canzoni scritte di suo pugno, e un nome d’arte, Donato. Ma a Castrocaro lo rispediscono a casa senza appello e allora volta pagina. Era scritto, forse. Non era un cantante, lui, era un politico, unhomo politicus . Quando appare sulla scena tutti strabuzzano gli occhi, gli ridacchiano addosso, ma questo da dove piove? L’establishment di destra e di sinistra lo guarda schifato, un rozzo fenomeno venuto dalla nebbia, un impresentabile che parla in dialetto perchè l’italiano, lui, non lo conosce proprio, con quel ridicolo diploma di "specializzato in elettronica applicata alla medicina". Mal gliene incolse, lor signori non avevano capito che "ce l’aveva duro", eh eh. Stare appresso alla biografia personale e politica di Umberto Bossi, ve lo dico, è un vero spasso; c’è di tutto, mancano solo le torte in faccia. Perché lui, il cantante mancato, l’ homo politicus nato, ne ha detto e fatto più di Carlo in Francia. Sfoderando una tempistica e una "fantasia" assolutamente impensabili in un tipo specializzato in elettronica applicata alla medicina... Tutti a ridere quando, 1980, salta fuori dal nulla a creare, lì tra Cassano Magnago e Varese, una roba che lui chiama Unione NordOccidentale Lombarda per l’Autonomia, sic, e che nessuno degna di attenzione. Ma due anni dopo, sempre lì in zona Varesotto, insieme a due volti nuovi come lui - Roberto Maroni e Giuseppe Leoni - crea un’altra creatura stortignaccola, che lui chiama Lega Autonomista Lombarda e di cui è nominato segretario nazionale. Nessuno lo fila, ma alle elezioni politiche dell’83 lui ha il fegato di presentarsi (circoscrizione Varese-Como-Sondrio) ed è un buco nell’acqua: raccatta solo 157 preferenze. Col cavolo che si ritira, l’anno dopo fonda un’altra roba, che questa volta chiama Lega Lombarda (è la sua "fissa") e toh, alle amministrative dell’anno dopo, 1985, appaiono sulla scena i primi leghisti, eletti a Varese e a Gallarate. L’Umberto non dorme, non dorme! E una bella mattina ha una gran pensata: fare un solo fascio di tutte le "lighe" che ormai, dopo i primi passi, sono nate in tutto il territorio lombardo-veneto (Lega Lombarda, Liga Veneta, Arnassita Piemonteisa, Partito del PopoloTrentino-tirolese, Union Ligure, Lega Padana Emilia, Alleanza Toscana). Operazione riuscita: è nata La Lega Nord. Lo strano outsider ce l’ha fatta e lui ne è diventato il Segretario federale (esse maiuscola), mica scherza. E’ indubbio, lui sa parlare alla "pancia" di un sacco di gente, lì al Nord. Per la verità, l’establishment continua a ridacchiargli addosso e i giornali si divertono come matti a raccontare del people leghista che, con alla testa tale Bossi Umberto, fa la sua prima adunata in quel di Pontida presso Bergamo e lì dà avvio, con cerimonia che si vuole solenne e carismatica, al primo "Giuramento", in continuità - proclamano - col più celebre "Giuramento di Pontida", quello avvenuto parecchi secoli prima, 7 aprile 1167, fra le venti città della Lega Lombarda - quella storica - contro Federico Barbarossa. E’ una fiction, ma tantè, fa audience e immagine, e lui ci investe. Siamo alla fine degli anni 80, Tangentopoli è alle porte, e Tangentpoli lo rafforza, il Bossi;lui che col Sistema non c’ha niente a che fare, lui che tuona contro l’Italia dei partiti forchettoni succhiatori di denaro pubblico, e incita alla rivolta in nome della "Patria Padana". Alla Camera, dove hanno fatto ingresso i primi eletti leghisti, l’indimenticabile deputato dal fazzoletto verde, Luca Orsenigo, fa penzolare sulla testa dell’emiciclo la famosa corda a forma di cappio, tremate i leghisti son qua. Beh, Mani Pulite ma non troppo; di lì a poco, 1994, la Lega - la Lega giustiziera in armi contro Roma Ladrona - viene trovata col sorcio in bocca, sottoforma di 200 milioni di finanziamento illecito ottenuto dalla Montedison; e il Segretario, il Bossi, si becca una condanna a 8 mesi. Ma che fa. Lui è in pista e nel Sistema ci si trova ormai ottimamente. Non dorme, non dorme! E’ eletto senatore (è il Senatur per antonomasia), è eletto quattro volte deputato (XI, XII, XIII, XIV) e altrettante deputato europeo, il Sistema gli va più che bene. E intanto è nata la stellaBerlusconi. Gli va a fagiolo. Ci vuole un fisico bestiale e lui ce l’ha. Amore a prima vista. E’ il 1994 e nasce Forza Italia, e subito il Bossi, da quell’ homo politicus che è, fiuta il vento e col Berlusca fulmineamente mette su una coalizione elettorale detta Polo delle Libertà. Quella che, insieme ad An, vincerà le elezioni. Il Cav lo tollera, lo teme, lo blandisce; decine di parlamentari leghisti affollano gli emicicli, ed è lui a fortissimamente volere una ragazza di 31 anni, la Irene Pivetti, sulla poltrona di presidente della Camera. Ma non è proprio un idillio. Il Cavaliere si crede un padreterno e vuole essere il Capo? Piano, ecco l’Umberto che gli fa passare la voglia, previo ribaltone del 1994: quando, pochi mesi dopo la vittoria, gli sfila il governo con destrezza, negandogli la fiducia e mandandolo a casa (del resto aveva già cominciato a dirlo in giro, «avere Berlusconi a capo del governo significherebbe avere un affarista che si troverebbe tutti i giorni a fare iconti con i suoi interessi»). Quel ruvidone che parla in padano. E’ scatenato, in preda a palesi deliri di potenza dal momento che i suoi elettori lo hanno premiato, facendolo balzare al 10,8 per cento su base nazionale, ma con picchi "sconvolgenti" in Veneto (30%), in Lombardia (25) e in Piemonte (20). E’ il tempo in cui l’establishment non gli ride più tanto dietro e i politologi si interrogano sul fenomeno Lega. Ma va là, lui fa a tutti il "gesto dell’ombrello" (uno dei suoi preferiti) e lancia la Secessione, sissignori dicesi Secessione, il Nord d’ora in poi farà repubblica a sè («la Lombardia non sarà più una vacca da mungere»), addio terronia e palude romana, la Padania se ne va. E’ il tempo del Battesimo, del sacro Po percorso in pellegrinaggio dalla sorgente a Riva degli Schiavoni; giù la bandiera tricolore e su quella della Padania libera, che è «il Sole delle Alpi, costituito da sei petali disposti all’interno di un cerchio, di colore celtico-venetico su fondo bianco».Con tanto di Inno nazionale (il "Va pensiero" di Verdi), di "Parlamento del Nord" e di "Primo Governo della Padania" votato sotto i gazebo da sei milioni di persone (così almeno dicono loro). Mentre nascono La Padania , RadioPadania e TelePadania, è anche il tempo della lotta al Cav. Cadono qui alcune delle sue famose frasi "storiche". «Berlusconi, sarai costretto a scappare dal Nord di notte con tua moglie e i tuoi figli e le valigie. Hanno capito che tu sei mafioso». «Ho 300mila bergamaschi pronti a imbracciare il fucile. Bisogna che se lo mettano in testa tutti, anche il Berlusconi-Berluskàz, che c’è gente che ne ha piene le tasche e che è pronta a fare il culo pure a lui». «Berlusconi è il più efficace riciclatore dei calcinacci del pentapartito». «Il vero potere Gelli diceva che lo deteneva chi ha i mezzi di informazione e Berlusconi era la tessera 1816 della P2 di cui Gelli era capo». Eccetera. Peccato che subito dopo, nel 2000 - pronubo Tremonti - arriva un altro tipicoribaltone bossiano: eccolo infatti già tornato a braccetto col Berluskàz, nella nuova coalizione forte, detta Casa delle Libertà (la Secessione può attendere e il dio Po pure). Il resto è storia corrente, mai più senza Berlusconi, fino alla meritata (!) medaglia di oggi, l’Umberto da Cassano Magnago avvolto nel bandierone del federalismo fiscale giunto alfin in dirittura d’arrivo. Non senza aver sbattuto fuori l’ex pupilla Pivetti che ha osato contestarlo; superato alla grande 306 giorni di malattia; insultato il tricolore con l’altra sua frase storica («mi ci pulisco il c..»); salutato l’Inno di Mameli col dito medio alzato; infamato gli insegnanti terroni che gli bocciano il figlio; invitato «Marina e Finanza a usare il cannone, perché o con le buone o con le cattive i clandestini devono essere cacciati». E decretato, va da sè, «niente case ai bingo-bongo». Buona l’ultima: «A volte in politica due più due non fa quattro, ma fa zero», dedicata alPd. Maria R. Calderoni
DUE O TRE COSE CHE SO DI LUI Le DIECI domande che la lega feceva a Berlusconi undici anni fa 1) Il 26 settembre 1968, la sua Edilnord Sas acquistò dal conte Bonzi l’intera area dove lei, signor Berlusconi, edificherà Milano2. Lei pagò il terreno 4.250 lire al metro, per un totale di oltre tre miliardi di lire. Questa somma, nel ’68, quando lei aveva 32 anni e nessun patrimonio familiare a disposizione, era di enorme portata. Oggi, tabella Istat alla mano, equivarrebbe a oltre 38.739.000.000 lire. Dopo l’acquisto, lei aprì un gigantesco cantiere edile, ilcui costo arriverà a sfiorare i 500 milioni al giorno, che in 4-5 anni edificherà l’area abitativa di Milano2. Tutto questo denaro chi gliel’ha dato, signor Berlusconi? Chi si nascondeva dietro le finanziarie di Lugano? Risponda. 2) Il 22 maggio 1974 la sua società Edilnord Centri Residenziali Sas compì un aumento di capitale che così arrivò a 600 milioni di lire (4,8 miliardi di oggi. Fonte Istat). Il 22 luglio 1975 - un anno dopo - la medesima società eseguì un altro aumento di capitale passando dai suddetti seicento milioni a due miliardi (14 miliardi di oggi. Fonte Istat). Anche in questo caso, che è solo l’esempio di alcune delle tante e fortissime ricapitalizzazioni delle sue società, signor Berlusconi, vogliamo sapere da dove e da chi le sono pervenuti tali ingentissimi capitali in contanti. Se lei non lo spiega, signor Berlusconi, si è autorizzati a ritenere che sia denaro di dubbia origine, denaro dall’orribile odore. 3) Il 2 febbraio 1973, lei, signor Berlusconi, fondòun’altra società: la Italcantieri Srl. Il 18 luglio 1975 questa sua piccola impresa diventò una Spa, con un aumento di capitale a 500 milioni. In seguito, quei 500 milioni diventeranno 2 miliardi, e lei farà in modo da emettere anche un prestito obbligazionario per altri 2 miliardi. Nell’arco di nemmeno tre anni, una sua società forte di un capitale di 20 milioni, appunto Italcantieri Srl, si trasformerà in un colosso, moltiplicando per 100 il suo patrimonio. Come fu possibile? Da dove prese, chi le diede, in che modo entrò in possesso, signor Berlusconi, di queste fortissime somme in contanti? Risponda. Lo spieghi. 4) Il 15 settembre 1977 la sua società Edilnord Sas, signor Berlusconi, cedette alla neo-costituita Milano2 Spa tutto il costruito di Milano2 più alcune aree ancora da edificare. Tuttavia, quel giorno lei decise anche il contestuale cambiamento di nome della società acquirente. Infatti l’impresa Milano2 Spa cominciò a chiamarsi così proprio in quella data. Quando fufondata a Roma, il 16 settembre ’74, rispondeva al nome Immobiliare San Martino Spa, «forte» di lire 1.000.000 di capitale e amministrata da Marcello Dell’Utri, il suo «segretario». Sempre il 15 settembre 1977, quel milione salirà a 500, il 19 luglio 1978 a due miliardi. Un’altra volta: tutto questo denaro da dove arrivò? 5) Signor Berlusconi, il cuore del suo impero, la notissima Fininvest, lei sa bene che nacque in due tappe. Il 21 marzo 1975 a Roma lei diede vita alla Fininvest Srl, venti milioni di capitale, che l’11 novembre diventeranno 2 miliardi con il contestuale trasferimento della sede a Milano. L’8 giugno 1978, ancora a Roma, lei fondò la Finanziaria di Investimento Srl, soliti 20 milioni, amministrata da Umberto Previti, padre del noto Cesare. Il 30 giugno 1978, quei venti milioni diventeranno 50, e il 7 dicembre 18 miliardi (81 miliardi di oggi). Il 26 gennaio 1979 le due «Fininvest» si fonderanno. Ebbene, questa gigantesca massa di capitali da dove arrivò, signorBerlusconi? 6) Signor Berlusconi, lei almeno una volta sostenne che le 22 holding alla testa del suo impero societario vennero costituite da Umberto Previti per pagare meno tasse allo stato. Nessuno dubiterà mai più di queste sue affermazioni, quando lei spiegherà per quale ragione affidò consistenti quote delle suddette 22 holding alla società Par.Ma.Fid. di Milano, la medesima società fiduciaria che nel medesimo periodo gestì il patrimonio di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa Nostra e grande riciclatore di soldi sporchi per conto di Alfredo e Giuseppe Bono, Salvatore Enea, Gaetano Fidanzati, Carmelo Gaeta e altri boss della mafia siciliana operanti a Milano. Perché la Par.Ma.Fid.? 7) E’ universalmente noto che lei, signor Berlusconi, come imprenditore è nato col «mattone» per poi approdare alla tivù. Ebbene, sul finire del 1979, lei diede incarico ad Adriano Galliani di girare l’Italia ad acquistare frequenze televisive, ed infatti Galliani si diede molto da fare. Iniziòdalla Sicilia, dove entrò in società con i fratelli Inzaranto di Misilmeri, frazione di Palermo, nella loro Retesicilia Srl. Soltanto che Giuseppe Inzaranto, neo-socio di Galliani, era anche marito della nipote prediletta di Tommaso Buscetta, che nel 1979 non è un «pentito», è un boss di prima grandezza. Questo lei lo sapeva, signor Berlusconi? Sapeva di aver sfiorato i vertici della mafia? 8) E’ certo che a lei, signor Berlusconi, il nome dell’Immobiliare Romana Paltano non può risultare sconosciuto. Certo ricorda che nel 1974 la suddetta società, 12 milioni di capitale, finì sotto il suo controllo amministrata da Marcello Dell’Utri. Fu proprio sui terreni posseduti da questa immobiliare che lei edificherà Milano3. Così pure ricorderà, signor Berlusconi, che nel ’76 quel piccolo capitale di 12 milioni salirà a 500 e il 12 maggio 1977 a 1 miliardo. Inoltre lei modificherà anche il nome a questa impresa, che diventerà la notissima «Cantieri Riuniti Milanesi Spa». Ancora una volta: dadove prese, chi le fornì i 988 milioni (5 miliardi d’oggi) per quest’ennesima iniezione di soldi? 9) Lei, signor Berlusconi, certamente rammenta che il 4 maggio 1977 a Roma fondò l’Immobiliare Idra col capitale di 1 (un) milione. Questa società che possiede beni immobiliari pregiatissimi in Sardegna, l’anno successivo - era il 1978 - aumentò il proprio capitale a 900 milioni di lire in contanti. Signor Berlusconi, da dove arrivarono gli 899 milioni che fecero la differenza? E poi: da dove, da chi, perché lei entrò in possesso delle stratosferiche somme che le permisero di far intestare all’Immobiliare Idra proprietà in Costa Smeralda - ville e terreni - il cui valore è da contarsi in decine di miliardi? Dica la verità, signor Berlusconi. Sveli anche questo mistero impenetrabile. 10) Signor Berlusconi, in più occasioni lei ha usato - vedi l’acquisto dell’attaccante Lentini dal Torino Calcio, ad esempio - la finanziaria di Chiasso denominata Fimo. Anche in questo caso, come inprecedenza per la finanziaria Par.Ma.Fid., ha scelto una società fiduciaria al cui riguardo le cronache giudiziarie si sono largamente espresse. La Fimo, infatti, era la sede operativa di Giuseppe Lottusi, riciclatore di soldi sporchi dalla cosca dei Madonia, e Lottusi il 15 novembre del 1991 verrà condannato per questo a 20 anni di reclusione. Ebbene, la transazione per l’acquisto di Lentini, tramite la Fimo, avvenne nella primavera del 1992. Perché la Fimo, signor Berlusconi?
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